Si apre con una ballad country (Grandmas Song) il sesto lavoro discografico della affascinante vocalist svedese. E ciò la dice lunga su quanto distante sia questo lavoro dalle sonorità jazz. Ma la moda è moda e la pronipote del grande Leon Tolstoy è molto a la page in qualsivoglia ambiente musicale la si possa tenere.
Undici brani che mutuano dalle tradizioni popolari scandinave così come ammonisce il titolo dell'album. Un lavoro ben delineato di ricerca nella tradizione svedese tinteggiato di pop, soul e con venature jazz.
Un sestetto di discreta levatura l'accompagna in queste sue incursioni,nelle sue avventure musicali che viaggiano di porto in porto. Tant'è che in Mind If I si ascoltano i primi languidi passaggi nel mainstream che, però, lasciano tracce quasi impalpabili. L'intonata voce della
Tolstoy non lascia il segno, scivola via senza ricordi.
D'altra fattura From Above, degna di nota, sicuramente la canzone di spicco dell'intero lavoro. Ben architettata, sorretta da uno schema ritmico e armonico che le dona maggiore lirismo.
Pop sound americano in Dialogue dove a fare da contraltare vocale vi è
Nils Landgren ed il trombone cerca di evocare suoni simili al jazz.
Le armonie popular music emergono anche in You Gave me The Flow che evidenzia anche la particolare predisposizione della vocalist a tali soluzioni meno impegnative.
La tradizione scandinava è ripresa in Den Forsta Gang, brano arrangiato in chiave orchestrale con soffuse sonorità tra il nu-jazz ed il cool.
I brani si succedono con una sufficiente godibilità, seppur per alcuni versi ripetitivi e ricchi di stereotipi mutuati dalle diverse culture musicali. Dannys Dreaming si contraddistingue per un piano solo ben costruito ma con poca fantasia.
Le trame easy listening si affermano ancora in The Morning of you, più funky che altro.
Mayday è una ballad ben costruita grazie anche al lavoro dell'ensemble ma non si colloca adeguatamente la voce della
Tolstoy.
Sicuramente più gradevole I Hope It's Spring for you.
Si chiude con Jag Yet en Dejig Rosa, un dialogo chitarra voce con intromissione della calda voce di
Landgren al trombone.
Un lavoro monocromatico, per certi versi ripetitivo fortunatamente sorretto da una band affiata e tecnicamente valida. La voce della
Tolstoy, soprattutto in alcuni brani, sembra non essere a proprio agio.
Un disco border line? Oppure l'ennesima contaminazione voluta a tutti i costi?
Alceste Ayroldi per Jazzitalia