Steve Coleman & Five Elements
"Astronomical/Astrological Music Project"
Roma, Auditorium Parco della Musica - Sala Petrassi, venerdi 8 ottobre 2010
di Marco De Masi
foto di
Davide Susa
Steve Coleman - sassofono Jen Shyu - voce Jonathan Finlayson - tromba David Bryant - pianoforte, tastiere Miles Okazaki - chitarra
Non un semplice concerto, ma una profonda esperienza musicale. Un Five Elements
inedito, privo di sezione ritmica, che mette in scena un set continuo di novanta
minuti: un'opera dedicata alle stelle e al legame tra musica e natura attraverso
la quale il sassofonista di Chicago propone una declinazione completa della sua
tecnica compositiva e della sua particolare concezione dell'improvvisazione.
Attraverso i trent'anni di carriera, Steve Coleman ha costruito uno
stile personale stratificando elementi teorici e filosofie provenienti da diverse
epoche e continenti: dalla poliritmia/polimetria africana ai concetti classici di
polifonia e fuga, insieme al costante riferimento alle teorie armoniche di Ernst
Levy (1895-1981), grande musicista e compositore
svizzero.
Ma veniamo ora a ciò che è accaduto sul palco. La formazione, disposta a
semicerchio di fronte al pubblico inizia a scandire un pattern ritmico con il battito
delle mani dando il via a una serie di temi sovrapposti a improvvisazioni che saranno
l'anima di tutta la prima parte del concerto. Successivamente l'umore della musica
cambia ed anche la sua sostanza. L'aspetto compositivo inizia a prevalere sull'improvvisazione:
un tema suonato principalmente dal sassofono diviene protagonista dello spazio musicale
con la voce che lo accompagna talvolta all'unisono ed altre volte in contrappunto;
una melodia dal retrogusto popolare che da tema si trasforma in un loop sul
quale nascono a turno i brillanti spunti improvvisativi dei "Cinque Elementi".
Da sottolineare le visionarie escursioni vocali di Jen Shyu ed in generale
la versatilità di tutti musicisti del quintetto che riescono ad interpretare con
originalità il proprio ruolo all'interno del collettivo: dalla spigolosa e percussiva
chitarra di Miles Okazaki alle tastiere imprevedibili di David Bryant.
La musica prosegue coerente e spedita per più di un'ora e mezza fino a quando
trova la sua conclusione in un vortice polifonico di suoni. Il lungo applauso del
pubblico obbliga i cinque a tornare sul palco per due ulteriori brani: il primo
in duo voce e chitarra dal carattere sognante; il secondo in trio sax, piano e tromba
in pieno stile Coleman.
Una performance intensa, coinvolgente, godibile per un orecchio "allenato"
ma forse poco digeribile alla maggior parte del pubblico: molte persone hanno lasciato
la sala prima della fine del concerto e mentre un piccolo gruppo di accaniti sostenitori
richiamava i musicisti sul palco per il bis, il numero dei presenti in sala era
più o meno dimezzato…
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Data pubblicazione: 14/11/2010
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