Rhubarb Recordings 2006
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Mike Barone Big Band
Metropole
1. Metropole (M. Barone)
2. Yes Sir, That's My Baby (G. Kahn / W. Donaldson)
3. Blues In The Night (H. Arlen / J. Mercer)
4. Grand Central (J. Coltrane)
5. Nobody Else But Me (J. Kern / O. Hammerstein)
6. We'll Be Together Again (F. Laine / C. Fischer)
7. Dat Dere (B. Timmoms / O. Brown)
8. Passe (C. Sigman / J. Meyer / E. DeLange / Sablon / Gerringer)
9.Flatfoot (M. Barone)
10. I Won't Dance (J. Kern / J. McHugh / O. Hammerstein / O. Harbach / D. Fields)
Mike Barone - leader, composer,
arranger, trombone solo (“Passe”)
Lee Thornburg, Pete Desiena, Bob Summers, Steve Huffsteter -
trumpet
Kim Richmond, Keith Bishop - alto sax
Ernie Watts, Vince Trombetta - tenor sax
Brian Williams - baritone sax
Charlie Loper, Dick Hamilton, Bill Booth - trombone
Craig Gosnell - bass trombone
John Proulx - piano
Joel Hamilton - bass
Paul Kreibich - drums
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Mike Barone, figlio del trombettista Joe (attivo fra il
'20 ed il '60
con la Bob Crosby Orchestra ed altri gruppi di assoluto rilevo), dopo le
prime esperienze di alto rango con Louis Bellson, Lalo Schifrin, Dizzy
Gillespie, Pete Jolly, Oliver Nelson, nel 1964
crea la sua prima band, inizia a comporre e ben presto molti suoi brani divengono
themes di spettacoli televisivi; nel 1987
inizia a collaborare con Ernie Watts, tenorsassofonista influenzato
da John Coltrane,
maestro nell'improvvisare e dotato di una timbrica luminosa e personale: dall'incontro,
la svolta melodica ed il "passo" che distingue lo stile di entrambi, versatile,
intuitivo, brillante, segnato da un sound deciso ed esuberante, in grado
di coniugare in modo convincente le tinte naturali dello strumento con le più attuali
sonorità jazzistiche.
Registrato dal vivo al "LA. Valley Recording Workshop",
Metropole segna uno dei momenti più interessanti
della carriera del trombonista e della sua ottima Big Band.
L'album è il secondo realizzato con la propria label: 10 brani
che rendono conto con chiarezza delle sue scelte sia come leader che come
arrangiatore – da "Grand Central" di
Coltrane a "Blues in the night"
di Harlen e Mercer fino alla magnifica "Dat
Dere" di Bobby Timmons e Oscar Brown e alla track
che opportunamente sembra chiosare l'esibizione live, "I
Won't Dance", popolare e raffinato pentagramma eseguito con gusto
e meticolosamente arrangiato.
Metropole è una prova cristallina di quanto lo stile di Mike riesca
sempre a destare interesse senza ricorrere ad inutili e ritriti artifici, di quanto
la carica energetica del suo modo d'intendere la musica non abbia bisogno di tecnicismi
esasperati ma, anzi, proprio nella linearità delle improvvisazioni trovi il suo
punto di forza, la propria eleganza e quella raffinatezza tecnica, anche in termini
di orchestrazione, che ne svolge le evoluzioni tematiche secondo un linguaggio mai
spinto all'eccesso né tanto meno banalmente avveniristico, nel ricordo e nel rispetto
dei canoni espressivi della big band, dalla Swing era all'attuale mainstream.
Di ciò sembrano prova i due brani da lui composti, ricchi di varietas cromatica
e coerenza stilistica.
I 17 musicisti paiono muoversi in assoluta padronanza di tutta la gamma
strumentale, lasciando che le note scorrano, velocissime o impressionistiche, in
forme godibili, coniugando la tradizione con una "personalità collettiva"
ben strutturata, fresca e familiare nei momenti di maggiore creatività. Così è in
"We'll be together Again", dove gli ottoni
– e particolarmente Ernie Watts – privilegiano un linguaggio comunicativo
e piacevole nel dialogo, mostrando in modo felicemente disinvolto una preparazione
tecnica davvero notevole così come un'intenzione di divertissement che raggiungono
il fine per cui, probabilmente, ogni big band esiste: colorare le atmosfere
di ciò che si suona di sinuosità intriganti, coinvolgere e far ritmare all'unisono
chi è sul palco e chi ascolta.
E Mike in questo, ancora una volta, è, a parere di chi scrive, indiscusso
maestro.
Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 16/06/2007
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