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Kenneth Dhal Knudsen
Clockstopper
Longlife Records (2012)
1. Nadeans Arrival
2. Couchphobia
3. Tucked In
4. Timetrip
5. Sheeps & Raptors
6. In Our Night
7. Glimpse
8. Beautiful Behaviour
9. Time To Go
Tomasz Dabrowski - tromba, balkanhorn
Jaleel Shaw - sassofono (1, 4, 9)
Jonas Lindh - trombone (1, 4, 9)
Gilad Hekselman - chitarra
Søren Møller - pianoforte
Johnathan Blake - batteria
Kenneth Dahl Knudsen - contrabbasso
Largo ai giovani! Anche se dovremmo metterci d'accordo sulla
vera essenza del termine. Il sistema di classificazione ci porterebbe a dire che
l'anagrafica di Kenneth Dahl Knudsen non sia rigorosamente riconducibile nell'alveo
della gioventù: danese, classe 1984, quindi ventotto anni, indice di una salda maturità.
Ma questo assioma, oggi, appare discutibile, mentre in passato, invece, ben altra
considerazione avrebbe avuto. E la sua dose di esperienza Knudsen ce l'ha:
John Scofield,
Jason Marsalis, Dick Oatts, è ancora fresco di studi presso la Royal Academy of
Music, tre dischi all'attivo e un bel po' di concerti in giro per l'Europa (in Italia
non s'è visto, almeno pare, ma sappiamo quanto gli italiani siano refrattari alle
novità non targate USA).
Ci si aspetterebbe un lavoro teso e
meditativo, tipico di quel "triangolo delle Bermude" musicale che congiunge Germania,
Scandinavia e Paesi Bassi, con tutto quello che c'è in mezzo e di lato. Invece,
il bassista danese stupisce tutti ordendo un jazz da bonnes manières per
i jazzofili integralisti, pur non annidandosi nel mainstream, né modern,
né old style.
Innanzitutto i brani sono tutti a sua firma, non si rifugia negli
standard, ma non perde di vista quanto la tradizione e l'accademia gli ha insegnato.
Il rigore e il dinamismo di marca nord europea c'è, più ruvido e orchestrale in
"Nadeans Arrival", spruzzato di fusion. Il suono del suo contrabbasso è largo
e pastoso e tesse meravigliosamente la diteggiatura ampia, a tratti callidamente
sghemba, di Tomasz Dabrowski, come nella rapsodica "Cauchophobia", con il
fraseggio di Søren Møller in evidenza, ricco di accordi che si intersecano con l'assolo
potente e ad ampio spettro di Gilad Hekselman. L'appuntamento con i toni più nordici
non poteva mancare, così in "Tucked In" le spazzole fruscianti e, al contempo,
perfettamente insistenti, di Johnathan Blake contrappuntano l'ostinato di Møller
lasciando alla limpidezza delle corde di Hekselman cantare la bellezza di una ballad
fuori misura. "Timetrip" è marcata dallo swingante tenore di Jalee
Shaw e da una struttura su tre moduli abilmente incastrati tra loro. Metrica claudicante,
fresca e dalle dinamiche allargate in "Sheeps & Raptors". "In Our Night"
è la voce del contrabbasso ad essere l'unica protagonista: Knudsen costruisce un
brano breve nella durata, ma complesso nell'articolazione lasciando suonare tutto
il suo bagaglio culturale.
Nessuna sbavatura per Knudsen: "Clockstopper" ha tutto
quanto il jazz possa pretendere oggi. Comprese quelle novità che fanno inarcare
i sopraccigli a chi si è fermato all'Eboli della musica afroamericana.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 17/02/2013
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