Gonzalo Rubalcaba Quartet feat. David Sanchez
Dolce Vita Jazz Festival. La Palma, 7 luglio 2003
di
Dario Gentili e Alessandro Marongiu photo
by Alessandro Marongiu
Dolce Vita Jazz Festival
2003
Gonzalo Rubalcaba - pianoforte
David Sanchez - sassofoni
Armando Golaq - contrabbasso
Ignacio Berroa – batteria
Stasera un pezzo di Cuba è sbarcato a Roma per farci gustare quanto c'è di meglio in tema di jazz pianistico. La band porta il nome dei due musicisti solisti: l'ormai famoso
Gonzalo Rubalcaba
al pianoforte e il giovane talento David Sanchez al sax tenore. Il pubblico è quello delle grandi occasioni: i romani hanno già potuto apprezzare Rubalcaba in trio, nella scorsa edizione del Dolce Vita Jazz Festival, e molti ne raccontano come di un vero e proprio evento. Del resto, proprio in questi giorni si è entrati nel vivo della manifestazione e in pochissimi giorni sono concentrati molti dei migliori nomi del jazz internazionale, per gli appassionati si prospetta un vero tour de force.
Gonzalo Rubalcaba
è uno dei pianisti più apprezzati della nuova generazione e, dopo una decina di albums pubblicati dalla prestigiosa Verve, è già molto di più che una promessa. Che ormai sia un artista affermato ed esigente come solo i grandi possono esserlo lo si intuisce già prima del concerto, quando osservando il palco si nota che questa volta, al posto del pianoforte, che chi frequenta la palma è abituato a vedere, c'è addirittura uno Steinway. Ancora una promessa
Rubalcaba lo era quando fu scoperto a Cuba da Charlie Haden, nell'isola per una serie di concerti,
che, impressionato dal talento del giovane, lo portò con sé negli Stati Uniti e lo sponsorizzò al grande pubblico del jazz, invitandolo a partecipare a molti suoi lavori. Dopo tale apprendistato alla corte di Haden e di tanti altri celebri musicisti, da qualche anno Rubalcaba suona con una propria formazione di trio, della quale alla palma è presente soltanto il batterista
Ignacio Berroa, alla cui facilità nel passare dalle classiche ritmiche jazz a quelle latino-americane deve molto della versatilità della sua musica e il concerto di stasera ne è la riprova. Tutto lascerebbe intendere che si assisterà al concerto di un quartetto con due strumenti solisti, piano e sax, ma non sarà propriamente così: in più di un brano Sanchez abbandona completamente la scena per permettere al trio di esibirsi. Infatti, la scaletta del concerto prevede molti brani tratti dall'ultimo album di Rubalcaba del 2001,
Supernova, dove appunto suona il trio.
Supernova
è anche il pezzo che apre il concerto,
un brano con numerosi cambi di ritmo, in cui emerge la differente sensibilità dei due solisti, un aspetto che caratterizzerà un po' tutto il concerto: gli assoli di
Rubalcaba, coadiuvati a memoria dalla batteria di Berroa, premono perfettamente amalgamati tutti i tasti del sound
cubano, dal mambo alla salsa, mentre negli assoli di sax di Sanchez è molto più forte la lezione americana di un Redman ad esempio, conducendo il gruppo sulla via dello swing. Di Joshua Redman Sanchez ha anche la forte ed estroversa presenza sul palco, mentre Rubalcaba non si concede molto al pubblico, è concentrato sui tasti del piano, non sorride e non ha occhi se non per il batterista che, in perfetta linea con la tradizione del trio pianistico, gli fornisce il tempo e le sincronizzazioni con il resto della band. L'intesa del gruppo con il sax è particolarmente suggestiva nei pezzi lenti e nei finali in decrescendo di alcuni brani, quando Sanchez soffia leggero nel suo sax, distendendone il suono in atmosfere soffuse e avvolgenti.
Sanchez lascia la scena per le
due ballads molto delicate e sensuali a firma
Rubalcaba,
Alma mia
e Yolanda Anas,
in cui gli assoli di pianoforte sono molto più sobri e contenuti rispetto al
trasbordante virtuosismo che caratterizza i pezzi veloci, come
l'improvvisazione-composizione di
El Cadete Constitucional, pezzo di tipica matrice cubana. Della medesima ispirazione è anche il bis,
El Manicero, brano celeberrimo della tradizione cubana, la cui melodia strizza l'occhiolino alle più elementari conoscenze di musica sudamericana del pubblico, che infatti subito mostra di gradire molto. Tuttavia, non c'è soltanto
El Macero, perché il pianista cubano gioca con tante altre note melodie della sua isola, che sarebbe impossibile elencare, in quanto quando qualche nota sembra sollecitare la propria memoria musicale, ecco che già le dita di Rubalcaba inseguono voracemente nuove reminescenze caraibiche. Il lungo bis non rappresenta soltanto una sintesi pianistica della tradizione popolare cubana, ma è anche l'occasione per assistere all'espressione più impressionante del pianismo di Rubalcaba. I suoi assoli sono torrenziali e lussureggianti, sovraccarichi di note e idee, a volte appena accennate, che spesso riescono a mantenere in perfetto equilibrio virtuosismo e melodia. Sarà certamente interessante, per chi ne avrà la possibilità, confrontare lo stile di Rubalcalba con quello di
Brad Mehldau, il 10 luglio alla palma, che per certi versi ne è agli antipodi, per quanto sia caratterizzato piuttosto dalla sottrazione di note, per cercare l'essenzialità del singolo suono.
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Data pubblicazione: 23/07/2003
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