Jazzitalia - Live: Torino Jazz Festival 2021- IIa parte
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Torino Jazz Festival 2021
giornate del 25-26-27 giugno
Direzione artistica di Diego Borotti e Giorgio Li Calzi
di Vincenzo Fugaldi

prima parte (by Aldo Gianolio)

Torino Jazz - Arto LindsayTorino Jazz - Cheikh FallTorino Jazz - Donny Mc Caslin QuartetTorino Jazz - Gail Ann DorseyTorino Jazz - Jason LindnerTorino Jazz - Korabeat
Torino Jazz - Mc CaslinTorino Jazz - Melvin GibbsTorino Jazz - Nate WoodTorino Jazz - Roberto DaniTorino Jazz - Roberto Dani
Torino Jazz - Salif KeitaTorino Jazz - Vernon ReidTorino Jazz - Vernon ReidTorino Jazz - Will Calhoun
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Ultime tre giornate del festival torinese, ripreso in sicurezza, riannodando i fili di programmi interrotti, rimandati, rimodulati, ripensati. Come hanno ricordato i direttori artistici, per venire incontro alle esigenze imposte dalla forzata riduzione dei posti negli spazi destinati ai concerti, tutti gli artisti intervenuti al festival hanno accettato la proposta di raddoppiare i loro set pur mantenendo il medesimo cachet, consentendo così a un maggior numero di persone di assistere.

In un piuttosto insolito orario pomeridiano, il quartetto del sassofonista Donny McCaslin, con Jason Lindner alle tastiere, Nate Wood alla batteria, Tim Lefebvre al basso e l'ospite Gail Ann Dorsey alla voce e chitarra acustica ha invaso i suggestivi spazi delle OGR. McCaslin, Lindner e Lefebvre erano tutti convocati sull'ultimo disco di David Bowie, «Blackstar», pubblicato nel 2016, un capolavoro assoluto, alto e dolente. E la Dorsey con Bowie ha collaborato per oltre un ventennio, suonando il basso e cantando. McCaslin, classe 1966, può vantare una lunghissima esperienza musicale, iniziata già da dodicenne con il padre vibrafonista. Tra numerose opere da leader e svariate collaborazioni (Dave Douglas e Maria Schneider per citare le principali), è approdato, dopo il fortunatissimo lavoro con Bowie, alla sua più recente produzione, «Blow», del 2018. A Torino il sassofonista, visibilmente emozionato, ha confessato che il gruppo si stava esibendo in pubblico dopo oltre un anno di silenzio, e ha voluto presentare il concerto leggendo in italiano. La sezione ritmica potentissima, con un Lindner scatenato, ha fatto svettare il sax tenore del leader, intenso e comprensibilmente desideroso di suonare in pubblico. Dopo un paio di brani, la voce di Gail Ann Dorsey ha impresso una svolta al concerto all'insegna di una delicatezza ricercata, con la canzone Eye of the Beholder, dal citato disco del gruppo «Blow». La voce della Dorsey forse non presentava l'elevata drammaticità necessaria a interpretare Lazarus di Bowie, che comunque il gruppo ha eseguito con impegno, mentre è stata davvero convincente nell'esecuzione delle sue composizioni accompagnandosi alla chitarra acustica.



Nelle due giornate seguenti, presso il Teatro Vittoria, si sono succeduti due concerti per sole percussioni profondamente diversi tra loro, direi esattamente antitetici: quello di Nate Wood, batterista di McCaslin, e quello di Roberto Dani. Wood, che al drum set ha aggiunto delle tastiere, un basso e la voce, ha presentato il suo fOUR, una esibizione muscolare, tonica, nella quale prevalevano un ostentato virtuosismo polistrumentale, l'uso funambolico di più strumenti in contemporanea, tanto drum'n'bass, il canto, e una spettacolarità epidermica. Dani ha invece utilizzato un set percussivo minimale, quasi zen, una cetra, piccoli oggetti, i piatti suonati con degli archetti, una gestualità sobria ed elegante, ieratica, mettendo al servizio della sua performance una lunga e multiforme esperienza artistica, con risultati di suggestiva efficacia, utilizzando una gamma di colori che andava dal pianissimo al fortissimo, dal lento al frenetico, al servizio di un'espressività convincente.

A Torino Arto Lindsay è arrivato insieme a Paul Wilson alle tastiere, Melvin Gibbs al basso, Marivaldo Paim alle percussioni e Kassa Overall alla batteria. Lindsay è una sorta di "marinaio perduto" tra diversi linguaggi musicali, un intellettuale che mescola il noise chitarristico di matrice no wave, con il quale come per mettere subito le cose in chiaro ha dato aspro avvio al concerto, alla canzone brasiliana affidata alla sua inconfondibile flebile voce. Il concerto ha lasciato trapelare la vastità dei suoi molteplici mondi musicali, tra i quali si muove con una forte e immediatamente riconoscibile impronta personale. Validamente spalleggiato dai quattro partner cui ha dato ampio spazio, ha eseguito musiche nuove e altre tratte dal suo ultimo lavoro, «Cuidado Madame» del 2017, con sconfinamenti hip-hop grazie all'apporto vocale di Kassa Overall.
 
Melvin Gibbs, nella stessa giornata, è tornato a suonare, stavolta con lo Zig Zag Power Trio, insieme a Vernon Reid e Will Calhoun. Reid, noto quale fondatore dei Living Colour, è un chitarrista che si muove con dimestichezza tra un rock pregno e sanguigno e atmosfere di derivazione ornettiana. Alle OGR una prova piuttosto monolitica data la formazione, che tuttavia teneva conto delle sue esperienze in seno alla Decoding Society di Ronald Shannon Jackson, con omaggi a Coleman (Lonely Woman) e una bella esecuzione della Freedom Jazz Dance di Eddie Harris. I partner, collaboratori di lunga data, lo hanno supportato al meglio nel lungo set, fino al trascinante bis firmato Ronald Shannon Jackson.

L'ultima serata del festival è stata interamente dedicata all'Africa. Il primo gruppo sul palco, Korabeat, era costituito da tre senegalesi (Cheikh Fall, kora e voce; Samba Fall, batteria; Badara Dieng, percussioni) e due italiani (Gianni Denitto, sassofoni e Andrea Di Marco, basso), tutti residenti in una Torino sempre più aperta e felicemente multietnica, hanno introdotto festosamente la serata, scaldando la platea per il gruppo del grande Salif Keita Une autre blanc. Insieme al leader, Golden Voice of Africa, classe 1949, Cisse Abou, sequencer; Adonaide Bohui, tastiere; Mamadou Diabate, kora; Oumarou Diarra, batteria; Djessou Mory Kante, chitarra; Molobaly Kone, percussioni; Modibo Sissoko, basso; Onane Lydie Zamati e Bah Kouyate, voce, danza. Keita, maliano, uno del maggiori esponenti della world music, ha offerto a Torino uno spettacolo entusiasmante, ricco di colori, di danze, una profonda testimonianza d'amore per la propria terra, con la sua inconfondibile voce ben supportata dalle due coriste e da una formazione di alta qualità, per uno spettacolo coinvolgente ed emozionante. Tra le note festose di Africa e alcune ballate di carattere politico affidate alla sola voce e chitarra acustica del leader, uno splendido finale per un festival che ha degnamente celebrato il ritorno alla vita sociale.

Tra gli aventi collaterali, chi scrive ha seguito l'incontro presso la prestigiosa sede del Circolo dei lettori con il precedente direttore artistico del festival, Stefano Zenni, che ha tenuto una interessantissima e illuminante lezione sulle modalità improvvisative in Charlie Parker.







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Data pubblicazione: 04/09/2021

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