Un fuoco che arde un bosco, tinteggia di rosso tanto acceso quanto aspro,
quest'opera terza del basculante ensemble Yo Miles! Un progetto voluto e
consacrato dal geniale chitarrista Henry Kaiser, sorretto dal flusso creativo
del trombettista – polistrumentista Ishmael Wadada Leo Smith.
Dieci musicisti che intrecciano i loro strumenti riempiendo – o svuotando
– il periodo elettrico del grande Miles, non ancora sufficientemente conosciuto.
Le lineer notes dello stesso Kaiser avvertono di quanta attenzione sia stata dedicata
al suono. Il doppio album è stato realizzato in edizione SACD, compatibile con tutti
i lettori CD, ma che trova la sua giusta realizzazione in quei riproduttori abilitati
alla lettura di questa nuova tecnologia.
Un lavoro doppio, dodici brani di cui dieci di Davis e due (Macero
e Thunder & Lighting)
a firma, rispettivamente, di Kaiser con altri sei componenti del gruppo (un
omaggio al produttore, Teo Macero per l'appunto); il secondo, invece, è scritto
da Leo Smith che ben interpreta la chiave di lettura davisiana.
Un combo ricco di soluzioni alternative: quattro chitarre elettriche:
oltre Kaiser, Chris Muir, Mike Keneally e Dave Creamer,
ospite nella poderosa
Black Satin.
La densità percussiva è assicurata dal drive consistente di Steve Smith e
dal groove ampio e asimmetrico di Michael Mauring al contrabbasso. L'intesità
psichedelica, che porta più al funk che a leziosità sintattiche, è data dalle tastiere
di Tom Coster. La robustezza improvvisativi dei fiati, oltre che da Wadada
Leo Smith, è data dall'alto sax del ribollente Greg Osby e dal tenore
e soprano del corposo John Tchicai che, a settantanni suonati è capace ancora
di pungere e scintillare come pochi.
Un percorso che ha inizio con la lunga e blueseggiante
Go Ahead John, lì dove
la formazione sembra affilare le armi, per poi passare alle sonorità ancestrali
e tribali di On The Corner Jam.
Zakir Hussain, ospite in questo brano, si esalta ed esalta conferendo maggiore
inquietudine alle armonie del brano.
What I Say è profondamente
venata da tensioni ritmiche che ci riconducono al funky più incisivo. La tromba
di Wadada Leo Smith diventa un'affilata lama, capace di piegare in due anche
lo stesso Miles, nell'esecuzione della leggendaria Bitches
Brew che, sicuramente costituisce l'apice di questo lavoro.
Il secondo disco mantiene gli stessi validi livelli strumentali del primo,
seppur evidenzia un certo calo di tensione. La genialità di Leo Smith incontra
gli sferzanti fiati del Rova Sax Quartet per disegnare una versione di
Black Satin ancora più
sincopata e zigzagante. Kaiser è roboante nelle sue incursioni a fil di rock
ed è deciso negli arrangiamenti, dimostrandosi profondo conoscitore del Davis della
metà anni settanta. Miles viveva in uno stato mentale laboratoriale e questo stato
è sapientemente ripreso ed anzi, fagocitato, da Kaiser. Un laboratorio di
suoni, di timbri e di conoscenze che non possono e non devono disperdersi.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia