Luca
Gianquitto presenta un breve trattato sulle scale napoletane nel
jazz.
La scala minore napoletana deve il suo nome per il largo uso che questa scuola ne
fece a partire dal secolo XVII e che per tutto il XVIII secolo imperversò nel suo
impiego soprattutto in tempi di siciliana e arie a contenuto elegiaco e sentimentale,
ma vi sono esempi anche in musiche composte durante la transizione verso il romanticismo,
in primis l'inizio della prima ballata in Sol min op. 23 di F.Chopin e nella
coda del primo tempo della sonata n.17 op. 31 n. 2 in Re min di L.Van Beethoven.
La scala minore napoletana si presenta con il secondo grado abbassato di un semitono,
per il resto procede con le medesime distanze intervallari della scala minore armonica.
La scala maggiore armonica, chiamata anche scala di Hauptmann o scala di sesta minore,
invece, fu utilizzata da Vincenzo Bellini, il quale si perfezionò al conservatorio
di Napoli secondo i dettami della scuola musicale napoletana. Approfondimenti su
queste scale fortemente legate a Napoli compaiono molto raramente nei manuali di
teoria musicale jazz, ciononostante la loro applicazione presenta spunti di notevole
interesse.
Ho voluto affrontare l'argomento perché stimolato dalle caratteristiche peculiari
di queste scale nella loro applicazione in termini compositivi.
La scala minore napoletana e la scala maggiore armonica anche nell'ambito delle
improvvisazioni jazzistiche possono trovare una loro particolare collocazione, considerando
che, in questo stile musicale spesso si creano gli spazi ideali per poterne esprimere
le loro spigolosità armoniche e melodiche.
In questo progetto svilupperò l'aspetto del fraseggio nell'applicazione dei cambi
di accordo jazzistici e l'aspetto della composizione nello sviluppo armonico-melodico.
http://youtube.com/lucagianquitto
Prefazione di Pietro Condorelli:
Questo breve trattato sulle scale Napoletane nel
Jazz, data la mancanza di materiale e di approfondimento sull’argomento
in questione, è sicuramente un valido contributo alla ricerca musicologica.
Inoltre tale lavoro è anche un esempio di come l’amore per la musica
possa essere, ancora oggi, una notevole forza per sperimentare sentieri
musicali non ancora battuti, qualora un talento non fermandosi in superficie
e viceversa ponendosi dei quesiti, giunga a felici conclusioni; utili
non solo ai musicisti più dichiaratamente vicini al suono della musica
afroamericana ma anche alla collettività dei compositori ed arrangiatori
sempre alla ricerca di nuovi stimoli…
Non posso che ringraziare Luca Gianquitto per l’intenzione posta nello
sviluppare tali tematiche, ciò soddisfa i miei desiderata in qualità
di docente, nonché come musicista con un orecchio proteso verso il futuro.
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Data ultima modifica: 17/06/2022
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