"Ciao, vorrei chiederti per favore, per iniziare a suonare il pianoforte quale
di quelle tastiere mi consigli, e libri da consultare!"
Prendo
spunto da questa domanda seguita al mio precedente articolo per proseguire l'analisi
della tecnica del sintetizzatore.
Ripeto quello che avevo già scritto precedentemente: "La quasi totalità
dei sintetizzatori utilizza la tastiera tipo pianoforte come interfaccia per accedere
al relativo generatore sonoro per cui, almeno per il momento, ci dedicheremo alla
tecnica da questo punto di vista. E' evidente che non è questa la sede per approfondire
il tema della tecnica pianistica!".
Premesso
questo, potrei rispondere, come risponderebbe qualsiasi insegnante di pianoforte,
che se si vuole "suonare il pianoforte" occorre un pianoforte (nel senso
di un piano acustico).
Io personalmente non la penso esattamente così, nel senso che, purchè
si parli di una tastiera 88 tasti "pesata", non vedrei niente di male nell'utilizzare
un piano digitale.
Potrà
suonare blasfemo per qualche purista ma molto spesso trovo più gradevole suonare
un buon piano digitale che un qualche piano verticale in non perfette condizioni
di tastiera e d'accordatura. E poi ci sono quelle comodità alle quali sono ormai
abituato e alle quali rinuncerei malvolentieri, come per esempio la possibilità
di suonare in cuffia a qualsiasi ora del giorno e della notte e la possibilità di
collegare lo strumento ad un computer per registrare etc.
In
effetti negli ultimi anni alcuni produttori hanno cercato di combinare le caratteristiche
dello strumento acustico e di quello digitale. Il famoso Robert Moog (uno
dei pionieri della musica elettronica) ha recentemente presentato il cosiddetto
PIANOBAR, un congegno che consente di "midizzare qualsiasi pianoforte acustico,
per il quale rimando all'ottima recensione di Enrico Cosimi (click).
Altri produttori, come Yamaha, hanno pensato a strumenti ibridi come quelli delle
linee Silentª e Disklavier (click).
Con questo credo di aver risposto alla domanda iniziale (per lo meno per
la parte riguardante la tastiera, per la letteratura sul pianoforte la scelta e'
immensa e questa non e' la sede per approfondire l'argomento), ma immaginiamo che
la domanda fosse stata: "per iniziare a suonare il sintetizzatore quale di quelle
tastiere mi consigli?".
In
questo caso l'approccio consigliato sarebbe sempre quello di cominciare con una
tastiera pesata che didatticamente e' insostituibile e, in un secondo tempo, eventualmente,
affiancarla con altre non pesate (il percorso è simile a quello che gli insegnanti
di chitarra suggeriscono ai principianti: si inizia con la classica e poi...)
Una volta che una tecnica pianistica di base sia stata assimilata ci si può
dedicare a quella specifica degli strumenti elettronici a tastiera.
Nel
precedente articolo ho già elencato quali controlli ausiliari possono rendere la
tecnica del sintetista diversa da quella del pianista.
Partiamo dal pitch bend che è probabilmente il controllo ausiliario che richiede
la maggior abilità. Un uso appropriato del pitch bend si basa sulla capacità di
modificare l'intonazione in modo accurato, musicalmente appropriato e a tempo e
ciò richiede l'essere in grado di percepire microvariazioni d'intonazione e l'abilità
manuale nel controllarlo.
Per quanto riguarda la capacità di percepire microvariazioni d'intonazione
la strada da seguire per diventarne capaci è quella "classica" del dettato
musicale e del solfeggio cantato. Ci si può allenare sia in gruppo che da soli ed
in questo caso la tecnologia mette a disposizione programmi educativi per lo sviluppo
dell'orecchio che possono risultare utilissimi (basta avere la costanza di allenarsi
regolarmente).
A queste tecniche consolidate se ne possono affiancare altre come:
-
trascrivere esempi musicali interessanti
- cantare una melodia senza accompagnamento controllando spesso l'intonazione
alla tastiera, cercando di eliminare le differenze d'intonazione
- improvvisare una melodia cantando le note mentre le si suona
- imitare con la voce una linea melodica che includa pitch bending
mentre la si ascolta su CD (il blues è molto indicato per questo)
- ascoltare musica che faccia largo uso di pitch bending come i "raga"
indiani o cantanti jazz come Sarah Vaughan.
Passiamo alla tecnica manuale che richiede accurati gesti nel controllare
il pitch bend e coordinazione con la mano che suona le note. L'azione delle
dita può variare a seconda della forma del controllo ausiliario: tipo ruota, joystick
o nastro (ribbon). Le possibilità d'intervento sul controllo in tempo reale
sull'altezza di una nota non si esauriscono qui: si può controllare il pitch bend
con la pressione sul tasto (aftertouch), con un pedale d'espressione, con
controlli a cursore o con breath controller.
L'estensione più comune del pitch bend è +/- due semitoni e la massima è
solitamente +/- dodici semitoni, ovviamente più ampia è l'estensione maggiore è
la difficoltà nell'ottenere effetti "intonati".
In generale ci sono più modi per eseguire uno stesso effetto di pitch bend:
per ottenere un effetto crescente si può sia suonare la nota di partenza con il
controller in posizione di riposo e successivamente muoverlo verso l'alto per arrivare
alla nota d'arrivo oppure suonare la nota d'arrivo col controller spostato verso
il basso, nella posizione che la fa suonare come la nota di partenza, per poi spingerlo
verso l'alto fino alla posizione di riposo e ottenere così il suono della nota d'arrivo
(per un effetto calante si può sia suonare la nota di partenza con il controller
in posizione di riposo e successivamente muoverlo verso il basso per arrivare alla
nota d'arrivo oppure suonare la nota d'arrivo col controller spostato verso l'alto,
nella posizione che la fa suonare come la nota di partenza, per poi spingerlo verso
il basso fino alla posizione di riposo e ottenere così il suono della nota d'arrivo).
In entrambi i casi, delle due note (quella di partenza e quella d'arrivo) solo una
viene suonata dalla tastiera mentre all'altra si arriva grazie al movimento del
pitch bend come vedremo negli esercizi seguenti che chiariranno il concetto.
In questo primo esercizio si suona una scala maggiore (ma qualsiasi scala
andrebbe ugualmente bene). Scegliete un suono con un attacco veloce a durata costante
(tipo sax). Partite con un tempo molto lento ma rispettatelo e successivamente provate
ad aumentarlo. Si suona ogni nota col pitch bend in posizione di riposo e immediatamente
dopo (mentre si tiene la nota premuta) lo si muove verso l'alto fino a raggiungere
il grado successivo della scala per poi lasciarlo tornare alla posizione di riposo
immediatamente prima di suonare la nota seguente.
Se l'estensione del pitch bend è di +/- due semitoni l'esercizio è facile
e l'unica difficoltà si incontra quando l'intervallo della scala è di un semitono,
nel qual caso bisogna cercare di rimanere intonati e qui, oltre all'abilita' manuale
e' necessario ascoltare attentamente.
Se l'estensione del pitch bend è maggiore di +/- due semitoni lo stesso esercizio
si complica esponenzialmente. Provare per credere!
Questo esercizio è come il precedente solo che il movimento del pitch
bend è verso il basso: si suona ogni nota col pitch bend in posizione di riposo
e immediatamente dopo (mentre si tiene la nota premuta) lo si muove verso il basso
fino a raggiungere il grado precedente della scala per poi lasciarlo tornare alla
posizione di riposo immediatamente prima di suonare la nota seguente. Le considerazioni
sulla facilita' o meno dell'esercizio sono le stesse esposte per l'esercizio precedente.
Questo esempio chiarisce l'idea che lo stesso effetto sonoro può essere
ottenuto in più modi: si può partire con il pitch bend in posizione di riposo e
muoversi verso l'alto (es.1) o verso il basso (es.3) per raggiungere la nota d'arrivo,
oppure partire col pitch bend in posizione calante (es.2) o crescente (es.4) per
arrivare alla nota d'arrivo spostando il pitch bend in posizione di riposo.
Per esercitarsi prendete una qualsiasi melodia, individuate gli intervalli
di un tono e provate ad eseguirli nei due modi descritti.
Qui la faccenda si complica assai perchè ne' la nota di partenza ne' quella
d'arrivo corrisponde alla posizione di riposo o di fine corsa del pitch bend. La
domanda che sorge spontanea è: perchè devo complicarmi la vita con questa strampalata
tecnica di pitch bend? La risposta potrebbe essere: è un modo di esplorare delle
sonorità altrimenti difficili da scoprire: pensate, per esempio, all'eventualità
di dover simulare un basso fretless.
Qui si entra nel campo esoterico! Con una estensione di +/- 4 semitoni
per un totale di 8 semitoni di escursione, intonare due note interne a questo intervallo
e' molto difficile: cantate prima l'intervallo da ottenere e cercate di replicarlo
col movimento del pitch bend. Ripetete lo stesso segmento più volte prima di passare
a quello successivo. E' sicuramente un buon esercizio per l'orecchio. Provate a
registrare su un sequencer l'intervallo da ottenere e mentre ascoltate la traccia
che suona (in loop) replicatela "dal vivo" in modo da avere un punto di riferimento
sonoro.
Questo è un esercizio di ginnastica per abituarsi a sincronizzare il lavoro
delle due mani. Il pitch bend compie un movimento contrario a quello sulla tastiera:
se la nota sale il pitch bend scende e viceversa.
Provate lentamente e poi accelerate.
Con questo esercizio si chiude questa puntata del "Sintetista Virtuoso".
Spero di essere stato chiaro e di aver stimolato l'interesse per le capacità
espressive dei vostri strumenti musicali elettronici.
A presto e come al solito i commenti e i suggerimenti sono benvenuti:-)
Inserisci un commento
© 2003, 2004 - Jazzitalia.net
- Carlo Serafini - Tutti i diritti riservati
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
COMMENTI | Inserito il 5/3/2008 alle 12.45.23 da "maurogiu" Commento: Salve, sono un pianista diplomato al conservatorio. Ho studiato per lunghi anni su un pianoforte acustico Yamaha, ma adesso sento il bisogno di 'approdare a nuove realtà ed effetti timbrici' che solo un buon pianoforte digitale può offrire. Sono anche un compositore e mi piace fare pianobar. Di conseguenza sto pensando adesso di comprare - se esiste - un buon pianoforte digitale, 'leggero', che abbia in sé anche dei ritmi musicali per potere fare il pianobar. Qualora non esista con queste caratteristiche, dovrò considerare l'ipotesi - piuttosto scomoda - di acquistae una tastiera da pianobar e un pianoforte digitale. Potrebbe darmi qualche suggerimento utile sull'acquisto? GRAZIE! | | Inserito il 1/9/2008 alle 13.41.22 da "lucafri" Commento: Complimenti per le lezioni, sono state segnalate da un utente sul forum che coordino (www.xelenio.com)...
A presto! LeE | |
Questa pagina è stata visitata 35.394 volte
Data pubblicazione: 28/02/2004
|
|