La musica è un suono universale
Intervista a Tony Scott
di Paolo Carradori (Jazzit)
photo from www.tonyscott.it
Il secondo appuntamento della rassegna "Tradizione in movimento" Autunno 2003 del
Musicus Concentus a Firenze ha visto esibirsi sul palco della Sala Vanni il
Dinamitri Jazz Folklore del sassofonista Grechi Espinoza con ospite il mitico clarinettista Tony Scott che ha collaborato in alcuni brani all'ultimo cd della formazione toscana (Folklore in Black – Caligola 2003).
Ho colto l'occasione al volo per intervistare, prima del concerto, l'ottantaduenne sassofonista italo-americano che ha vissuto da protagonista gli anni magici del bebop, delle jam session nella 52^ strada, a fianco di
Errol Garner, Roy Eldridge, Dizzy Gillespie, Charlie Parker,
Buddy Rich, Billie Holiday e tanti altri Un musicista che ha
rivoluzionato l'uso del clarinetto, trasformandolo da strumento che sembrava
legato per sempre alla tradizione in uno strumento moderno. Tony ha ancora negli occhi la felicità di essere stato celebrato questa estate in uno dei club più prestigiosi di New York, l'Iridium, con una settimana di concerti insieme al clarinettista Buddy De Franco e i loro colleghi più giovani, come Kenny Davern,
Marty Ehrlich e Don Byron.
Come con tutti i personaggi di grande spessore artistico e umano, non è facile intervistare Tony Scott nel senso tradizionale del termine, è lui che vuol menare le danze, dire comunque la sua e l'intervistatore deve...piacevolmente adeguarsi.
P.C.:
Tony, generalmente le tue interviste riguardano il passato, la grande stagione del bebop, la nascita del jazz moderno, periodo che tu hai vissuto forse come unico musicista bianco da protagonista. Vorrei rovesciare questa tendenza e parlare del futuro, perché la tua presenza qui a Firenze con questi giovani talenti a mio parere dimostra proprio la continuità della tua vicenda musicale e il futuro della musica afroamericana.
T.S.:
E' vero...sono sempre stato curioso, pensa che negli anni cinquanta giravo il mondo, Africa, Giappone, anche oggi cerco ancora, con la musica cerco la mia anima, con la musica che viene da dentro, da me stesso, non mi interessa cosa fanno gli altri. Sono stato il primo a fare un disco new age ("Music for Zen Meditations" Verve - 1964) che ha venduto più di seicentomila copie.
Oggi faccio una musica per curare l'anima ferita, una musica per curare me e
allora mi chiedo se cura me perché non può curare gli altri. Io amo l'universo,
prima non credevo in Dio, ora credo….
P.C.:
Quale Dio?
T.S.:
Un Dio, dieci...cento dei, non ha importanza. Prima di morire voglio fare una musica che poi la gente dica..-quella musica mi ha aiutato-. Cerco di essere più buono, è difficile essere più buoni, cerco di fare una musica per curare…..
P.C.:
Al di là di un valore terapeutico della musica cosa hai trovato di stimolante in questa formazione di giovani, forse un legame con le tue ricerche degli anni cinquanta?
T.S.:
No, Dimitri che è molto bravo, viene da un'altra parte del mondo, dalla Russia, dal Caucaso, lui ha una formazione e un pensiero diverso. Mi viene in mente quando ero in Giappone, mi chiedevano come facessi a suonare come il flauto giapponese e io rispondevo che in realtà non facevo altro che suonare jazz! Amo la musica, osservo le cose che vivono, che muoiono, osservo tutto…vorrei fare una musica e dire alla gente ora ballate, liberatevi, fate quello che volete.
P.C.:
In una intervista di qualche anno fa hai affermato di essere stato, alla fine degli anni '50, il primo a suonare free, prima di
Coleman, ma di non averlo mai definito con quel termine e nemmeno di aver proseguito su quella strada.
T.S.:
Ma...non so prima di chi. Ornette non mi comunica molto, ma lui rappresenta qualcosa perché è diventato famoso, ha inciso molti dischi, è un rappresentante del free, ma lui non è il solo a fare free. Tutti fanno free. Il bambino che piange appena nato fa il free...tutti nella loro vita fanno il free. Io voglio esprimere il mio parere, il mio pensiero, solo quello che vale per me, forse non vale per gli altri….
P.C.:
Quindi non riconosci nella stagione dell'avanguardia un valore politico legato ai problemi sociali della comunità afroamericana...
T.S.:
Politica per me è una parolaccia.Tutti fanno qualcosa per un fine, per soldi, per potenza, potere. Questo non mi interessa. Mi interessa sapere cosa devo fare io e cosa posso fare io. Devo fare musica. Poi incontro musicisti che mi toccano particolarmente. Per esempio quando ascoltai ai seminari di Terni
Emanuele Parrini pensai questo è un musicista che vale e lo inserii nel mio gruppo. Ora lui è famoso …(ride contento), è un grande musicista che sta andando verso la sua direzione, forse lui è una parte di me. Troppo spesso si domanda...cosa ne pensa Tony?
Non va bene, lui deve trovare la sua identità e forse oggi noi dobbiamo seguire
lui...
P.C.:
Un'altra tua affermazione che mi è rimasta impressa è quella dove dici che i bianchi non fanno che scimmiottare i neri, sono loro che hanno inventato il jazz…
T.S.:
Perché inventare...Charlie Parker non ha inventato nulla, a lui è venuto tutto come un lampo, un colpo di fulmine...Baaang!! L'ho sentito suonare la prima volta nella 52^ con
Dizzy Gillespie, pensai che fosse musica che veniva dalla Cina o dalla luna. Nessuno suonava come Charlie, questo per dire che qualcuno riceve il messaggio, qualcuno no. Il mio messaggio è quello di
Zen Meditation che ha avuto una grande diffusione. In questo gruppo tutti sono bravi, Emanuele segue la sua strada, Dimitri ha le sue idee,
Mirco (Mariottini ndr) con i suoi clarinetti è molto creativo, che c'entra bianco o nero, c'è chi ha e chi non ha. Parker era nero, un giorno gli chiesi
- Charlie cosa è questa musica? - e lui - Io non so, ho preso il mio sassofono stavo suonando e qualcuno ha detto questo è bebop... - (ride fragorosamente). Kenny Clarke marcava il tempo dicendo -
...bebop...bebop...bebop - e Teddy Hill (proprietario del Minton's) chiese -
...ma cos'è questo bebop? - Kenny rispose - ...questo è il tempo... -
da dove viene? - bo'... - nessuno lo sapeva. Sicuramente era un elemento dello swing.
P.C.:
Quindi un legame con la tradizione...
T.S.:
Lo swing è molto importante, io ascolto molto swing degli anni trenta. Louis Armstrong era un dio, lui è il jazz per sempre, non si può buttarlo via. Sarebbe un errore non ascoltare i "vecchi", i vecchi che parlano, che cantano, che raccontano….
P.C.:
Tua moglie mi parlava prima che casa tua sta diventando un punto di riferimento per molti musicisti, che vengono anche dall'estero per suonare, imparare, seguire dei seminari, ammirare i tuoi quadri e le foto che tu hai fatto negli anni cinquanta ai grandi del jazz.
T.S.:
Si è vero, finalmente è pronta, una casa a tre piani con un grande terreno. All'interno c'e una galleria con i miei quadri, le foto e una grande sala per i concerti. Abbiamo naturalmente bisogno di aiuti a livello organizzativo per portare avanti questa cosa, abbiamo scritto due volte al sindaco Roma, al vicesindaco, all'assessore alla cultura, non ci hanno mai risposto e poi dicono che
Veltroni è uno che ama il jazz...
P.C.:
Come vedi il futuro della musica vicino a questi giovani?
T.S.:
...futuro...passato. Tu sai se siamo nel futuro o nel passato? Non possiamo capirlo perchè non sappiamo niente. La musica, ogni musicista ha qualcosa che non sa da dove viene. Da dove è venuto il bebop, Charlie Parker, da dove? Io dicevo a Charlie -
tu sei un Dio! - e lui rispondeva - ma sei matto, Tony! Io mangio e vado alla toilette come tutti gli altri...
- Lo conoscevo molto bene, lui amava il clarinetto ma non lo poteva suonare...
P.C.:
Perché?
T.S.:
Perché il clarinetto è dieci volte più difficile del sax. Una volta prese il mio
clarinetto e fece delle scale con molti fischi...
P.C.:
Torniamo all'inizio dell'intervista sulla continuità che io percepisco dalla tua presenza nella formazione di Dimitri.
T.S.:
Spesso dicono che sono più giovane di loro. Ho ottantadue anni ma non finisce qui, finisce quando io muoio. Se suonando, parlando, ho dato loro un aiuto… bene, ma devono andare avanti. Ognuno deve portare avanti la propria conoscenza del mondo. Oggi ho letto che l'universo è fatto come un pallone di calcio, in Italia il calcio è tutto, è la vita …(ride)
P.C.:
Cosa hanno dato loro a te?
T.S.:
Sono bravi, sono pieni del loro essere, sono particolarmente felice per Emanuele, io l'ho scoperto, poi lui è andato avanti è cresciuto e...ora ha dato lavoro a me (grande risata).
La musica non è una competizione, la musica è un suono universale...
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Data pubblicazione: 31/10/2003
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