Davvero una brutta notizia quella dell'improvvisa tragica scomparsa di
Esbjörn
Svensson. Giuntaci come un macigno che ha colpito tutti di sorpresa
in un momento in cui il trio degli E.S.T. si apprestava a festeggiare degnamente
il ventennale della sua avventurosa attività. Da poco i tre musicisti erano tornati
sulla scena con questo bel doppio live registrato ad Amburgo nel novembre
2006. Un lavoro antologico potremmo definirlo,
che raccoglie il meglio dell'ultima produzione discografica della formazione, proprio
ora che l'emozione all'ascolto di questo elettrizzante doppio cd si fonde con quella
della consapevolezza di non poter più ascoltare un magnifico musicista come
Svensson.
Pianista dotato di una scrittura "jazzisticamente pop" sovvertita da irregolari
innesti elettronici, sempre ben calibrati e mai abusati, arricchito da un eccezionale
ed unanimemente riconosciuto virtuosismo pianistico. Pianismo del quale di certo
Svensson
mai ne abusò per stupire facilmente l'ascoltatore. Privo nondimeno di quel certo
citazionismo autoreferenziale che lo poneva invece sempre al servizio della musica,
della perenne costruzione di quell'interplay che si relazionava costantemente all'interno
dell'economia del trio.
L'incessante pulsare della ritmica, sempre fantasiosa
e innovativa, formano alcuni dei riconoscibili tratti distintivi dell'energica band
scandinava. Le loquaci morbidezze, cantabili e solari di
Eighthundred Streets By Feet,
The Goldhearted Miner oppure dell'arcinota
Tuesday Wonderland (riconoscibilissima hit del
trio), si fondono con quelle più happiness quasi bop, della spigliata ed
energica The Rube Thing (notevole ed efficace
è qui l'intervento poderoso del contrabbassista).
Ma l'elemento più emozionante dei concerti dal vivo degli E.S.T. era
quello dell'atmosfera ipnotica, tendenzialmente metafisica che avvolgeva il loro
incredibile live act. Anche quando i tre, privandosi delle consuete pedaliere elettroniche
non disdegnavano di scendere dentro ballad docili e sognanti come le incantevoli
Where We Used To Live e
Sipping On The Solid Ground. Il funky-rock austero
e ipnotico di Definition Of A Dog (caratterizzato
da un tema che è quasi un omaggio consapevole al Jarrett anni Settanta del periodo
Atlantic, completato da un agile e corrosivo assolo di Berglund), chiude
felicemente la prima parte del concerto.
Le aperture "spaziali", fantascientifiche di Goldwrap,
il trascinante romanzetto di diciassette minuti di Dolores
In A Shoestand vivificato dal narrativo contrabbasso di Oström,
(protagonista del magnifico intro in Behind The Yashmak)
completano un doppio disco davvero formidabile. E ciò al di là del giudizio "di
parte" che si potrebbe esprimere adesso che l'assenza di Svensson si fa sentire
ancor più enigmatica e dolorosa.
Poesia e trasgressione, dolcezza e rabbia innovativa. C'è di tutto in questo
delizioso live ricco di grande intensità espressiva e di irrefrenabile magia scenica.
E in attesa della pubblicazione il prossimo settembre dell'ultimo cd della
band che dovrebbe intitolarsi "Lencocyte" ci si chiede cosa faranno i due
eterni ragazzi degli E.S.T. ora che il loro amico leader non sarà più sul
palco a raccontarci ancora quel bellissimo pezzo di storia del jazz che tanto ci
ha fatto sognare e "cantare" in questi ultimi anni…
Gianmichele Taormina per Jazzitalia
Comunicato: E'
morto a soli 44 anni il pianista Esbjorn Svensson.
Invia un commento
COMMENTI | Inserito il 25/6/2008 alle 20.44.07 da "marco.desantis" Commento: A Esbjörn Svensson
Come avvolgere nella notte dell’acqua la forma insolita degli occhi, incredibilmente felici di vivere nella musica dolce e feroce di un’ ossessione ritmica costante e indelebile. Un agire artistico nel non ritenersi grandi, eppure esserlo, giocando con gli sguardi di un pubblico attento e inconsapevole di ogni attimo infinito del suono. Un suono di una mano ora assente ma che mi ha dato uno degli attimi più felici della mia vita nel vedere che con la musica tre esseri erano una cosa sola, quando a stento nella vita normale nemmeno un amore raggiunge a volte quell’interezza dei corpi e del suono. Che possiamo fare noi quando più volte abbiamo guardato una persona negli occhi vedendo e rifiutando di vivere il suo amore e la sua morte. Io ricordo tutti gli occhi delle persone che mi sono state care, ognuno di noi a suo modo li ricorda o ha paura di non averne memoria. La musica e l’arte penetrano più di ogni amore nelle cose, è inutile cercare nello spazio fisico occupato da un corpo l’intensità spaziale del desiderio di assoluto, l’assoluto è solo in quell’attimo di infinito che va oltre la vita e che rimane del nostro desiderio costante di dare e ricevere. Un uomo che non sa dare e darsi è già morto prima di esserlo, e nella musica dei grandi questo non accade mai. Ho visto negli occhi di questo musicista e dei suoi compagni quello che io non potrò mai avere dentro di me, la consapevolezza del fare agendo sul tempo interiore delle persone regalando e regalandosi vita e musica nella testa, nei pensieri per sempre, all’infinito. Angela
| | Inserito il 16/7/2008 alle 22.42.53 da "cinemalubitsch" Commento: Ho finito di vedere il video, degli E.S.T : "live in Burghausen" del 2004 .si prova emozione e rabbia assieme. Grazie Esbjorn per le emozioni che mi hai regalato.Come tutti i "Grandi" hai attraversato.... "il Tempo", troppo velocemente.....A te dedico questa massima di "Confucio"....."Più elevo lo sguardo,più è irraggiungibile.Più tento di penetrarvi,più è impenetrabile. L'osservo e pare innanzi a me, ma all'improvviso è alle mie spalle"...... | |
Questa pagina è stata visitata 4.522 volte
Data pubblicazione: 22/06/2008
|
|