John Zorn – The Book of Heads per chitarre
e oggetti vari
- esecuzione integrale -
6 aprile 2013 - SPAZIO TARGA, Via Targa 15 Genova,
di Andrea Gaggero
Alessandra Novaga -
chitarra acustica, dobro, palloncini, bambole, oggetti vari
Sul limitare del più grande centro storico
d'Europa, quello di Genova, è attivo da alcuni anni un piccolo spazio (non più di
30 mq.) autogestito che non possiamo definire "underground" solo perchè ricavato
al primo piano di un piccolo magazzino in disuso. Spazio che terrò d'occhio (trovate
un riferimento su FB): allo Spazio Targa può capitarvi di ascoltare musiche non
integrate, magari non prevalentemente jazz o di matrice afroamericana, che altrimenti
non avrebbero modo di trovare dimora in una ampia area al confine tra liguria e
piemonte.
Le dimensioni ridottissime del locale obbligano il giovane gestore ad una programmazione
per piccoli gruppi o solisti; il concerto di questa sera è, per chi scrive, di particolare
interesse sia per il repertorio (uno Zorn d'annata) che per l'interprete: la chitarrista
Alessandra Novaga. La cofondatrice degli Hurla Janus, Milanese d'adozione,
è qui impegnata in una pagina giovanile del bulimico e ipertrofico John Zorn. Alla
fine degli anni Settanta (siamo dalle parti della musica contenuta nel box "The
Parachute Years") compone una serie di brevissimi, epigrammatici, fulminanti brani
per chitarra, nelle diverse specie (acustica, elettrica, 12 corde, dobro) e oggetti
tra cui palloncini e una bambola. I brani furono scritti per (insieme a?) l'amico
e compagno di avventure Eugene Chadbourne: qui troviamo il chitarrismo folle e sghembo
di Chadbourne tenuto a braccetto dall'ombra lunga di papà Cage.
I brani non verranno poi eseguiti dal destinatario d'origine, forse miglior interprete
possibile, e solo nel 1995 verranno integralmente eseguiti dal fedele Marc Ribot
per la Tzadik; lo stesso Ribot non rieseguirà più l'intera serie limitandosi ad
inframmezzare i brani dei suoi concerti con Etudes sparsi.
Alessandra Novaga recupera la serie dei "35 Etudes"
nella sua integrità e integralità e compie così un operazione coraggiosa musicalmente
e culturalmente pregevole. I citati Hurla Janus hanno in Cage uno dei riferimenti
d'obbligo e Alessandra Novaga, chitarrista di formazione classica (formazione che
emerge quasi di prepotenza nei brani per chitarra acustica) ha un gusto per la melodia
e per il canto, forse estranea allo Zorn di quegli anni, ma del tutto in sintonia
con quello attuale.
Gli spartiti zorniani, manoscritti e inviati "sadicamente" rimpiccioliti, sono una
delle possibili filiazioni dello sperimentalismo, non solo americano, del dopoguerra,
sperimentazione fece del ripensamento della notazione e della funzione stessa della
scrittura uno dei suoi cardini. Brevi stringhe di note, senza altezze e tempi, con
disegni e annotazioni, spesso illeggibili, sono il flebile ma cogente dato da cui
partire. I 35 Etudes ripensano l'oggetto chitarra e ne reinventano radicalmente
la tecnica, questa diventa così uno strumento percussivo, che impugnata come un
violoncello può essere suonata con l'archetto, ma anche più chitarre distese possono
essere sfregate. I palloncini, le bambole e gli oggetti a corredo introducono nella
musica l'elemento ludico e confermano, ampliandolo, il carattere teatrale e di happening
delle composizioni. Uno degli aspetti di maggior valore della scelta di Alessandra
Novaga è quello di aver intimamente capito il valore performativo-teatrale dei
Book Of Heads; musica che obbliga qui il musicista a mettere in gioco non
solo la propria musicalità ma anche, o soprattutto, il proprio corpo.
Incontriamo Alessandra Novaga per una breve intervista:
I Book Of Heads sono brani scritti "per"
o "insieme a" Chadbourne? E Marc Ribot? Quali difficoltà di interpretazione-decodificazione
dello spartito hai dovuto affrontare?
Book of Heads è stato scritto per Chadbourne. In questi pezzi Zorn
opera una sorta di codificazione delle tecniche usate da Chadbourne nelle sue improvvisazioni
ma le veicola attraverso i suoi personali processi di composizione. Marc Ribot
ha inciso i 35 Etudes in un disco bellissimo, estremamente vitale e intelligente
come tutta la musica che suona. Da grande improvvisatore quale è ogni volta che
li suona dal vivo li reinventa. Qualche sera prima del mio concerto a Genova l'ho
incontrato a Lugano dove ha fatto un concerto straordinario e quando gli ho detto
che stavo per suonare "tutto" Book of Heads ne era molto divertito e mi ha chiesto
come avessi fatto a decifrare le partiture raccontandomi che a lui Zorn aveva spiegato
tutto verbalmente! In realtà ignorava che nell'edizione pubblicata c'è una sorta
di legenda che chiarisce qualche simbolo. Le difficoltà di interpretazione sono
dovute soprattutto alla decifrazione di una grafia piuttosto complessa, a volte
illeggibile; poi piano piano la nebbia si dipana e inizi a essere amico proprio
delle cose più complesse. Arriva un momento in cui capisci che sei libero di condurre
il gioco a tuo piacere ma sempre con qualcuno che ti tiene la mano. In questo senso
Zorn appare in tutta la sua forza di compositore anche in partiture che sono totalmente
basate sull'improvvisazione.
Una chitarrista di formazione "classico-accademica"
quale tu sei, attraverso quali passaggi, personali e musicali è arrivata a Zorn?
Quanto ti ha aiutato la conoscenza di Cage?
Mi rendo sempre più conto che la formazione classico-accademica a cui ti riferisci
ha fatto, e fa ancora parte, della mia vita e mi ha permesso di costruire una tecnica
strumentale e una grande ricerca del suono e del rapporto fisico che si crea con
le corde e col legno. Poi c'è ovviamente il rapporto con la musica che nell'ambito
classico richiede una certa capacità di analisi e di costruzione della forma. Io
sono per natura istintuale e non lavoro con un metodo, ora men che meno, ma tutta
la mia esperienza precedente a questo periodo della mia vita mi ha dato elementi
infiniti a cui attingere. Arrivare a fare altro, cioè quello che faccio ora, è stato
più semplice di quanto si pensi. E' un passaggio che ha più a che fare con la vita
che con la musica in sè. Fai degli incontri, delle esperienze, apri le orecchie,
gli occhi e la mente e capisci che forse se apri qualche altra porta la tua vita
può aderire di più alla tua musica, alla tua progettualità e alla tua ispirazione.
Credo che Cage abbia cercato di dirci proprio questo.
Quali spazi per l'improvvisazione concedono i Book Of Heads?
Improvvisazione o alea? Musica di estrazione afroamericana o figlia delle avanguardie
di tradizione eurocolta?
Il primo livello di improvvisazione che devi affrontare in Book of Heads è di natura
molto pratica: come faccio fisicamente a materializzare in un suono, quindi in un
gesto, quel segno?
Questa è già una cosa molto divertente. Poi c'è l'aspetto formale. Lui dice che
tu puoi suonare questi studi facendo esattamente quello che è scritto, oppure improvvisare
prima, durante o dopo… Ogni studio è caratterizzato da qualcosa in particolare,
devi cercare di capire, di sentire qual è la "head" del pezzo (da qui il titolo
Book of Heads), e magari indagare in quella direzione. Certo quando li suoni
ripetutamente diventano sempre più tuoi. Ieri sera ho fatto un concerto per cui
sono stata chiamata solo la sera prima … era per M^C^O che ha occupato, o meglio
fatto rivivere per un giorno, il Cinema Manzoni di Milano. Tra le varie cose ho
eseguito uno studio di Zorn, uno solo, uno tra quelli più articolati e "spettacolari";
non eseguivo il brano da un mese circa e la sensazione di ritrovare un vecchio amico
è stata incredibile! Sentivo che mi muovevo attraverso tutti i gesti con grande
familiarità e libertà e combinando gli elementi come non avevo fatto in precedenza.
Il lato virtuosistico non c'entra nulla ovviamente, non c'era più un esercizio fisico,
visto che non lo suonavo da tanto, ma si era già radicato in qualche modo e ha dato
i suoi primi frutti…
Che cosa ti è rimasto e ti rimane dell'aver
indagato ed eseguito questa musica?
Aver fatto questa esperienza ha creato una sorta di spartiacque: c'è un prima e
c'è un dopo. Mettere su tutta l'opera è stato un lavoro molto intenso e lungo, ma
è come se mi avesse garantito un enorme recipiente di idee:suoni, gesti, libertà,
apertura di pensiero. Credo che sia la cosa più importante che ho fatto fino ad
ora e sono molto felice di averla realizzata. Ecco, la cosa più importante che mi
rimane è una grande gioia.
Inserisci un commento
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 1.638 volte
Data pubblicazione: 14/07/2013
|
|