Jazzitalia - Recensioni - Ibrido Hot X: D'un dolcissimo incanto al bel godere
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Ibrido Hot X
D'un dolcissimo incanto al bel godere



Tweedle Music (2014)

1. Flussi temporali (Apuzzo)
2. D'un dolcissimo sonno al bel godere (Capomolla)
3. Raggiri (Amendola)
4. 7 incontri (Capomolla)
5. Ninna per Nina (Taddei)
6. La schiuma dei giorni (Lalla)

Antonio Apuzzo - sax alto e tenore, clarinetto e clarinetto basso
Francesco Frattini - tromba
Pino Capomolla - flauto
Andrea Amendola - viola
Sandro Lalla - Gianluca Taddei – contrabbasso
Luca Bloise - marimba e percussioni


Quarto album di studio di Ibrido Hot X, collettivo romano con il debole per le contaminazioni sonore e stilistiche, che lascia da parte il solco della tradizione di Ornette Coleman per dedicarsi a un'avventura che unisce un jazz dal sapore contemporaneo alla tradizione colta della musica da camera, in particolare quella del Settecento che guarda all'Arcadia, agli idilli di Vivaldi, all'Autunno del quale è liberamente ispirata D'un dolcissimo sonno al bel godere, brano eponimo dell'album, che affascina sin dalla lettura dei titoli dei singoli brani, sottilmente poetici, che rimandano all'idea di mistero, di erotismo celato, di nostalgia del tempo che scorre, di affetti profondi.

Flussi temporali, si apre con i fiati e la viola distorti, a catturare la suggestione di un suono primitivo, tribale, quasi l'origine stessa della musica colta nel suo caos sonoro primigenio, dopo di che il brano si stempera nella dolcezza della marimba e del clarinetto, passando successivamente a un dinamico swing, con l'apparizione delle vivaci percussioni e degli altri fiati, in particolare del sax, con la tromba che regala brevi svolazzi spagnoleggianti. Una suite interessante e audace, che unisce segmenti sonori fra loro molto diversi, una sorta di metafora del correre e del ricorrere delle epoche storiche, sia musicali sia umane. D'un dolcissimo sonno al bel godere è un interessante esperimento di jazz lirico, incastonato sugli idilli di Vivaldi, dove un clarinetto audace sugli acuti, è accompagnato da una delicata marimba, in duo con il contrabbasso. Atmosfere non convenzionali, all'evidente ricerca di un "altrove" sonoro e concettuale, che diviene anche spazio della memoria.

L'intero album è costruito su incontri/scontri fra gli strumenti, rallentamenti, arresti improvvisi, riprese di tono, accenti ritmici. Esplosiva e sorprendente, la chiusura con La schiuma dei giorni, un titolo che ricorda concettualmente quello del brano d'apertura, e che ne prosegue anche l'atmosfera sonora, accentuando il carattere "tribale" con una decisa virata verso la black music e il jazz manouche, dopo uno struggente inizio classico con il lungo a solo del contrabbasso (ispirato a Bach), che lascia poi spazio alle percussioni e al clarinetto. Percussioni molto vivaci, tipicamente africane, affiancate però da un clarinetto intenso e sognante, supportato anche dagli altri fiati. Un brano che scorre lento come certi giorni d'estate, a che poi si scoprono irrimediabilmente e poeticamente lontani, con il loro carico di nostalgie e ricordi.

Un album che ha il respiro e l'atmosfera di una suite strumentale, capace di svelare sentieri musicali nascosti, nella penombra di un bosco d'Arcadia come per i vicoli più scuri del Greenwich Village; strumenti classici spinti anche fino al limite della distorsione, una sonorità contemporanea di sapore sperimentale, alternata a passaggi di gusto decisamente più classico, sottolineati dal sax e dal clarinetto. Si dipingono atmosfere rarefatte, dai colori scuri e appena inquietanti di una tela preraffaellita, accentuati dalla marimba di Bloise che ha la delicatezza di un'arpa, con un suono liquido e caldo.

Un album decisamente non convenzionale, che può fare la felicità di quel pubblico dell'avanguardia classica, e che appena sotto la patina della tradizione, lascia intendere il palpito vivace di questo giovane collettivo in continua evoluzione.

Niccolò Lucarelli per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 24/07/2016

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