Come un dolce volo nell'acqua……Ecco cosa potremmo dire di questo bel lavoro
dell'esordiente Marco Piccioni. Del resto mai nome più azzeccato poteva essere
scelto come titolo alla copertina dell'album: Waterflight.
Marco Piccioni, chitarrista trentenne, ancora fresco di studi, ha saputo
catturare l'attenzione di chi scrive attraverso la sua Fender Stratocaster. Un plauso
generale andrebbe fatto anche alla band (Davide Liberti, contrabbasso;
Mattia Barbieri, batteria e percussioni) che ha saputo esaltare questa giovane
promessa del jazz italiano. E' giusto allora spendere due parole per un talentuoso
chitarrista e compositore che si spera in futuro possa avere maggiore visibilità.
Nel 2002 dopo 4 anni di studio e lavoro
tra Boston e New York, Piccioni ritorna nella sua Torino, deciso a voler creare
un progetto personale contaminato da rock, jazz e blues. L'incontro con gli altri
componenti di derivazione jazz, non solo mainstream ma addirittura tendenti
al free, è la molla che crea la giusta chimica musicale. Marco Piccioni
si considera un chitarrista blues-jazz ma sicuramente è un amante della musica
a 360° come dimostra quella voglia di comunicare, anche con lo strumento per antonomasia:
la voce. Buoni i testi così come la timbrica vocale davvero intensa e profonda.
"Lo sconosciuto" pezzo di apertura dell'album
sembra in qualche modo essere la presentazione del gruppo. Davvero notevole l'atmosfera
creata dalle parole. Marco Piccioni esordisce in qualità di cantante tendente
quasi al parlato così da supportare i testi non lasciati al caso in un intreccio
di acqua e aria che si sussegue. More Time,
prima traccia ad impronta blues, ci introduce invece da subito nell'atmosfera creata
dalla musica del diavolo……Ma ampio spazio viene lasciato per i pezzi c.d. solo strumentali:
primo tra tutti Evoc, davvero ipnotico e incline
all'improvvisazione generale. Si crea così quel clima con un'atmosfera tersa che
approda a One Chance. Una possibilità per capire
dove sta la ragione e dove il torto; dov'è andata la nostra mente? Il sassofono
di Porta è un serpente a sonagli e l'ipnosi prosegue, così come prosegue
la continua ricerca di un qualcosa tra acqua e aria come l'inizio di tutto.
L'apertura mentale e il suono caldo di Porta sembra incontrare l'anima blues
di Piccioni anche se armonicamente, il sassofonista, omaggia la tradizione
di Coltrane. Notare l'eccellente accompagnamento alla batteria di Barbieri
in buzz roll. L'armonia si presenta diatomica, ma sempre legata ad un centro
tonale. Nel complesso, lodevole il lavoro di tutti i componenti, capaci di stare
al loro posto senza mai invadere le sonorità della chitarra di Piccioni come
per il sax di Porta, chiamato a dialogare e a creare continuamente il "sound
giusto". L'interplay, per ricalcare le parole dell'autore, è generoso nel supportare
un'intenzione momentanea ma allo stesso tempo protagonista nella spinta di nuove
idee ritmiche, dinamiche e armoniche. E sono forse le dinamiche che caratterizzano
l'intero album. E' altresì evidente come la ricerca comunicativa tra i musicisti
sia stata uno dei cardini di questo progetto. Apprezzerete così lo scorrere di queste
dieci tracce, a cavallo tra blues e jazz moderno con un omaggio al Funky anni 70
nel pezzo Renaissance. Una felice realtà per
il nostro Paese. Auguriamoci di sentirli presto in uno dei club sotto casa. Nel
frattempo a tutti loro, un in bocca al lupo.
Alessandro Gibelli per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 20/05/2007
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