Novità ECM e La Buisonne - novembre 2021
György Kurtág/Antonin Dvořák
Parker Quartet/Kim Kashkashian
Parker Quartet: Daniel Chong: violin; Ken Hamao: violin; Jessica Bodner: viola:
Kee-Hyun Kim violoncello. Kim Kashkashian: viola.
ECM New Series 2649
Al suo debutto per la New Series di ECM, il Parker Quartet
di Boston, acclamato dal Washington Post per « l'eccezionale virtuosismo
e la fantasiosa interpretazione », suona la musica di György Kurtág affiancato dalla
violista Kim Kashkashian. In questo potente programma di contrasti il quintetto
per archi No. 3 di Dvořák, composto in America nel 1893, è incorniciato da due opere
di Kurtág, i Six Moments musicaux (2005) e l' Officium breve in
memoriam Andreae Szervánszky (1988/89). Il sentimento del Parker Quartet per
il colore e la texture è evidente. Alle intuizioni maturate dal quartetto a riguardo
del mondo sonoro di Kurtág si è affiancato un ampio lavoro svolto con il compositore
stesso. L'album è stato registrato alla Radio DRS di Zurigo.
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Fred Thomas
Three Or One
Fred Thomas: piano Aisha Orazbayeva: violin Lucy Railton: violoncello
ECM 2640
Ecco Johann Sebastian Bach in una luce trasfigurata: preludi corali per organo,
movimenti di cantata e sinfonie orchestrali - 24 pezzi in tutto - trascritti per
trio e pianoforte da Fred Thomas e inseriti in una nuova sequenza avvincente da
Manfred Eicher. Su Three Or One, l'idioma di Bach è esplorato rispettosamente
da tre musicisti innovativi, in un processo che Thomas descrive come « tranquillamente
gioioso ». I brani del trio, principalmente tratti dal Orgelbüchlein di Bach,
acquisiscono un carattere fresco nelle mani della violinista kazaka Aisha Orazbayeva
e della violoncellista britannica Lucy Railton, musiciste spesso associate all'avanguardia
della composizione contemporanea. Fred Thomas che qui fa il suo debutto per la New
Series di ECM ha sempre lavorato in contesti e generi diversi e considera l'esperienza
ad ampio raggio del trio « un incitamento alla creatività. Bach riutilizza spesso
il proprio materiale e non sorprende che ogni volta risulti diverso. Con i suoi
poteri immaginativi, tecnici ed improvvisativi, crediamo davvero che Bach suonerebbe
due volte allo stesso modo? » E' una buona domanda ed è la chiave dell'approccio
adottato su Three Or One.
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Jorge Rossy
Puerta
Jorge Rossy: vibraphone, marimba; Jeff Ballard: drums, percussion; Robert Landfermann:
bass
ECM 2661
Jorge Rossy passa al vibrafono e alla marimba e ci consegna un trio pieno di originalità
per il suo debutto come leader per ECM. Le linee del vibrafonista, segnate da un
immediato appeal melodico, sono in interazione con i suoi compagni di viaggio, Robert
Landfermann al basso e Jeff Ballard alla batteria. Dopo il recente contributo di
Jorge nel trio di Jakob Bro con il trombettista Arve Henriksen su Uma Elmo,
l'attuale formazione lo vede concentrato sulla propria musica. Su Puerta
lo spagnolo brilla in un programma che lo dimostra un compositore eloquente quanto
una potente voce melodica.
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Camerata Zürich
Leoš Janáček – On An Overgrown Path
Camerata Zürich; Igor Karsko: direction, lead violin; Maïa Brami: speaker
ECM 2597
On An Overgrown Path, il ciclo pianistico di 15 pezzi di Leoš Janáček, è
qui presentato in una veste rimodellata, arrangiato per Orchestra d'archi e interpretato
dalla Camerata Zürich sotto la direzione del violinista Igor Karsko. Questa è la
prima registrazione dell'adattamento orchestrale. In questo programma il ciclo di
Janáček è completato dalla Meditazione di Josef Suk on the Old Czech Chorale
St. Wenceslas e dal Notturno di Antonín Dvořák - brani tecnicamente collegati
agli elementi folkloristici presenti nella composizione di Janáček. La scrittrice
francese Maïa Brami ha scritto poesie per accompagnare il nuovo arrangiamento di
On An Overgrown Path e le loro versioni, recitate dalla stessa autrice, sono
incluse nell'album contestualizzando il ciclo con fantasiose analogie con la vita
di Janáček.
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Eberhard Weber
Once Upon A Time Live In Avignon
Eberhard Weber: bass
ECM 2699
Once Upon A Time Live in Avignon, registrato al Théâtre des Halles di Avignone
nell'agosto del 1994, presenta l'approccio unico di Eberhard Weber al solo. L'album
vede il bassista bilanciare le composizioni dei suoi album Orchestra e
Pendulum con una vibrante interpretazione di "My Favorite Things" e con il «Trio
for Bassoon and Bass» rivelando nuovi aspetti della sua dizione musicale. Nel recensire
nel 1994 uno degli spettacoli dal vivo del bassista, il Financial Times si è meravigliato
della musicalità di Weber, insistendo sul fatto che « è difficile immaginare che
chiunque altro possa suonare ciò che suona Weber ». Condensato in un programma conciso,
Once Upon A Time Live in Avignon, cattura l'essenza della performance solista
di Eberhard Weber.
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Ayumi Tanaka Trio
Subaqueous Silence
Ayumi Tanaka: piano; Christian Meaas Svendsen: double bass; Per Oddvar Johansen:
drums
ECM 2675
Subaqueous Silence è l'album d'esordio per ECM come leader della pianista
Ayumi Tanaka. Questo lavoro, dopo le uscite acclamate dalla critica con Thomas Stronen
(Lucus, Bayou), si dimostra una dichiarazione sorprendentemente originale.
Tanaka ha incontrato il bassista Christian Meaas Svendsen ed il batterista Per Oddvar
Johansen poco dopo il suo arrivo ad Oslo una decina d'anni fa, ed insieme hanno
sviluppato il loro linguaggio musicale esplorando le implicazioni delle composizioni
di Ayumi. Il profondo interesse per il lavoro degli improvvisatori norvegesi ha
spinto Tanaka a trasferirsi in occidente senza abbandonare una crescente consapevolezza
delle proprie radici culturali. C'è un rigore ascetico nel suo modo di suonare,
così come un senso di spazio che suggerisce affinità con la musica classica giapponese.
Ayumi vede il trio come « più simile a un ensemble da camera. Condividiamo un flusso
di energia, anche nel silenzio ». Il modo sottile di suonare di Per Oddvar Johansen
ha precedentemente arricchito registrazioni con Trygve Seim, Christian Wallumrød
ed altri. Christian Meaas Svendsen fa la sua prima apparizione su ECM con Subaqueous
Silence. Il suo basso così espressivo è su "Black Rain" uno dei punti di forza
dell'album.
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Ecco le prossime novità La Buissonne
Vincent Courtois
East
Vincent Courtois: cello
« All'inizio del 2019 mi è venuta un'idea folle: fare un lungo e bellissimo viaggio.
Da molto tempo contemplavo un ponte tra due mondi: la musica che faccio, l'improvvisazione,
quel cosiddetto jazz europeo e la musica classica del novecento. Alcuni amici avevano
aperto la strada e così con il mio violoncello mi sono messo in cammino per attraversare
quel ponte. Mi sono subito imbattuto in una montagna apparentemente invalicabile:
Penderecki! Ho pensato di tornare indietro ed aggirare l'ostacolo. Assolutamente
no! A casa, negli hotel, nei backstage e persino sugli aerei, ho insistito senza
smettere di lavorare e una volta arrivato in cima alla montagna, ho scorto in lontananza
boschi belli, scuri e profondi: Ligeti. Mi sono buttato a capofitto, graffiandomi
il viso e le mani sui rovi, cercando una via sicura. A marzo quando è cominciato
il lockdown improvvisamente ho avuto tutto il tempo del mondo. Ogni mattina, nelle
prime ore, andavo avanti a lavorare. Ho deciso di iniziare a registrare. Questi
sono compositori che desidero suonare - musica che nutrirà la mia anima. Alla fine
ho scoperto un mondo intero, un posto nuovo che amo profondamente, dall'altra parte
di un ponte che spero di non aver finito di attraversare ». Vincent Courtois
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Jeremy Lirola
Mock The Borders
Jeremy Lirola: double bass; Nicolas Larmignat: drums; Denis Guivarc'h: alto saxophone;
Maxime Sanchez: piano, keyboards
« Dopo Uptown Desire con le sue radici newyorkesi, Mock The Borders
ci invita a sfidare i limiti definiti in un mondo governato dal potere. La musica
permette di evolverci liberamente e di superare le frontiere così pesantemente protette
da algoritmi, norme di sicurezza e sanitarie. Ornette Coleman e gli Harmonodie,
ai quali mi sento più legato, mi hanno sempre affascinato per il loro zelo nel trascendere
le norme musicali. Mock The Borders non si basa su un concetto musicale principale,
ma pone al centro l'urgenza e la sensibilità di un mondo dove, come diceva Ornette,
la musica « permette a ciascuno di essere il proprio individuo senza dover imitare
nessun altro ».
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Bill Carrothers & Vincent Courtois
Firebirds
Bill Carrothers: piano; Vincent Courtois: cello; Eric Seva: baritone saxophone
Gérard de Haro, dello studio di registrazione La Buissonne, ha a lungo coltivato
l'idea di riunire due musicisti che aveva spesso accolto e diretto e che avevano
risvegliato in lui un sentimento di « meraviglia » ma che non avevano mai suonato
insieme. Così ha creato l'occasione per l'incontro tra Vincent Courtois e Bill Carrothers
e questo non sarebbe potuto avvenire senza la fiducia che i due musicisti hanno
verso de Haro. « Se l'idea non fosse stata sua, non credo che avrei risposto favorevolmente
» confessa Vincent Courtois. Pochi minuti dopo l'incontro nello Studio La Buissonne,
che era stato meticolosamente preparato per loro, Courtois et Carrothers si lanciano
in un'improvvisazione insieme vivace e malinconica che darà il titolo all'album.
Durante una giornata ricca di emozioni il duo, affiancato dal sassofonista baritono
Eric Sea, alterna composizioni originali a standard jazz come « Deep Night » e «
Isfahan » ed il classico di Joni Mitchell « Circle Game », il tutto incorniciato
da due interpretazioni speculari di « Agua & Vino » del brasiliano Egberto Gismonti.
Il risultato è una « musica di fulgore e ricerca » secondo de Haro. Un intermezzo
sottile e naturale che diventerà senza dubbio una pietra miliare nel rispettiva
discografie di Carrothers e Courtois.
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Marie Cecile Ferre'
Ufficio Stampa ECM e La Buissonne in Italia
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