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Eric Reed Quartet
Dizzy's Club Coca-Cola Jazz at Lincoln Center - New York, 10 giugno 2007
di Alessandro Giamatti Fubini

Eric Reed - piano
Gerald Cannon - bass
Willie Jones III - drums
Jeff Clayton - alto sax

Domenica 10 giugno a New York in piena Manhattan, nel bellissimo slargo di Columbus Circle tra la 59th street e l'8th Avenue, un incrocio singolare, punto di confine tra Midtown ed Upper West Side, angolo splendido tra il South ed il West dell'immenso Central Park. Distaccato dal mitico Lincoln Center – che si trova a pochi isolati più a nord-ovest – c'è il Dizzy's Club Coca-Cola, locale (il cui splendore è inversamente proporzionale all'orrorifico nome) fantastico per disposizione ed acustica ma soprattutto per l'immaginifico panorama. Rispetto sacro per l'ascoltatore che in qualunque posto della sala vede ed ascolta perfettamente. Una vetrata sullo sfondo vi spalanca la caotica bellezza di New York ed annichilisce. Un incanto.



Il quartetto di Eric Reed entra in scena con annuncio in stile anni Quaranta. Un combo formato standard: piano, contrabbasso, batteria e sax alto. Si parte. È un tributo alla West Coast ma si capisce subito che non si tratta di una pedissequa esibizione imitativa. Quando parte la musica il Reed quartet mostra immediatamente di che pasta è fatto e pare dire: "qui si fa jazz, quello vero!". Ed il jazz è infatti di notevole livello. La sezione ritmica è perfetta. Gerald Cannon e Willie Jones III sono un meccanismo di straordinaria precisione, infallibile, impeccabile. Un andamento con una regolarità da metronomo. Nessuno osa il "sopra le righe" ma l'incedere non è mai, assolutamente mai, stancante né oziosamente prevedibile. Si va di filato, come un treno. Precisi come un Tissot da polso. Il piano di Reed è elegante, dotatissimo naturalmente, ma svestito dei panni un poco dozzinali dell'enfant prodige. Impeccabile nell'integrazione con la sezione ritmica (con cui suona regolarmente dal 2005 assieme al sassofonista tenore e soprano Stacy Dillard), deciso e sicuro nel costruire i suoi fraseggi. Mentre il sax alto di Jeff Clayton si muove alternando stilemi da bopper – carichi anche se mai tumultuosi – alle linee più morbide e sinuose del cool, Reed tiene sempre la barra, con una precisa conduzione dei tempi ed una eleganza nella modulazione del suono da vero gigante. Il suo ruolo di leader si fa sentire nitidamente.

Le belle cadenze blues che caratterizzano la musica del quartetto sono accompagnate dai giochi, di enfasi e di accentuazione del beat, con cui si diverte il pianista di Philadelphia. All'enfasi segue però – come in uno schema metrico che da regolare si fa apparentemente irregolare, sfruttando i trucchi aritmici del verso sciolto – il suo opposto: all'accento segue un successivo lavorio sul beat che evita, dribbla e nasconde, che pare accennare a qualcosa d'altro ma che infine ritorna, disciplinato, nella sua regolarità. L'eleganza del suono del piano si manifesta appieno nell'unico pezzo eseguito in trio: una ballad in stile Stan Getz. Tributo alla West Coast, appunto. L'interpretazione è però pienamente evansiana (ad eccezione probabilmente del finale). È un Evans alla I love you Porgy o alla My romance. L'Evans dei colori tardoromantici ed impressionisti. L'assenza del sax e la riduzione del quartetto ad un trio piano-contrabbasso-batteria va, d'altronde, esattamente in questa direzione. Reed è leggero, sospeso, progetta le sue frasi accentuando le linee melodiche e le lascia correre mentre queste – pure in un mood che per la sua quasi impalpabile leggerezza parrebbe poco incisivo – solcano il percorso sonoro segnandolo in modo indelebile.

Musica splendida, dunque, come la suggestiva serata newyorkese, a cui si può muovere un unico appunto: la irritante insistenza americana per lo show-business che costringe (ovunque, in qualsiasi locale) i musicisti a fare due o tre serate in una, spezzettandone l'esibizione e consentendo all'ascoltatore poco più di un'ora di concerto, a prezzi peraltro decisamente elevati. Regola a cui il Jazz at Lincoln Center non fa eccezione.








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Data pubblicazione: 19/08/2007

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