info@jardis.de
E'
sempre la solita vecchia storia. Durante il concerto, sono tutti impietriti
dalle sue mani. Non perché volino sopra le corde così velocemente che gli occhi
a mala pena le vedono.
Più che altro è per la domanda cui non c'è risposta: come fa un ex pugile a
suonare la chitarra così brillantemente? E per giunta dei pezzi maledettamente
difficili, come quelli di Charlie Parker, per esempio.
Davvero, come? Attenzione, bisogna capire questo prima: non ha neanche
semplificato le proprie composizioni.
Lorenzo Petrocca, nato nel
1964
nel profondo sud dell'Italia, non
ha mai cercato la strada più semplice. Perché dovrebbe, se ce n'è una
complicata. E' un uomo affabile. Con occhi brillanti e acuti che non gli
impediscono di raccontarti dietro le quinte delle barzellette. Si muove con
precisione e rapidamente, gli piace ridere tanto quanto mangiare,
preferibilmente piatti italiani, cucinati dalla Mamma, naturalmente. E
Charlie Parker, allora cosa c'entra?
Bird è l'uomo che ha fatto iniziare tutta la faccenda. Sono i primi anni
'80.
Lorenzo ha appeso i suoi guantoni da pugile con riluttanza. Semplicemente,
passare il tempo al dance&diner italiano di Degerloch presso Stoccarda non fa
per lui. Prende a prestito una chitarra e dopo solo un paio di settimane suona "La
Paloma" e "O Sole mio" come un esperto.Come se non avesse mai fatto
nient'altro, con grande sorpresa dei familiari.
Lorenzo
diventa bravo e veloce. Qualche americano della base Nato lì vicino lo sente e
lo invita a suonare presso di loro. Al club della base, il soul è all'ordine del
giorno. Il ritmo è più veloce. Quindi, una sera dopo l'esibizione, un americano
patito di musica gli passa un disco. "Ascoltalo". "Sì, sure."
Il giorno dopo, Lorenzo è ancora lì a pendere dal disco. Lo ha ascoltato.
20, 30 volte. Di nuovo e ancora. E' Bird – e Lorenzo si è capovolto. Lo
ascolta, dice, e non può credere a quello che sente. "Steeplechase",
per esempio. Quell'uomo deve avere concepito quella corsa ad ostacoli con una
buona dose di dio-sa-che-cosa nel cervello, non c'è altra maniera di
scrivere quella roba. E come si fa a suonare quelle linee melodiche così
temerarie una tonalità sopra le più lontane note degli accordi?
Con l'esperienza, ma anche con qualcos'altro. Ma non senza swing. Senza
swing, una piastrella non fa un buon pavimento. Un panettiere non fa buon pane.
I neri hanno più swing dei bianchi, dicono gli uomini della base NATO. E –
conoscete un solo russo che ha swing?
Ma
gli italiani, sì. Lorenzo non vede che Parker. Divora la sua musica e tutto
quello che lo riguarda. Apre gli orizzonti, scopre collegamenti. Il Blues, e il
Bebop, da Klook a Dizzy. Da Monk a Pettiford,
Powell, Roach, Hawk, Wilson, Carter,
Christian, Eldridge. E ogni volta ritorna con la mente al punto
centrale d'incontro, il Minton's Playhouse, quel foyer al Cecil's Hotel
nella 118esima Street West, proprio in centro ad Harlem.Quando finalmente compie
là il suo pellegrinaggio, il posto ha da tempo chiuso i battenti e il Cecil's
Hotel è solo un rifugio per i senzatetto, dove il jazz non esiste più.
Il
bebop, però è vivo e vegeto là dove le tradizioni sono ben mantenute. Lorenzo vi
si dedica con tutto il cuore, e subito un altro gli fa compagnia – suo fratello
Davide. Suona il basso. Lorenzo lo contagia con il suo amore, ma questa è
un'altra storia.
In poco meno di dieci anni, il piccolo italiano è diventato un grande
musicista. Un chitarrista che non rinuncerà mai al Bebop, ma neanche alle sue
radici. Insieme a "Steeplechase"
ha anche imparato a suonare "Billie's
Bounce" e tutto il
resto di Bird. Quando lo fa. Ma suona anche Antonio Carlos Jobim,
Billy Reid, Cole Porter, Dizzy Gillespie, Thelonious Monk
e Lorenzo Petrocca. E' un chitarrista di cui si dice che non c'è
praticamente nulla che non sappia suonare. Si può facilmente avere quest'impressione.
Lavora
con Benny Bailey e Anne Sophie Mutter. Accompagna Caterina
Zapponi e Al Martino. Dice la sua con Herb Ellis e corre con
Tony Scott. Martin Drew, il batterista più meticoloso di Oscar
Peterson, lo ha introdotto nel club dell'élite del jazz europeo. Monty
Alexander, che suonò al Minton's Playhouse, lo ha portato in studio di
registrazione.
La storia sarebbe finita così, se non ci fosse uno sviluppo. Ad un
festival, Lorenzo ascolta il trio dell'organista Dr.Lonnie Smith. E
capisce subito che vuole lavorare anche lui così, magari non per sempre, ma di
tanto in tanto. I colleghi scelti sono di prima scelta:
Alberto Marsico, mago della
prima ora del B3, e Armin Fischer, batterista, che basa il suo ritmo saltellante
sul basso di Marsico. Su questo sfondo impeccabile, Lorenzo Petrocca può far
volare le sue mani finchè l'audience si dissolve in un coro di "Ahh" e "Ohh". Ed
era un pugile?
Così il titolo di campione del Wurttemberg fa parte del passato. Oggi,
Lorenzo Petrocca è un campione della chitarra. Il suo Blues sa essere più intenso di
altri, i suoi caldi passaggi respirano la lunga storia del jazz. E' un musicista
la cui virtù principale sta nel suo rispetto per il passato. Agisce su quello
che sa.
Il resto viene automaticamente.
Woomy Schmidt
(traduzione di
Annamaria Costalonga)
Photos are about
Lorenzo Petrocca Trio on March 31, 2001
©
Marcel Hasübert
Invia un commento
Questa pagina è stata visitata 8.383 volte
Data pubblicazione: 25/01/2002
|
|