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Dominic Lash Quartet
Opabinia
Babel-Label (2015)
1. Isthmus
2. Waiting for Javier/Luzern
3. Hallucigenia
4. Lullaby of the Limpet (for Ella)
5. Azalpho
6. Halt the Busterman
7. Wiwaxia
8. Double File
9. Anomalocaris
10. Piano Part Two/Catachretic
Dominic Lash - contrabass and compositions Alexander Hawkins - piano Ricardo Tejero - tenor saxophone, clarinet Javier Carmona - percussion
Dominic Lash è un contrabbassista inglese di una certa fama nel circuito avant-
jazz europeo. Colonna del Convergence Quartet, guidato da Taylor Ho Bynum,
collaboratore di John Edwards e Josh Sinton, fra gli altri, il musicista
britannico licenzia questo disco con un nuovo quartetto, formato da personaggi di
spicco della scena continentale. Al pianoforte siede Alexander Hawkins, talento
emergente del jazz britannico, punta di diamante dello Special Unit for the Blue Notes
di Louis Moholo, compositore e bandleader in proprio, con una già qualificata discografia
nel suo curriculum. Al sassofono e alla batteria, invece, ci sono Ricardo Tejero
e Javier Carmona, due improvvisatori spagnoli poco noti dalle nostre parti, ma dotati
dell'atteggiamento consono per questo tipo di proposta.
Il titolo del disco è piuttosto misterioso: "Opabinia". Ci si riferisce, in pratica,
al nome di un animale vissuto cinquecento milioni di anni fa, che gli studiosi hanno
faticato a incasellare in un genere, tanto era difficile da assimilare a qualsiasi
altra specie vivente. La musica dell'album, allo stesso modo, sfugge ad una classificazione
precisa, lambisce e penetra in diversi stili, infatti, senza delinearsi fino in
fondo, restando, in tal modo, priva di un carattere univoco. Questa è sicuramente
una qualità non di poco conto per il disco in esame. All'interno delle dieci tracce
si ascolta, infatti, un po' di tutto.
"Isthmus" ha momenti free poli-direzionali e sequenze più strutturate, afferenti
ad un bop libero, sfilacciato, ma riconoscibile.
"Waiting for Javier/ Luzern" comincia swingante e piuttosto regolare, procede con
accenti vagamente africani e termina con un'esplosione atonale cacofonica, quasi
a celebrare "L'impossibilità di essere normale" come dal titolo del famoso film
con Eliott Gould.
"Hallucigenia" è una breve scheggia abrasiva di meno di un minuto suonata da sax
e basso soli.
In "Lullaby of the Limpet" è protagonista Alexander Hawkins con accordi insistiti
di intensità diversa, lasciati fluire, mentre gli altri accennano ad uno sviluppo
acconcio che si conclude repentinamente.
"Azalpho" ha un bel tempo, un accompagnamento sostenuto e racchiude un motivo sghembo,
obliquo, vagamente lacyano.
"Halt the Busterman" contiene un temino semplice semplice e ha un andamento funkeggiante
su un ritmo ballabile, contagioso.
Con "Wywaxya" si ritorna alle atmosfere instabili, incerte. Ogni strumentista elabora
qualcosa di personale, a contrasto con il resto del gruppo. In divenire si concretizzano
unioni e disunioni, ma tutto alla fine quaglia.
"Double file" ci riporta a climi rarefatti, cameristici, con un clarinetto che si
impenna e si impiglia in questo contesto, mentre il pianoforte incalza per mezzo
di un fraseggio che diventa via via martellante in un crescendo graduale, ma inesorabile.
"Anomalocaris" dura meno di quaranta secondi. E' una premessa inquietante di un
pezzo che rimane (in) compiuto.
" Piano Part Two/Catachretic" va avanti per piu di quattordici minuti e include
quanto si è ascoltato fino a questo punto, dilatato nella tempistica. Qui Tejero
sfoggia sul sassofono il suo campionario di note doppie e triple, un suono soffiato
e slabbrato e tutta una serie di clichè dell'avanguardia ben metabolizzati. Hawkins,
allo stesso modo, è essenziale e loquace, lirico e violento, romantico e antiromantico,
in un'alternanza di pulsioni, di spinte, adatte a costruire la base per il combo,
da cui muovere per ogni espansione successiva. Lash è sornione e attento, percuote
il suo basso con l'archetto, o dà di pizzico, quando il brano prende una forma più
jazzistica, passando attraverso il blues. Carmona prima sistema colpi radi al momento
opportuno, poi diventa protagonista con una sarabanda percussiva finale, tonitruante
ed espressiva.
"Opabinia", in conclusione, ci permette di apprezzare le capacità di compositore
e leader di un musicista molto considerato nell'ambito del jazz contemporaneo.
Dominic
Lash conosce bene la materia e sa mischiare a dovere le carte, fornendo gli stimoli
opportuni ai suoi partners per valorizzare la loro abilità nell'improvvisare in
lungo e in largo su tracce apparentemente esigue, ma affatto vincolanti.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 04/05/2016
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