| Rudersdorf / Sudburgerland Gasthaus Schaubuttl Chili Jazz
 
 21 Settembre 2007
 Deep Joy Trio
 Paul Rogers, contrabbasso a 7 corde. Paul Dunmall, bagpipes 
e sassofoni. Tony Levin, batteria.
 
 Flowing Now !
 Xu Fengxia, ghuzeng, voce; Joe Fonda, contrabbasso; Zoltan Lantos, 
Violino; Emil Siemeister, gigantesco pallone gonfiato a forma di salsicciotto
 
 22 settembre
 Clear Frame
 Lox Coxhill, sassofoni; Hugh Hopper, basso elettrico; Charles 
Hayward,batteria,voce; Orphy Robinson, marimba e percussioni
 
 Studio Dan
 22 musicisti diretti dal sassofonista – che non ha suonato – 
Daniel Riegler
 
 23 settembre
 Chili Session
 
 di Giovanni Greto
 A pochi chilometri dal confine ungherese, in una regione immersa tra ridenti 
colline su cui pascolano numerosi greggi di pecore e mucche e si incontrano splendidi 
cavalli, si è svolto un festival dedicato all'avanguardia e all'improvvisazione. 
Un luogo senza dubbio accogliente, grazie anche alla collocazione della sala concerti 
all'interno di un ristorante a carattere familiare, dai prezzi modici e in cui si 
respirava un'atmosfera che ricordava gli anni '70, 
contrassegnati dalle comuni, da un certo tipo di abbigliamento, da una maggiore 
facilità nei rapporti umani. Forse il gruppo più convincente ed agguerrito è stato 
il trio Deep Joy che ha proposto tre pezzi, per quasi un'ora di musica. Il 
più lungo è stato il primo – 42 minuti – nel quale ognuno si è ritagliato dei lunghi 
assolo. Inesauribile il drumming di Levin, encomiabile, e ce ne rallegriamo, 
per le capacità tecniche e fisiche, che sembrano quelle di un giovane, nonostante 
l'età risulti assai avanzata. Percuote due soli piatti, un china ed un ride, mentre 
per il drum set si compiace di usare due timpani – floor tom nel linguaggio batteristico 
-. Oltre al free concitato, ha un buon 4/4, che mantiene apparentemente senza sforzi 
eccessivi anche a metronomi elevati. Nell'ultimo breve pezzo dimostra inoltre di 
saper usare bene anche le spazzole, che sembrano scivolare sulle pelli, creando 
un ipnotico tappeto sonoro per il sax soprano. Dunmall, fisico possente emette 
un suono sempre limpido, a volte lamentoso, in sintonia con le atmosfere che il 
pezzo richiede. Gli assolo partono in sordina per arrivare ad atmosfere concitate, 
oppure si snodano subito fumanti. Buoni anche gli interventi alla bagpipes, 
spesso in solitudine, seguiti con attenzione da un affezionato pubblico di appassionati. 
Davvero bello il contrabbasso a 7 corde di Paul Rogers. Si sviluppa in altezza 
con una snella forma ovale, e ricorda un po' la viola da gamba. La sonorità è molto 
più calda di quella del consueto contrabbasso e Rogers è altrettanto bravo sia nel 
lavoro di sostentamento ritmico, che negli assolo, a dita nude o con l'archetto. 
 
 Dopo la "Gioia profonda" è la volta di un trio che non ha mai suonato 
insieme. E' curioso constatare il ruolo percussivo del Ghuzeng, una cetra 
orizzontale in legno con molte corde, sostenute da ponticelli mobili, che ricorda 
il Koto giapponese. Ma Xu Fengxia è una donna grintosa, dotata anche di una 
voce possente, ora grossa, ora acuta, che percuote, a volte con un intenso furore, 
le corde dello strumento. La assecondano il contrabbasso discreto dell'americano
Fonda e il violino amplificato, con effetti di riverbero, dell'ungherese
Lantos. I tre sono attenti alle dinamiche sonore e danno vita ad improvvisazioni 
free. Peccato che dopo il primo brano, negli altri due, per quasi 40 minuti, faccia 
il suo esordio Emil Siemeister, il cui intervento viene definito dal depliant 
illustrativo del festival, "painting performance". In realtà tutto il suo 
lavoro sarà quello di interagire con la musica del trio, attraverso un ininterrotto 
effetto di scratching e di noise, determinato dallo sfregamento di 
un gigantesco salsicciotto aerostatico, del tipo di quelli per i bambini, ma di 
dimensioni molto, molto più grandi. Non solo chi scrive, ma anche alcuni spettatori 
con cui si è scambiato un parere a fine serata, ha trovato superfluo l'intervento 
di Siemeister, a tratti anche nocivo per l'equilibrio del gruppo. Nel secondo 
brano il violinista ha anche sillabato vocalmente alla maniera dei musicisti classici 
indiani, mentre nel pezzo conclusivo, Fengxia ha cantato con una voce particolarmente 
melodiosa, ricordando canti tradizionali di origine orientale. Il pubblico comunque 
ha applaudito con generosità. 3 brani in 75 minuti per il quartetto Clear Frame, con Lox Coxill 
esclusivamente al sax soprano, Hugh Hopper, ex Soft machine, al basso elettrico,
Charles Hayward alla batteria e Orphy Robinson, che ha suonato marimba, 
pianoforte, steel drum, melodica e pocket trumpet, tutti in maniera dignitosa. Nella 
musica del gruppo si respira l'antico free, ma anche un più recente free-funk. Non 
mancano episodi jazzistici in 4/4, ma ciò che prevale è un'atmosfera misteriosa, 
con frequenti fraseggi spezzettati e alcuni accenni rock della batteria. Tutti si 
ascoltano l'un l'altro, senza prevaricazioni, anche se il soprano sembra condurre 
un po' gli strumenti, stimolandone la creatività. Ha felicemente impressionato lo Studio Dan, ossia 22 giovani musicisti 
austriaci, esibitisi insieme per la prima volta nel 2005 
al Jazz Werkstatt di Vienna e diretti dal sassofonista Daniel Riegler. 
Dopo ogni pezzo, prendeva la parola Manfred Chabot, autore di storie satiriche, 
poesie e racconti, leggendo alcuni suoi testi. Il pubblico, attento e silenzioso, 
ha apprezzato la lettura e la dizione, lasciandosi andare talvolta a risate gustose. 
Peccato, per chi scrive e non solo, che la non perfetta padronanza della lingua 
tedesca abbia impedito di penetrare a pieno nel mondo letterario dell'autore. L'organico 
musicale ha preso il nome dall'album Studio Tan di Frank Zappa. C'è 
una certa freschezza e gioia di suonare negli interventi di tutti. Inoltre sorprende 
la sicurezza negli assolo, tra i quali citiamo quello di una grintosa altosassofonista 
che ci ha ricordato il nostro
Massimo 
Urbani. Domenica 23 settembre, verso le 14, c'è stata una jam session 
conclusiva, seguita, forse a causa dell'orario, da un pubblico meno numeroso che 
nelle due serate precedenti. Tra gli interventi, i più apprezzati sono stati quelli 
del duo Hugh Hopper / Peter Rom, chitarrista dello Studio Dan e quello 
del quartetto Clear Frame, al quale si è aggiunto il pianista Dieter Glawischnig.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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| Questa pagina è stata visitata 2.742 volte Data pubblicazione: 27/01/2008
   
 
 
 
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