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LEZIONI
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Evoluzione sociologica della Musica Jazz:
Jazz tra ballo e subculture giovanili
di Lavinia Caterina Bianca Testi
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Il ballo è quel fenomeno sociale, quel "sogno e bisogno" che a partire dalla Rivoluzione
francese e dal tramonto del Minuetto [1]
diventa fenomeno di massa e momento di democrazia, coinvolgendo in un unico abbraccio
abbienti e umili, personaggi blasonati e borghesi, capitani d'industria e operai,
dando origine a mode universali e a polemiche furiose, a condanne e moralismi, a
divertimenti e brividi d'amore. Ed ecco che i balli riempiono il lungo papiro di
una storia che è la nostra storia: il Valzer degli Strauss si associa al
fasto dell'Europa imperiale; la Polka e la Mazurka ai lunghi abiti
delle nonne; il Tango a Rodolfo Valentino e alle immagini di una sensualità scandalizzatrice;
il Fox-Trot ai capelli impomatati e alle punte fruscianti del frac; il
Charleston ai gangsters, al proibizionismo e alle prime gonne corte;
il Tip-tap alla raffinatezza di Fred Astaire e Ginger Rogers; il Boogie-woogie
alla fine della seconda guerra mondiale e alla "scoperta dell'America"; il Rock
and Roll alle brillantine di Elvis Presley e di una rivoluzione che continua;
poi il Twist, il Surf, lo Shake dei Beatles, al sessantotto
e alle minigonne…
Non sappiamo esattamente come e perché, agli inizi del Novecento, si sviluppò la
moda della danza da s ala da ballo, sebbene si possa rintracciare una qualche orma
nei suoi aspetti più commerciali e reclamistici: la prima "maratona della danza
"nel 1910, la moda dei "thè danzanti "alla vigilia della prima guerra mondiale,
le piccole sale da ballo nei sobborghi americani che, con modici prezzi, riuscivano
ad incassare duemilacinquecento dollari alla settimana e altro ancora.
Tra i balli che interessano il ventesimo secolo, il Tango argentino è sicuramente
il primo a giungere dal continente americano, ma lo si può quasi considerare europeo
tanto è ricco di componenti latine. Sarà con la tratta degli schiavi che si verificherà
il fenomeno del sincretismo: l'innesto delle nuove usanze sulle vecchie e il confondersi
di entrambe, col permanere di determinate tradizioni, culti religiosi e riti. Le
danze favorite dagli schiavi erano le Calinde e la danza Bamboula,
basata sulle danze primitive della giungla africana, ma con importanti prestiti
dalle contro-dances francesi. La mescolanza tra melodie africane e musica
da ballo europea permettono, come già sappiamo, la nascita del jazz che, con la
musica da ballo farà un lungo cammino. Le nuove danze si rifanno a quelle europee,
ma le innervano di ritmo e di nuovo sapore. Così è per il cake-walk, che
nasce a cavallo del secolo, nel periodo in cui i neri non sono più schiavi. Tuttavia
questi non possono ancora entrare nelle sale da ballo dei bianchi: organizzano i
loro ballroom [2] all' aperto,
vicino alle loro case, nei ghetti. Il cake-walk non è né bello, né aggraziato
(almeno secondo i tradizionali canoni vigenti all'epoca) ma è proprio il primo germoglio
di una lunga fioritura di danze dal ritmo cadenzato e principio ispiratore di tutta
la musica ballabile che sarà creata da allora in poi, fino ai giorni nostri. Prima
fra tutte il fox-trot (che introduce nel ballo la voga di nomi animali)che
si rifà al one-step e two-step, balli che somigliano al paso-doble
spagnolo. Attorno al fox-trot si muove una galassia di balli ispirati agli
animali: lo Shimmy, ovvero il Turkey-trot: trotto del tacchino; il
Chikenwheel, o ruota della gallina; il Grizly-ber, o orso grigio...con
lo Shimmy siamo arrivati agli anni Venti, a quelli che passeranno alla storia
come i "Roaring twenties". Sono anni ruggenti per tutti: la guerra è finita
e c'è in giro voglia di divertirsi. E quale ballo è più scatenato e divertente del
Charleston? Ballo "mitico", poiché non c'è film negli anni venti degli Stati
Uniti, sui gangster, sul proibizionismo, che non abbia come sfondo il
Charleston, questa musica che già odora di "swing" ma è marcata dal suono di
un nuovo strumento annesso alla grancassa, costituito da due piatti di metallo posti
l' uno sull'altro e che un pedale fa battere insieme. Questo ballo si dice sia arrivato
dalla Carolina del Sud e dal suo porto, dove i movimenti degli scaricatori di pelle
nera avrebbero fornito la prima ossatura del ballo.
Centro di irradiazione del Charleston è Chicago, dove in quegli anni sono
emigrati la maggior parte dei jazzisti neri di New Orleans e dove la delinquenza
bianca la fa da padrona. L'altro polo di diffusione è ovviamente New York e quindi
Harlem, il Cotton Club, il Savoy Ballroom, Il Peseo,
dove i neri suonano Dixieland e diventano maestri di ballo.
Harlem soprattutto, con i suoi locali ed i suoi artisti era già di moda presso la
high society bianca. I balli di quegli anni liberarono una gestualità inedita,
una sensualità latente e venero adottati dai giovani come segno del loro anticonformismo.
Non tutti hanno una fisionomia precisa e vengono chiamati col termine " Jitterbug"
che da solo, significando nervi, nevrastenia, dice molto sul clima di quelle sale
da ballo in quegli anni. Di questo gruppo fa parte il Lindy- hop, nato al
Savoy Ballroom il 21 maggio del 1927, grazie alla fantasia del ballerino
Shorty Snowden: è la notte nella quale Charles Lindbergh arriva a Parigi col suo
piccolo aereo Spirit Of St.Louis, dopo aver trasvolato (primo nella storia!)
l'Atlantico in trentatré ore e mezzo. La leggenda vuole che in occasione di una
maratona di ballo, durante le celebrazioni della trasvolata (balzo, salto…hop) di
Charles Lindbergh (detto Lindy) e dopo aver eseguito uno dei suoi passi secondo
uno stile già in voga in alcune sale da ballo di Harlem, Shorty disse che stava
facendo il "Lindy".
Il Lindy-Hop fece in fretta ad uscire da Harlem e ad essere adottato
dai danzatori di tutta America. Negli anni Venti, il pubblico era stimolato dai
ballerini professionisti che usavano esibirsi sulle note delle più importanti orchestre
Swing. Questo ballo era sicuramente lontano dall' idea di ballo come seduzione,
abbraccio romantico, occasione di avvicinamento e scoperta sessuale: era invece
dinamica energia. I ragazzi si lanciavano in passi acrobatici e movimenti coreografici
permettendo di porre entrambi i partner allo stesso livello, favorendo la libertà
improvvisativa e instaurando nella coppia un movimento liberatorio. L'agilità richiesta
in pista favorì anche un abbigliamento meno formale, più casual e comodo,
dalle camice aperte dei ragazzi alle gonne corte delle ragazze, che non escludevano
comunque ammiccamenti sessuali.
I ballerini di Lindy riescono a diventare un vero e proprio fenomeno culturale-sociale
che è in qualche modo riuscito a superare le separazioni e le discriminazioni dell'epoca
(così sarà fino alla seconda guerra mondiale, dove verrà spazzato via dal boogie-woogie
e dal rock and roll). Non a caso la ballroom dove il Lindy ballo nacque,
era una delle poche senza segregazione, dove si poteva ballare insieme, seppur appartenendo
a gruppi diversi, permettendo al suddetto ballo di mettere radici ed evolversi.
Fu così che tra gli anni Trenta e Quaranta, bianchi e neri insieme ballavano la
stessa danza (la qual cosa era vista da alcuni come l'ennesima appropriazione culturale
da parte dei bianchi della cultura espressiva dei neri).
Inutile dire che le critiche a questi nuovi tipi di ballo, naturalmente non mancarono:
conservatori e moralisti vi identificarono, la stessa volgarità, impudicizia, degenerazione
che attribuivano alla musica Jazz. Un allarme venato di terrorismo venne ad esempio,
dalle pubblicazioni religiose le quali, dopo aver "dimostrato" l'assoluta amoralità
del ballo, si affidarono alla medicina come ultima spiaggia: il ballo è antigenico,
può causare vertigini, nausee, creare debolezza muscolare e chi più ne ha più ne
metta. Basti pensare che alcuni addirittura sostennero che, poiché questi balli
(Charleston, Shag, Balboa, Lindy hop…) si "sviluppano" su tempi sincopati,
potessero provocare delle disfunzioni "cerebrali", poiché il tempo su cui ci si
doveva muovere era innaturale!
Tali critiche riflettono naturalmente un permanere, in alcuni ambiti della società
americana, di pregiudizi e chiusura di fronte a questa musica ancora nuova e innovativa
e a tutto ciò di cui essa è stata promotrice.
Nel contempo è impensabile che con la nascita di questa nuova corrente, musicale,
culturale e sociale non si sviluppino anche delle nuove subculture giovanili, legate
alla musica come al ballo, che esprimono i linguaggi e le tendenze giovanili, ma
anche la frammentarietà, l'incertezza e la crescente crisi dei punti di riferimento
che caratterizzavano la società contemporanea.
L'America si risveglia dalla Grande Guerra con un atteggiamento ambiguo. Da un parte
propone divertimento e benessere come svago per dimenticare il periodo buio e opprimente
appena passato, dall'altro si scopre puritana e proibizionista, cercando di bloccare
il decadimento del consumo. I "Roaring twenties", vedono una popolazione
ricca e benestante organizzare lussuosi parties all'insegna della sfrenatezza
e del divertimento e dall'altra grandi organizzazioni malavitose vendere alcolici
illegalmente guadagnando soldi a palate. La guerra mette in crisi la fiducia nel
futuro e nel capitalismo liberale dell'America che l'avevano reso il paese dove
realizzare un sogno. Sperare in un benessere che coinvolga tutti è assurdo e la
ribellione a questa forzata disillusione si esplica in un forzato divertimento.
In questo periodo la donna comincia il suo cammino di emancipazione e sono proprio
gli anni Venti a veder nascere le flapper jane o jazz babies, ragazze dai
capelli e dai vestiti corti, truccate, libere, spregiudicate e frenetiche che adottano
la nuova musica come parte del loro stile di vita e ballano tutti i ritmi che dai
quartieri malfamati si spandevano a macchia d'olio sull'America intera. Questa nuova
generazione nasce all'incirca dopo la prima guerra mondiale, in seguito all'accelerazione
nello sviluppo dei movimenti femminili. Le donne diventano impegnate politicamente
e attive in tutti i campi: le flapper rappresentano la "nuova donna liberata".
Non tutti però sono di quest'avviso e per alcuni, queste ragazze che si dimenano
a suon di Jazz, bevono, fumano e si vestono in maniera provocante sono un triste
simbolo di decadenza.
Un'altra subcultura che si svilupperà più avanti è quella degli Hipster,
la cui divisa è lo zoot suit [3],
popolare tra i maschi neri delle grandi città del nord come Ney York, Chicago, Boston,
messicani-americani a Los Angeles e tra i bianchi proletari che si atteggiavano
a "sciccosi". Questa subcultura, nata nei primi anni Quaranta, è tipica dei giovani
seguaci dello Swing e del bebop soprattutto, riconoscibili dal loro stile
all'avanguardia nel vestire, dalla disinibizione sessuale e dalla propensione all'uso
della droga. Lo stesso Cab Calloway [4]
pubblicò nel 1939 l' "Hepster Dictionary" nel quale definisce gli hep
cat (Hipster) come " ragazzi che conoscono tutte le risposte e si intendono
di Jive". Con l'inizio degli anni Quaranta giovani ragazzi bianchi dalle
lunghe giacche a spalle molto larghe e pantaloni a vita altissima, iniziarono ad
interessarsi alla scena del jazz più underground, allontanandosi dal mainstream
bianco con la sua segregazione razziale e il rigoroso moralismo sessuale, venendo
descritti da alcuni come esistenzialisti americani, "annientati dalla guerra atomica
e strangolati dal conformismo sociale".
Allontanandosi man mano dall'Era Swing e avvicinandosi sempre più a quella del
bebop, i pionieri del genere si concepiscono come artisti seri, emancipati,
intellettuali con opinioni politiche e culturali che riflettono il loro modo di
pensare anche qui, nel modo vestire: scuri occhiali cerchiati, berretti firmati
e abiti gessati; un modo di vestire fresco e sicuro di sé, "subculturale", fuori
dagli schemi e scevro da qualsiasi imposizione della società.
Questo si sarebbe tramutato negli anni Cinquanta nello stile Beat, adottato
da Bohèmien [5], scrittori e
intellettuali (Jack Keruac, Paul Withman e Jackson Pollock).
Beat come battito, come ritmo, protesta, il tutto condito da allucinogeni
e alcool. I Beats vennero riconosciuti come un nuovo movimento estetico che
esaltava i temi della riscoperta della libertà individuale attraverso l'istinto,
l'occasionalità, il misticismo orientale, l'uso della droga e fissando un canone
poetico in cui il discorso manifesta un rapporto viscerale con il linguaggio. Anche
questo movimento artistico, politico, letterario e musicale è basato, inutile dirlo,
su forti valori anticonformisti ed ideato sostanzialmente sul contrasto generazionale
tra giovani anarchici e borghesi da un'educazione ferrea. La generazione Beat
darà vita al fenomeno sociale degli Hippy, alle proteste dei '60 (del
'68 in particolare), ai vari movimenti pacifisti, antimilitaristi e antinazionalisti
e all'emancipazione del mondo afroamericano che si sarebbe espresso nel free
jazz.
La "generazione perduta" di Hemingway e Fitzgerald, contraddittoria, spesso descritta
come borghese e alienata e definita da Allen Ginsberg nel suo poema "Howl":
" stanca, amara, insicura, dolorosamente consapevole delle storture e delle ingiustizie
del mondo in cui è costretta a vivere", si è così trasformata nel secondo dopoguerra
in una generazione, libera, consapevole della società e delle sue costrizioni.
[1] Danza popolare francese del XVII sec accolta in seguito
dalla società aristocratica.
[2] Larga sala all'interno di un edificio, costruita appositamente per ospitarvi
serate danzanti.
[3] Lo zoot suit comprendeva pantaloni stretti alla caviglia e molto larghi ai ginocchi;
giacca con ampie spalline imbottite e vita stretta che arrivava alle cosce; il cappello
a tese dritte (porkpie) e una lunga catenina portachiavi.
[4] Musicista, cantante e attore statunitense di spicco nella scena musicale jazz.
[5] Si riferisce al movimento culturale i cui membri, tendenzialmente giovani artisti,
nell'attesa della notorietà, conducono una vita povera e disordinata, ma al contempo
libera e anticonformista.
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Data ultima modifica: 21/01/2018
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