Nuovo lavoro discografico per il trio di Antonio Flinta dal titolo
"Portraits & Songs" dove il pianista cileno,
da anni residente in Italia, esprime il suo lessico jazzistico di ampio respiro
e di alto livello grazie anche al valido supporto del contrabbassista Roberto
Bucci e del batterista
Claudio Gioannini
ai quali è anche legato da una profonda amicizia. Amicizia che di certo ha contribuito
a consolidare la loro unione, infatti i tre suonano insieme ormai da quindici anni,
e si ritrovano a meraviglia nell'esplicare un invidiabile interplay che è forse
il dato più rilevante del loro suonare il jazz.
Sette composizioni originali firmati da Flinta e uno standard "Lush
Life" di Strayhorn costituiscono il contenuto del cd interpretato dai
tre musicisti con pari coinvolgimento. Un album intenso, per i notevoli contenuti,
non solo musicali, a cui l'autore si è ispirato per la composizione di alcuni brani,
vengono infatti citati, nelle brevi ma esaurienti note nel libretto allegato al
cd, quattro pittori del secolo scorso, Jean-Michel Basquiat, William De Kooning,
Sebastiàn Matta e Tilsa Tsuchiya, gli ultimi due sudamericani, le cui qualità artistiche
sono state appunto fonte d'ispirazione per altrettanti brani. Brani quasi tutti
di notevole durata, brani identificati già nel titolo dello stesso album in parte
come "Portraits" ovvero componimenti, dalla struttura tipicamente jazzistica
e in parte come delle autentiche "Songs", canzoni, per cui grande attenzione
innanzitutto al fraseggio melodico. In entrambi i casi c'è spazio per l'improvvisazione,
per i cambi di tempo, per l'assoluta libertà per ognuno dei tre, libertà di esprimersi
e di dialogare con gli altri e per l'articolato sviluppo che caratterizza ogni brano.
Quindi il piano trio celebrato in tutta la sua capacità di esprimersi secondo la
tradizione senza per questo escludere riferimenti a linguaggi più attuali.
Appena iniziato l'ascolto ci si ritrova immersi in un tema blues ricco
di feeling e ritmo che fa da preludio ai primi momenti di dialogo fra i tre musicisti,
è il brano dedicato a Basquiat, si chiama "Samo",
ascoltandolo si ha l'esatta percezione del contenuto dell'intero album. Un dialogo
a due, batteria e piano, caratterizza invece la parte iniziale di "Inscape"
(per Sebastiàn Matta) ed è la batteria, strumento portante attraverso l'arte delle
percussioni di
Claudio Gioannini, che disegna la melodia supportato dal tocco
notevole di Flinta. La mia mente fa presto a correre indietro nel passato,
tra i grandi della musica afroamericana, andando a cogliere in quel tocco, sui tasti
bianchi e neri, qualcosa del grande
Bill Evans.
Ma questo album vive comunque di luce propria e se ne ha certezza all'ascolto di
"The Whale" introdotta da un magnifico solo
di Roberto Bucci al contrabbasso, quando per poco più di un minuto è protagonista
principale prima che Flinta e
Gioannini
entrino in gioco, fra proposizione del tema e improvvisazione, per uno sviluppo
dilatato ma regolare del brano. "Tilsa" è dedicato
ad una pittrice peruviana la cui arte è contraddistinta dal mistero, e il brano
alterna una suggestiva melodia alle immancabili parti non scritte, mentre "Okitatanama"
è l'omaggio del pianista cileno all'America latina e quindi alle sue origini, perfetto
equilibrio e riuscito connubio tra jazz e ritmo sudamericano. Il cd si chiude con
il doveroso e irrinunciabile omaggio alla tradizione con una sentita e solitaria
interpretazione di Antonio Flinta della "Lush Life" di Bill Strayhorn
dedicata alla memoria di
Tony Scott.
Gli altri brani si mantengono ai livelli di quelli citati e tutto il cd
definisce il verbo musicale del trio: una sintesi tra passato e presente plasmata
attraverso la sensibilità di tre professionisti della musica che guardano lontano.
Giuseppe Mavilla per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 02/02/2008
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