Programma e organizzazione sono frutto della collaborazione tra me e Federico Scanni. Gli stessi che armonizzano gli 8 mesi di concerti de
la palma Club, un evento live ogni sera. Una grande fatica, pensando ai rispettivi lavori, alla gestione di altre manifestazioni.
ML: Come avviene la scelta del programma? Il DVJF segue una particolare linea artistica?
FS: Da dilettanti abbiamo cominciato, su questa strada continueremo.
Il mix di cultura, curiosità, piacere dell'azzardo e passione che ha guidato fin qui la mia vita caratterizzerà il tempo a venire. Non credo di poter cambiare lo spirito delle mie scelte: questione di destini, di talento.
ML: La Palma nasce come club privato e
ormai è al centro di una importante stagione invernale seguita da un'imponente festival. Ritieni che ci siano oggi le condizioni, in una città come Roma, per poter affrontare un'avventura come il DVJF?
Siete supportati adeguatamente dalle istituzioni?
FS: La programmazione de
la palma Club è frutto dell'iniziativa privata in uno spazio ch'è scelta coraggiosa di un'associazione culturale in cui non ricopro nessun ruolo. E' difficile ma necessario spiegare la differenza di ruoli, soprattutto adesso che ricopro un ruolo di "curatore", di direttore artistico in altre realtà cittadine. Dall'esterno, purtroppo, si tende a confondere la mia figura con lo spazio che ospita alcune mie iniziative: come se per tutti il responsabile di un teatro fosse confuso con il suo proprietario.
Si diceva delle istituzioni: non distinguere tra contributi della rassegna invernale, del festival e delle altre iniziative dell'associazione è un problema, con degli equivoci controproducenti per tutti. In altre parole, il sottoscritto è troppo "sovraesposto" e questo non è positivo, non rende le cose facili per chi collabora con noi.
ML: Come vedi le nuove iniziative romane come "La città del jazz"?
FS: Quando non c'era un sindaco appassionato di jazz, nel vuoto, qualcosa di buono siamo riusciti a fare, nel niente è nata
la palma Club. Adesso ritroviamo il jazz nelle piazze, nei luoghi di cultura, nelle cene aziendali, nei convegni politici. Non sono nati nuovi spazi, sempre quei "luoghi della durata" che sono la sostanza e non l'effimero.
Veltroni è una persona intelligente, un vero appassionato: sono sicuro che saprà correggere queste disfunzioni, riuscirà ad assicurare alla nostra città un tessuto musicale che duri nel tempo. Piante rigogliose e buoni frutti.
ML: C'è collaborazione, sinergia, tra colleghi di altri festival (non solo nella capitale)?
FS: L'esperimento più bello e importante della seconda edizione del
Dolce Vita Jazz festival è la collaborazione tra soggetti diversi, con la nascita di una società che gestirà la manifestazione. Se saremo intelligenti, se riusciremo a non affogare tra gelosie e personalismi, se saremo lungimiranti, nasceranno buoni frutti da questa pianta. Sarà di esempio per tutti, soprattutto in un mondo piccolo e egoista come quello del jazz. Anche gli altri soggetti dovranno misurarsi con questo spirito di collaborazione.
Fondamentale sarà l'atteggiamento delle istituzioni: se sacrificheranno, alla ricerca di un consenso, le risorse economiche cercando di far felice più gente possibile oppure se comprenderanno che il senso delle cose è nella loro durata, ch'è necessario seminare prima di raccogliere.
ML: Raccontami (se vuoi, anche senza fare nomi) un aneddoto positivo ed uno negativo che ti sei trovato a gestire avendo a che fare con tutti questi grandi artisti.
FS: Non ho problemi con i nomi, non aspiro alla simpatia universale. Sono contento della fiducia reciproca con i progetti di Paolo Fresu, di tutte le volte che questo grande artista e
Vittorio Albani, il suo manager, mi hanno coinvolto: è sono nate cose belle. Sono fiero che
Uri Caine torni a suonare da noi o mi dica di sì per nuovi progetti, in barba ai luoghi istituzionali che vorrebbero museizzarlo, che trovano sminuente il fatto che un artista compaia nei programmi di luoghi diversi.
L'aneddoto negativo (non finiremmo più): l'anno scorso, nel mezzo di un ennesimo bis di
Cassandra Wilson, il suo tour manager, detestabile dal primo all'ultimo momento, faceva segno all'artista ch'è la durata del concerto previsto nel contratto era passata, che poteva smettere di cantare. Che tristezza, anche il litigio tra loro che ne è seguito.
ML: L'artista che vorresti invitare e che ancora non sei riuscito ad avere.
FS: Sono particolarmente contento dell'artista che ritorna, di chi ci rende partecipe dei suoi progetti. Non sono una persona che ama la novità in sé, il nome più grande. Tra l'altro tra auditorium, teatro dell'opera, festival, non credo di avere assi mancanti nel mazzo. Ripeto da anni che smetterò di organizzare concerti dopo essere riuscito a portare
Tom Waits dalle nostre parti.
ML: Sono previste registrazioni che consentiranno anche ad altri di ascoltare le performance del DVJF?
FS: Tutte le sere interviste e brani dei concerti attraverso Radio Città Futura, ben 15 dei concerti in diretta o registrati per Rai- Radio tre.