JK3 ovvero Jacob Karlzon Trio: il meglio del
crossover contemporaneo in scena a Essen Concerto al Der Philarmonie, Essen, Germania, 29 gennaio 2014 di Monica Mazzitelli
Jacob Karlzon - pianoforte,
tastiere, elettronica
Hans Andersson - contrabbasso
Robert Mehmet Ikiz - batteria
Concerto sold out per il trio di più alta levatura crossover
in circolazione: a prescindere da qualsiasi gusto personale sulla musica, questi
tre signori la sanno veramente suonare con elegante perfezione, raggiungendo una,
strana a definirsi, "semplicità complessa". Non si inciampa mai in nulla che assomigli
a un compiacimento virtuoso nella dinamica del trio, tutto sembra piuttosto un meraviglioso
gioco di complicità fraterna fra tre giganti che suonano con lo stesso ingenuo entusiasmo
di tre pischelli da cantina. Il giovane Ikiz (batterista turco naturalizzato svedese)
è un fenomeno, un istigatore puro, con davvero un paio di marce in più sulla media:
trasformismo e groove. E comunque è solo l'anagrafe che mente sugli altri
due.
Jacob Karlzon è un pianista
eccellente, ma "della porta accanto": umile, simpatico, emotivo. Fa diverse dichiarazioni
d'affetto ai suoi compagni durante il concerto, arrivando a dire che vorrebbe venissero
abolite le feste di Natale e Capodanno che li tengono lontani e, in effetti, i tre
si guardano quasi sempre negli occhi, si sorridono, ammiccano, si cercano durante
gli assoli: deliziosi giocolieri col sorriso.
Karlzon sceglie per la scaletta quasi solo brani dagli ultimi
due album, soprattutto da More che esegue quasi per intero, usando molte
basi che controlla direttamente dal suo computer piazzato affianco al pianoforte.
L'inizio dei concerti è sempre con Running, uno dei pezzi più splendidamente
orecchiabili della sua produzione (che chiunque altro terrebbe saggiamente come
ultimo bis), seguito da Naila, dove incastona momenti di minuscolo piano.
Dirty è un brano di ispirazione dichiaratamente metal
(genere che Karlzon adora) il cui inizio consiste in una chitarra elettrica registrata
come nell'album, un effetto forse troppo "finto", ma la cosa è compensata dalla
grande forza del pezzo. In Fool's Gold una lunga intro di Andersson molto
plastica e scandita si scioglie in una cadenza blues mentre Ikiz lavora ai fianchi
la sua batteria, usando le spazzole, e tirandone fuori un groove d'ottima
fattura quasi con nulla; così un pezzo senza basi diventa pienissimo. Il quinto
brano è un inedito che si inceppa un po' inizialmente prendendo però poi il volo
tra le dita di Karlzon, prima della pausa.
Si torna a suonare con la cover di The Riddle, di Nik
Kershaw, con Ikiz che sulle percussioni inventa minuscole sculture di ritmo duettando
minimalisticamente con Karlzon, che va perfettamente in controtempo finché non entra
Andersson con piacevoli dissonanze.
Anche in Newby Ikiz e Karlzon paiono scherzare tra loro,
con Ikiz che senza mai ostentare pose da fenomeno si fa però giocoliere del suo
strumento pestandolo, prendendolo a pugni, accarezzandolo, senza mai perdere lo
sguardo di Karlzon che lo segue percussivo con un parossismo finale dove Ikiz sembra
sdoppiarsi tra batteria e percussioni, lasciando il pubblico senza fiato. Si plana
in dolcezza con Between us, con un pianoforte un po' all'americana, ma soprattutto
con un assolo centrale di contrabbasso dove Andersson suona letteralmente accoccolato
sulle ottave più basse dello strumento, finché non prendono tutti e tre il largo
su un tappeto elettronico morbidissimo, che fa gemere qualcuno nel pubblico: l'atmosfera
è davvero intima, si respira una sorta di sentimento collettivo.
E per il brano di chiusura tocca a Karlzon fare il fenomeno con
un pezzo più jazz dei precedenti, Departure, dove mette in mostra un virtuosismo
straordinario, ma non fine a se stesso, provocando Ikiz a un'esecuzione magistrale,
e l'effetto è quello di un doppio assolo in simultanea. Assoli che si cercano, restando
però paralleli, senza sciogliersi uno dentro l'altro.