Acud Quartet
Acud Quartet
Lhobo (2011) Lhobomusic 007
1. Terrapin (Syd Barrett) 7.41
2. Kofi (Tiziano Ruggeri) 5.26
3. Here I Go (Syd Barrett) 5.52
4. Sgruppin'Around (Tiziano Ruggeri) 6.43
5. Manic Depression (Jimi Hendrix) 5.02
6. Moonlight In Vermont (Blackburn – Suessdorf) 5.44
7. Odds And Evens (Tiziano Ruggeri) 4.07
8. Wined And Dined (Syd Barrett) 6.33
9. Pessime Abitudini (Manlio Maresca) 8.40
Tiziano Ruggeri - Tromba
Piersimone Crinelli - Sassofono baritono
Stefano Nunzi - Contrabbasso
Andrea Nunzi - Batteria
Special Guests:
Jacopo Ruggeri - chitarra in Manic
Depression
Manlio Maresca - chitarra in Pessime Abitudini
"Che c'entra Syd Barrett col jazz?" si chiede Mario Corvini nelle
note di copertina. Nulla. Ma la band romana è comunque riuscita ad arrangiare la
musica del Lisergico in chiave swing.
Superiore alla vecchia diatriba tra musica colta e popolare (roba da retori), l'insolita
tracklist si presenta infatti con ben tre brani del fondatore dei Pink Floyd,
uno di Hendrix, quattro inediti e solo uno standard: un bello schiaffo per
quei dinosauri che hanno perso il senso dell'umorismo. Anche l'organico è particolare:
niente pianoforte, sulla scia del quartetto di Gerry Mulligan. Come classificare
quindi i quattro musicisti dell'Acud Quartet? Contaminatori underground, innovatori
o pazzi nati ieri?
In realtà ogni membro ha ricevuto una solida formazione swing tra orchestre e
circuiti indipendenti, ma non ha rinunciato alla passione per quei beniamini rock
con cui tutti, volenti o nolenti, dobbiamo fare i conti; questo si nota soprattutto
negli inediti, specchio della personalità più di qualsiasi altra scelta di brani.
Paradossalmente altre radici, alcune "Milestones" -una parola a caso-
che ormai fanno parte del bagaglio di ogni jazzista l'Acud non le vuole nemmeno
vedere: così il trombettista Ruggeri, per esempio, rinuncia al fraseggio lezioso
alla Davis e col suo suonare asciutto ci ridona il piacere della sorpresa. Non c'è
la fedeltà morbosa nella riproposizione, che più che da musicisti è da esercizio
di stile o tribute band. E, d'altronde, non sarebbe possibile vista la musica in
gioco.
Il maggior pregio del disco è di risultare estremamente equilibrato tra tradizione
e innovazione, godibilissimo nonostante le sperimentazioni. Un trait d'union per
chi il jazz non l'ha ancora scoperto, un'isola per quei jazzisti che non hanno perso
le Pessime abitudini.
Matteo Mosca per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 01/05/2012
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