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Roy Paci Corleone
Blaccahenze
INCIPIT RECORDS, distr. EGEA INC 156
1. Cinematic Conventions Of Murder
2. Moshpit Comedy
3. Lookin' For Work
4. Double Threesome
5. Umuntu ngumuntu ngabantu
6. Tromba l'oeil
7. Budstep Infected
Roy Paci - direzione, tromba, flicorno
Guglielmo Pagnozzi - alto sax
Marco Motta - sax baritono
Alberto Capelli - chitarre
Marco Pettinato A.k.a. John Lui - synth, basso elettrico,
chitarra, sampler
Andrea 'vadrum' Vadrucci - batteria
Casino. Non è il personale giudizio di chi scrive sul disco in
questione, bensì la traduzione dal dialetto di Montorio al Vomano (Abruzzo) di "Blaccahénze";
in particolare degli emigrati montoriesi negli Stati Uniti: sinonimo di "Black Hand".
Sfatato il mistero del titolo, ma non quello del motivo per cui è stato attinto
dal vocabolario montoriese visto che Paci è siculo, il progetto Corleone procede
a vele spiegate e sempre ricco di sorprese. I suoi natali risalgono al 2004 e appartengono
al complesso dna musicale del trombettista di Augusta, camaleontico a dir poco,
visto che di filamenti ce ne sono tanti e tutti diversi.
Roy Paci, questo è certo, è un esploratore inquieto: e fa bene, visti i risultati
avuti in ogni segmento di pubblico. Corleone, però, ha uno spazio particolare nel
suo cuore, così come le fotografiche note di copertina firmate da Pino Saulo raccontano.
Jazz sperimentale? Heavy Jazz? Fusion? Le etichette, sempre pronte
all'uso, si sprecheranno. Una cosa è certa: c'è tanta roba buona nel forno corleonese,
denominazione inquietante come i titoli dei brani che trasudano sesso spinto e musica
altrettanto spinta; spinta verso la direzione di un'improvvisazione focosa, torrida
e metallica. Nelle sferzate delle chitarre di Alberto Capelli e John Lui: entrambi
dei fuori classe nel tenere al giogo rock le note di jazz intonate dalla furibonda
sessione fiati, come in "Cinamatic Conventions Of Murder" e in "Moshpit
Comedy", muovendosi sinuosa e sicura nell'ostinato prima, e nel fraseggio bandistico
di Paci, Pagnozzi e Motta, con l'alto sax che si inerpica su sonorità ornettiane.
"Lookin' For Work" è l'unico brano non firmato da Paci, una ballad
siglata da Georg Graewe. Oddio, una ballad per modo di dire, visto l'autore e l'esecuzione
che Paci e compagni ne fanno: sbilenca, agogica, caracollante con il trombettista
in proscenio a tracciare tema e improvvisazione all'unisono.
L'ammucchiata di "Double Threesome" è dilaniante nella sua
orchestralità esasperata, senza mai perdere di vista la melodia, con gli strumenti
che si intrecciano e si rincorrono nel mid-tempo.
Spazio da cavalcata per Andrea Vadrucci nella bella, spiritosa e sempre incalzante
"Umuntu ngumuntu ngabantu", con un gran lavoro dei fiati a rinfrescare la
memoria della lezione di
Charles Mingus,
con assoluta originalità e un tocco di sicilianità, e Paci che pompa a pieni polmoni.
Il volume sonoro è sempre bello alto: si attenua nella prima parte dell'ammiccante
"Tromba l'oleil" dove un leggero tappeto elettronico raccoglie le
note acute di Paci, prima di liberare l'orchestra, che sembra moltiplicarsi di brano
in brano. "Budstep Infected" chiude l'album, segue le stesse orme,
"infestato" da sampler dilatati e da una andamento altalenante e dilaniante.
E' un disco post-moderno, vibrante e accattivante. Ma soprattutto il suo fuoco
è schietto e sincero.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 16/06/2013
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