Steve Coleman and Five Elements
Roma, 2 Novembre ' 04 -
La Palma
di Dario Gentili
foto di
Daniele Molajoli
Steve Coleman sax alto
Jonathan Finlayson tromba
Tim Albright trombone
Jen Shyu voce
Nelson Veras chitarra
Yunior Terry basso
Dafnis Prieto batteria
guest
Kokayi voce
Nell'attuale panorama jazzistico, Steve Coleman è sicuramente uno dei personaggi più carismatici ed influenti: sono ormai vent'anni che è marchiato della qualifica di "innovatore". Dalla fondazione con Greg Osby, Geri Allen e
Cassandra Wilson del movimento newyorchese M-Base, dove il jazz era rivoluzionato dalla contaminazione con le forme più diverse della musica afroamericana, da Steve Coleman ci si è sempre aspettato qualcosa di "innovativo". In vent'anni, però, non sempre la buona volontà può essere garanzia d'innovazione. Tuttavia, proprio i più recenti lavori di Coleman, quelli con l'etichetta francese
Label Bleu, esprimono una ritrovata e rinnovata vena creativa del sassofonista.
Come i precedenti Resistance is futile (2002) e On the Rising of the 64 Paths (2003), anche l'ultimo progetto di Coleman con i Five Elements, Lucidarium (2004), esprime la sua recente tendenza stilistica: contaminare la contaminazione del M-Base con suggestioni musicali provenienti da tradizioni diverse dalla musica afroamericana. Dei tre progetti con la Label Bleu, Lucidarium è certamente il più complesso e ambizioso; basterebbe soltanto evidenziarne la partecipazione notevolmente allargata rispetto ai consueti Five Elements. Proprio sui brani di Lucidarium è strutturato il concerto di stasera a La Palma.
Oltre a Steve Coleman e i
Five Elements, solo una piccola parte dei musicisti che hanno partecipato a
Lucidarium è presente sul palco del jazz-club romano, ma sufficiente per rendere le atmosfere peculiari del progetto. Infatti, insieme alla chitarra acustica dalle tinte latine di
Nelson Veras, la caratteristica dominante di
Lucidarium è rappresentata dalle vocalists orientali Jen Shyu e Kokayi. Rispetto alla front-line dei fiati, composta dal sax alto di Coleman, dalla tromba di
Finlayson e dal trombone di Albright, dal tipico timbro funky di matrice M-Base, è proprio il costante tappeto sonoro tessuto dai vocalizzi di
Shyu e Kokayi a infondere alla ritmica M-Base un suggestivo esotismo.
Il rischio costante per composizioni di tal genere di rovinare in un pastiche sonoro può essere evitato solo con un attento rispetto per la struttura del brano, in cui ogni improvvisazione è tenuta a non strafare e travalicare lo spazio concesso dall'economia della composizione. Pur non negandosi i suoi folgoranti assoli, intrisi di quelle spiazzanti intuizioni che l'hanno reso celebre, lo stesso Steve Coleman sembra molto più attento a dirigere e ordinare i tempi e gli spazi del suo gruppo. Per il pubblico accorso numeroso, si è trattato di un concerto vissuto in un perenne stato di tensione, che non ha mai concesso momenti di distrazione, ma che, anzi, ha richiesto la massima attenzione e concentrazione per svelare i segreti compositivi custoditi nei vari brani eseguiti.
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Data pubblicazione: 10/03/2005
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