Intervista a Luigi Campoccia
maggio 2011
di Pietro Scaramuzzo
Beat Onto Jazz Festival 2009 photo by
Carmine Picardi
On the Way to Damascus riporta alla mente la folgorazione di S.Paolo o, trascendendo dal contesto religioso, un cambiamento radicale.
Perché questo titolo?
Il titolo prende spunto da un viaggio immaginario fatto sulla "via di Damascus",
ma sicuramente non come contesto religioso, ma come tentativo di ritrovare una cultura
"mediterranea" che comunque ci appartiene ed inserirla in una forma jazzistica moderna.
Disco è senza dubbio pregno di sonorità turche. Cosa ti ha avvicinato al medioriente?
In effetti, fin dal momento della scrittura, non ho pensato a brani jazz canonici,
ma ho voluto assolutamente scrivere in una forma che tenesse in considerazione l'organico
strumentale un po' inusuale.
Ma, soprattutto, miravo a creare atmosfere che, attraverso la fusione di due diversi
modus, evocassero l'incontro millenario fra occidente e oriente.
A proposito di questo, qual è stato il contributo di Onder Focan e A.
Senol Filiz al disco?
La preziosa collaborazione dei due musicisti turchi ha completato in modo fattivo
e originale l'ensemble, consentendomi di realizzare un'idea che, attraverso il loro
contributo, è divenuta concreta.
Onder Focan, il chitarrista jazz più noto e apprezzato in Turchia, è stato il trade
union più reale fra le diverse anime presenti in questo lavoro: il jazz e la musica
classica, il "sacro" e il "profano", l'occidente e l'oriente.
Quale quello degli altri musicisti?
Come sempre al mio fianco, ci sono Rossano Gasperini al contrabbasso e Paolo Corsi
alla batteria che sono ormai una ritmica consolidata nei miei ultimi lavori e che,
anche in questo, hanno dato il loro meglio.
La new entry di grande spessore è rappresentata dal sassofonista Daniele Malvisi
che, grazie alla sua straordinaria sensibilità, ha rappresentato un contributo essenziale
per la riuscita del progetto.
Qual è il ruolo del ney in questo lavoro?
Come già più volte scritto dai critici musicali turchi, Senol Filiz è "il maestro"
del Ney (strumento risalente all'era Ottomana, usato per accompagnare le preghiere
del corano) che, con i suoi interventi, ha regalato a ogni brano qualcosa di mistico
fra la poesia e la musica.
Come e dove sono nati i brani?
I brani più che dove, è come sono nati, sicuramente dalla voglia di sperimentare
nuovi percorsi, ma soprattutto nel desiderio di poter comunicare e condividere con
gli altri un'emozione che ti appartiene, dandomi una spinta tale, da farmi muovere
in territori musicali diversi dall'usuale, per ritrovare una cultura "mediterranea"
che comunque ci appartiene ed inserirla in una forma jazzistica assolutamente moderna.
A quali altre strade porterà questo lavoro?
La mia intenzione è che il progetto abbia un seguito, infatti, il lavoro che ho
pensato, ha la durata di cinque anni, durante i quali, mi confronterò con altri
Paesi dell'area mediterranea, come ad esempio (Spagna, Tunisia, Marocco...), per
cercare di fondere ancora meglio il sound di" On the way to Damascus" come una
sorta di linguaggio comune, che identifichi sempre di più il patrimonio culturale
comune.
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Data pubblicazione: 16/07/2011
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