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Il colore ha il potere di trasmettere una sensazione, uno stato emotivo.
Un colore riesce a far intendere l'umore e...percepire un suono...un colore può
anche quindi essere "ascoltato" e diviene espressione visiva di un qualcosa
di "immateriale" come la musica. Se si pensa che i primi tentativi di fondere musica
e colore attraverso la costruzione di appositi strumenti in grado di generare colori
durante l'esecuzione di note musicali, risale ai primi del '700, non c'è da meravigliarsi
che si sia poi approdati ad un qualcosa di più avanzato e cioè all'uso del colore
addirittura come mezzo didattico per l'apprendimento della musica stessa. Tra il
1725 e il 1735,
il gesuita Louis-Bertrand Castel, presentò il clavecin oculaire (clavicembalo
oculare) che mirava a dipingere i suoni in modo che un sordo potesse giudicare la
musica attraverso i colori e un cieco potesse giudicare un colore attraverso i suoni.
Ma questo è solo il primo di una lunga serie di esperimenti: nel 1877 Bainbridge
Bishop presentò un organo che visualizzava luci colorate azionate dal movimento
dei martelletti e altri ancora ne seguirono. Dopo gli strumenti, si è passati ai
primi tentativi di scrittura della musica associata ai colori: nel
1909 il compositore russo Aleksandr Skrjabin,
con il poema sinfonico "Prometeo", scrisse una partitura in cui le note dovevano
corrispondere a luci colorate. E così fece Schönberg. Insomma, da molto tempo
la tentazione di dare un colore alla musica è sempre stata molto viva fino a diventare,
attraverso la fotografia, una costante che diventa la vera e propria rappresentazione
visiva della musica in grado di attivare nell'ascoltatore quel fenomeno che va sotto
il nome di sinestesia (quando si riesce ad ascoltare musica e vedere colori).
Pete Turner, da questo punto di vista, ha svolto un lavoro davvero sensazionale
riuscendo ad immortalare delle incredibili immagini capaci di arrivare fino all'inconscio
dell'osservatore scuotendone l'animo e scatenandone immaginazioni prive di limiti.
Appena la puntina comincia a produrre la musica del vinile ci si trova dinanzi ad
un fenomeno di simbiosi totale: il suono prodotto dagli strumenti, emesso dai musicisti,
abbinato alla visione dell'immagine, diviene un tuttuno, una commistione di pensieri,
sensazioni che si alimentano vicendevolmente. Sembra che l'uno sia nato in funzione
dell'altro. A quel punto, già osservando la copertina di uno dei dischi illustrati
da Pete Turner, si può giungere a desumerne il contenuto e, quindi, addirittura
a determinarne il feeling verso il proprio gusto. Turner stesso, ammette
che ogni fotografia aveva come obiettivo quello di rappresentare "l'azione e
il feeling della seduta d'incisione". I colori applicati ad un'immagine sono
così dei messaggi subliminali di quanto è presente all'interno del disco stesso
e lo si può riscontrare oltre che attraverso l'ascolto della musica, anche semplicemente
attraverso la lettura dei titoli degli album e dei brani, il carattere degli artisti.
Persino i ritratti, opportunamente filtrati, forniscono una rappresentazione dello
stato d'animo dell'artista in quel contesto storico-culturale e del suo approccio
alla musica registrata.
Produttori di grande fama del calibro di Creed Taylor, hanno così
avuto il fiuto di alimentare questo vero e proprio percorso artistico ottenendo
come risultato quello di creare un'identità unica che ha reso il prodotto di case
discografiche storiche come A&M, Verve, Impulse, CTI riconoscibile al primo sguardo,
oltre che al primo ascolto...
Un gran libro, The Color of Jazz,
che riesce a porre in giusta evidenza la bellezza delle immagini di Pete Turner
e che stimola il cultore alla ricerca di tutti i dischi ancora non posseduti...Consiglio
vivamente l'ascolto di buona musica jazz mentre si sfoglia questo libro che, tra
l'altro, è stampato in modo eccellente, su carta patinata, nel formato tipico dei
vinili (12"x12") con un risalto delle immagini formidabile.
Marco Losavio per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 04/01/2008
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