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Conferenza: "Necessità di una Federazione Italiana del Jazz"
Prima edizione – Terni – 25/27 Giugno 2004
di Massimiliano Cerreto

Difficile, se non impossibile, tracciare un quadro unitario della realtà del Jazz in Italia. Ed è proprio il desiderio di confrontarsi direttamente con chi è parte di tale realtà la motivazione principale che ha portato Luciano Vanni, già editore della rivista nazionale Jazzit ed ideatore del Terni in Jazz Festival (quest'anno giunto alla sua quarta edizione), ad organizzare questo primo meeting nazionale del jazz. Tema dominate del ciclo di conferenze tenutesi presso la Chiesa del Carmine del parco cittadino di Terni, ormai ribattezzato Parco del Jazz, è stato quello relativo alla «Necessità di una Federazione Italiana del Jazz»: una dimensione associativa che, nelle intenzioni di Luciano Vanni, possa rappresentare in modo unitario il Jazz italiano. In occasione dell'incontro, è stata anche presentata ufficialmente la Guida al Jazz in Italia: la più recente delle opere nel catalogo della Luciano Vanni Editore. Il testo che leggerete non riporta in modo integrale le dichiarazioni degli ospiti intervenuti, ma vuole essere una sintesi di un momento d'incontro importante, assolutamente necessario e di cui si auspicano ancora tante prossime edizioni.

Venerdì 25 Giugno
D
opo una breve premessa dell'organizzatore Luciano Vanni (Jazzit – Umbria) in cui è stato spiegato il senso dell'incontro e della sua importanza, è intervenuto Maurizio Franco (Musica Oggi – Lombardia). Il noto musicologo non si è detto favorevole ad una federazione nazionale del jazz in quanto questa potrebbe costituire un ulteriore organo burocratico e centralizzato che, di fatto, potrebbe limitare l'autonomia dei singoli. La sua proposta è di favorire momenti d'incontro e di dialogo, affinché si possa promuovere una collaborazione reciproca che sia davvero rispettosa dell'autonomia operativa di ciascuno. Maurizio Franco ha, infine, portato gli esempi dell'European Jazz Network (EJN) e delle Associazioni di categoria francesi quali modelli cui ispirarsi.

E' intervenuto poi Stefano Mastruzzi (Saint Louis College of Music - Lazio) che, pur non essendo contrario alla Federazione in quanto tale, ha proposto di operare per categorie. Il suo intervento è stato, quindi, incentrato principalmente sulla propria esperienza professionale nel campo dell'insegnamento. Dalle parole di Stefano Mastruzzi è emersa, infatti, l'importanza che le strutture didattiche private hanno nell'ambito della diffusione e promozione del jazz in Italia.

Dall'esperienza dell'insegnamento a quella del Festival. A prendere la parola è stato Antonio Feola (Teano Jazz Festival - Campania) che ha raccontato la storia del Festival di Teano che, istituito nel 1993, oggi è uno dei più prestigiosi in Campania. La partecipazione di Antonio Feola è stata significativa in quanto ha permesso di comprendere le difficoltà, non solo organizzative, che affrontano, ogni giorno, gli operatori del settore. Antonio Feola si è mostrato favorevole alla proposta di una Federazione nazionale.

Al meeting del jazz anche un ospite internazionale: Ernst Bass (dell'Ambasciata dei Paesi Bassi in Italia). In un italiano perfetto, Ernst Bass, dopo aver decritto al pubblico dell'opera di promozione del jazz che avviene nei Paese Bassi, ha esposto la propria visione della situazione italiana. L'attuale mancanza di un soggetto istituzionale che possa rappresentare il variegato mondo della musica Jazz in Italia all'estero, e la derivante impossibilità di reali scambi culturali tra l'Italia ed i Paese Bassi sono le principali motivazione che lo portano ad essere favorevole ad una Federazione Italiana del Jazz.

Tra gli interventi più articolati della prima giornata del meeting, c'è stato quello di Franco Caroni (Siena Jazz – Toscana). Inizialmente, è stata ricordata la fallimentare esperienza della AMJI (Associazione Musicisti Jazz Italiani) e ciò per spiegare le difficoltà cui si andrebbe incontro realizzando una Federazione. Successivamente, Franco Caroni ha ribadito l'importanza di un impegno comune, di un «coordinamento» ritenuto, comunque, necessario. Infatti, dopo aver ricordato la lunghissima esperienza di Siena Jazz (Festival e Corsi), Franco Caroni ha dichiarato che sarebbe proprio grazie ad un «coordinamento» che si potrebbe attribuire un autentico riconoscimento formale (giuridico) ai tanti diplomi che, ogni anno, vengono rilasciati dalle strutture private. Titoli che, aldilà del loro prestigio, sono in secondo piano rispetto ai diplomi rilasciati dai Conservatori.

La cultura della musica e non la sua commercializzazione: questo il tema affrontato da Michelangelo Pirri (Associazione Culturale Agorà di Regalbuto - Sicilia) che è stato in grado di presentare la realtà del Jazz dalla parte di chi si avvicina, e per la prima volta, alla musica. Alla Associazione Agorà, di cui Michelangelo Pirri è presidente, fa capo, infatti, una struttura didattica frequentata da molti giovani siciliani. «Crescere con la musica», sostiene il presidente, «significa crescere imparando dei valori». Michelangelo Pirri è apparso favorevole alla Federazione e ha proposto un meeting in Sicilia.

Dalla Sicilia è arrivato anche il promoter Renato Lombardo cui si deve la presenza di Archie Shepp e Anne Ducros nella serata del 24 Luglio del Terni in Jazz Festival. Partendo proprio dal presupposto della mancanza di una cultura musicale che faccia comprendere l'autentico valore sia del Jazz sia dei musicisti, Renato Lombardo ha fortemente sostenuto la necessità di una Federazione Italiana del Jazz.

Un intervento fuori programma è stato quello della straordinaria cantante d'origine brasiliana Adi Souza. La sua proposta è stata di realizzare delle guide all'ascolto sia per il pubblico, sia per chi, come i giornalisti, il Jazz lo racconta.

Il finale, rigorosamente fuori tempo massimo come accade quando si discute di quanto interessa davvero, è spettato a Luciano Vanni che è apparso visibilmente soddisfatto dell'incontro.
 

Sabato 26 Luglio
S
uccessivamente ad un breve riepilogo di Luciano Vanni per gli ospiti che non avevano potuto partecipare all'incontro precedente, ha preso la parola Rocco Patriarca (Audio Review – Lazio). Il giornalista, dopo aver raccontato la storia della rivista e dell'evoluzione tecnologica in merito alla riproduzione audio, Rocco Patriarca, Luciano Vanni, Paul Gomesha sottolineato come la musica debba continuare a rivestire un ruolo primario nella nostra quotidianità, e ciò aldilà del tipo di supporto che si utilizza. Anche Rocco Patriarca si è mostrato favorevole ad una Federazione.

Altro ospite internazionale del meeting, e anche lui proveniente dai Paesi Bassi, è stato Paul Gompes (Dutch Jazz Connection – Olanda). Ai presenti ha illustrato l'operato della "Dutch Jazz Connection": organizzazione di promozione musicale. Per Paul Gompes è molto importante che si faccia capire ai politici che la cultura è anche un loro interesse. Così è stato in Olanda ove gli stessi musicisti, e sin dagli anni '70, hanno fatto comprendere alle autorità il valore, anche in termini di ritorno d'immagine, delle iniziative artistiche. Tra le sue proposte, quella di realizzare un vero e proprio marchio di qualità che rappresenti esternamente un'organizzazione che, al suo interno, sia composta dai musicisti e dagli altri professionisti del settore. «Un'organizzazione», ha precisato Paul Gompes, «che permetta di far comprendere che il jazz ha la stessa dignità della musica classica, della lirica e del balletto».

Ancora politica di promozione, ma questa volta non solo nel campo del jazz: questo il senso dell'intervento di Roberto Masotti (Emilia Romagna). Riconosciuto come uno dei migliori fotografi dello spettacolo e, attualmente, collaboratore della casa discografica ECM, Roberto Masotti non si ritiene favorevole ad una struttura che «burocratizzi il jazz».

Di politica finalizzata alla promozione della musica ha parlato anche il musicista e direttore artistico Paolo Damiani (Lazio) che - dopo aver posto in luce alcune problematiche quali, lo scarso riconoscimento in termini di diritti d'autore per le composizioni jazz e l'ancora più scarsa diffusione di tale musica da parte dei media (questo ultimo tema è ricorso anche in molti altri interventi nda) – ha proposto non una federazione in senso stretto, ma un insieme di gruppi, «dei "cluster", che si facciano notare e ascoltare».

Più propenso ad un'organizzazione in senso stretto, il cronista musicale Claudio Donà (Veneto) che, nella consapevolezza della estrema difficoltà di definire il jazz, ha sottolineato l'esigenza di maggiori investimenti nel campo della cultura.

Eppure appare difficile parlare d'investimenti nella cultura quando dalle statistiche risulta che, mediamente, un italiano spende un euro all'anno per la classica ed il jazz. Sono i dati forniti dal direttore d'orchestra Andrea Pellegrini (Toscana): il più "arrabbiato" degli ospiti intervenuti. La situazione musicale in Italia è, per Andrea Pellegrini, allo sfascio, e ciò anche alla luce di una presunta proposta del Governo d'istituire (o mantenere) i Conservatori solo nelle città che hanno dato i natali a musicisti celebri. La sua proposta è, quindi, quella di scendere in piazza al pari di tutti gli altri lavoratori italiani. Un finale molto amaro, ma il jazz (purtroppo) è anche questo.
 

Domenica 27 Luglio
Del bisogno di sentirsi categoria parla anche l'organizzatrice d'eventi padovana Gabriella Piccolo (Veneto) che ha raccontato la sua esperienza. «A Padova», ha dichiarato Gabriella Piccolo, «la città in cui vive anche il presidente della SIAE, in seguito ad incontri tra noi direttori artistici, si è deciso un impegno comune affinché venga istituita una Carta dei diritti del Musicista, una cittadella della musica e perché venga promossa l'educazione alla musica dei più piccoli». Gabriella Piccola è apparsa, quindi, propensa ad una Federazione.

Attinente al tema dei festivals e delle performances dal vivo è stato l'intervento di Stefano Giuliano (Campania). Il direttore dell'Orchestra Jazz dell'Università di Salerno ha dichiarato che il meeting è sicuramente un ottimo punto di partenza, ma occorre lavorare ancora molto perché vengano poste in essere le basi di una vera organizzazione.

Molti gli interventi fuori programma di questa terza giornata. Interessante quello del giornalista freelance Alessandro Michelucci (Toscana) che, pur esprimendo solidarietà alla "protesta" non violenta suggerita da Andrea Pellegrini, ha sottolineato l'esigenza di un'estraneità dei giornalisti ad ogni forma organizzativa.

Poco dopo è la volta di Clara Salina (Color of Sound - Lombardia) che ha affermato l'inutilità delle «autoflagellazioni e del vittimismo». Clara Salina, anche responsabile del booking di numerosi artisti, ha sostenuto che è «fondamentale far capire e sapere quanta gente lavora nel mondo del jazz». La sua organizzazione ideale non è una realtà associativa che «governi, ma che coordini le attività degli operatori del settore».

Sempre incentrato sul tema della comunicazione e dell'informazione è stato l'intervento del chitarrista Fabio Mariani (Università della Musica – Lazio). In rappresentanza sia della U.M. sia dei musicisti, Fabio Mariani ha raccontato le oggettive difficoltà di promuovere in modo adeguato il lavoro dei jazzisti ed in particolare i loro dischi ed è favorevole, pertanto, ad una realtà associativa.

Un mercato, quello discografico, che ben conosce Peppe Spagnoli (Splasc(h) Records - Lombardia). Propenso ad una «alleanza che non sia dettata solo da motivazioni di carattere economico», Peppe Spagnoli ha poi esposto la delicata questione della Iva che, in Italia, è del 20% sui dischi e solo del 4% sui libri. «Ma i dischi non sono prodotti culturali al pari dei libri?».

Tra gli interventi conclusivi, quello di Luigi Esposito (Onyx Jazz Club di Matera – Basilicata) che ha raccontato la propria esperienza di organizzatore di Festival (Gezziamoci nda) ed è favorevole ad una Federazione che sappia tutelare sia i musicisti sia gli operatori.

Di musicisti ha parlato anche Pino Saulo (Radio Tre – Lazio). Il giornalista ha posto al centro del suo intervento il necessario riconoscimento della professionalità dei musicisti italiani.

Jazz o "music actuelle"? Questo poi l'interrogativo posto dal giornalista Francesco Mandica (Lazio) il cui intervento ha chiuso la terza giornata. In altre parole, può darsi una definizione chiara ed univoca del jazz oppure bisognerebbe parlare, più ampiamente, di "musica "moderna"? Francesco Mandica, futuro direttore artistico del prestigioso jazz club "La Palma" di Roma, ha, quindi, affrontato una delle tematiche più delicate: cosa è realmente il Jazz oggi? Più precisamente, cosa è il Jazz in Italia oggi? E il pensiero è andato alla qualità dei nostri eccellenti musicisti. A questi, infatti, Francesco Mandica si è rivolto invitandoli, sul modello dell'esperienza francese, ad agire secondo delle progettualità di più ampio respiro che possano aiutare realmente il jazz italiano ad essere riconoscibile e ad avere una propria identità.

Le ultime parole infine sono state quelle di Franco Caroni (Siena Jazz) che ha dichiarato: «La Federazione, una eventuale Federazione del Jazz in Italia, deve lavorare, più che per i soci, per il jazz».






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Data pubblicazione: 10/08/2004

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