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54^Festival Internazionale di Musica contemporanea

26 settembre 2010
Venezia, Arsenale. Teatro alle Tese.

Ex Tempore - Geometrie Variabili
Parker/Guy/Lovens + Prati + Furt
Evan Parker - sax soprano
Barry Guy - contrabbasso
Paul Lovens - batteria
Walter Prati - elettronica
Furt (Richard Barrett/Paul Obermayer) - elettronica

2 ottobre 2010
Arsenale. Teatro alle Tese
Exit_03
Fareed Ayaz Abu Muhammad Qawwal & Brothers Ensemble
Fariduddin Ayaz - voce solista, harmonium, leader
Abu Muhammad - voce solista, harmonium
Ghulam Akram E Moizuddin Haydar - voce
Abdul Muhammad, Tahseen Fawwad, Zarar Ahmed, Taimoor Khan, Mubark Hassan Haris - coro, clapping
Ali Akbar - tabla
Gayoor Ahmed Al - Hassani: dholak

di Giovanni Greto

L'unico appuntamento con l'improvvisazione nello sguardo sulla musica contemporanea, che contraddistingue le diverse edizioni della Biennale Musica, ha riguardato la musica Jazz. Evan Parker al teatro alle Tese ha eseguito due brani, senza titolo, creando sul momento, coadiuvato da Barry Guy, Paul Lovens e da Walter Prati nel primo, durato circa 26 minuti, con l'aggiunta del duo Furt nel secondo, per altri 20 minuti.



Immersi nell'oscurità e nella cupezza di cemento e mattoni, che costituiscono uno spazio che faceva parte del glorioso Arsenale di Venezia, i musicisti appaiono molto concentrati. Il suono acustico degli strumenti si propaga attraverso una serie di diffusori nell'ampio spazio, grazie alla regia sonora di Walter Prati, che interagisce dapprima con Parker modificando il suono del sassofono nel momento dell'emissione. Estrae poi dal fraseggio delle strutture che si ripetono, come fossero una base, su cui Parker improvvisa incessantemente. Entrano poi i suoni metallici di piccoli gong, di un piattino orientale e il nitido lungo suono di una piccola campana buddista, probabilmente giapponese. Lovens usa anche un archetto e dà vita ad un assolo utilizzando per lo più i mallets, ossia le bacchette con le punte ricoperte da feltro, usate da vibrafonisti o timpanisti. Prati si inserisce con gusto, interagendo con Lovens, quasi fosse un delicato percussionista che cerca di far venir fuori tutto ciò che giace nella mente del solista. Barry Guy suona il contrabbasso, sia con le dita che con l'archetto, creando, grazie all'intromissione di Prati, una sorta di effetto ‘lamento disperato di un gabbiano'. Poi inserisce un primo e un secondo bastone tra le corde, percuotendone le parti basse mediante un piccolo mazzuolo con la testa ricoperta di feltro. Il suo è un lungo assolo, che arriva ad un energico volume sonoro per poi improvvisamente tramutarsi in un respiro sul quale riparte il sassofono soprano. Il volume gradualmente aumenta, grazie anche agli interventi coloristici di Lovens che percuote il bordo metallico dei tamburi, riprende il piattino, gioca coi piatti sospesi, li sfrega con la punta delle bacchette. Alla fine, sfumando, tutto si placa.

Nel secondo brano, il duo Furt interviene con le sonorità degli strumenti campionati in precedenza, che danno vita, ad esempio nell'assolo del contrabbasso, ad un controcanto che sembra il ruggito di un grosso e selvaggio cane se non di un orso. L'elettronica si fa via via più presente. Per altro, l'alternanza tra il suono originale degli strumenti acustici con quello campionato, non sembra creare una sensazione eccessiva di spiazzamento. Il free è sempre scoppiettante e il trio inglese sembra a proprio agio sia con Prati, che collabora con Parker da 20 anni, che con il duo Obermayer/Barrett, ospite regolare dell'Evan Parker's Electro Acoustic Ensemble dal 2004. Il pubblico, non così numeroso come ci si sarebbe aspettato, mostra di gradire, ma gli applausi e i richiami per un bis non sono sufficientemente carichi da indurre i musicisti a ricomparire sul palco.

Atto conclusivo del festival, la consueta maratona musicale – dalle 18 a notte fonda – quest'anno denominata Exit_3. Ad un orario più che accettabile si è svolto, a stretto contatto col pubblico che circondava i musicisti, il set durato poco più di un'ora dell'ensemble pakistano. I due solisti hanno eseguito brani di canto "qawali", uno stile musicale nato in Pakistan con lo scopo di diffondere in tutto l'oriente la religione islamica e nel quale l'improvvisazione, solistica o collettiva, ha il ruolo principale. In origine i "Qawal", "musicisti", appartenevano esclusivamente a Sufi sciiti. Oggi in India e in Pakistan, dove il qawali è divenuto una delle forme musicali più diffuse, i Qawal sono per lo più musicisti girovaghi professionisti che cantano in concerti pubblici. Lontani dal possedere il carisma del compianto Nusrat Fateh Ali Khan, che irruppe sulla scena della "World music", grazie all'etichetta discografica di Peter Gabriel, i due cantanti hanno comunque trascinato il pubblico ai confini della trance, ben coadiuvati dai percussionisti, che soltanto nei minuti finali hanno dato prova di una convincente abilità solistica. Tornando alla vocalità, c'è da aggiungere che il qawali è un'arte di tradizione orale, nella quale la gran parte dei versi e in alcuni casi delle parole che li compongono, viene ripetuta più volte con l'obiettivo, come diceva lo stesso Nusrat' "di formare il supporto musicale che può dare al testo la sua intera grandezza".
 







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Data pubblicazione: 01/11/2010

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