Nella musica cubana possiamo distinguere due radici fondamentali: quelle che arrivano da manifestazioni musicali di origine ispanica e quelle provenienti da determinate regioni dell'Africa. Ambedue sono la conseguenza del fenomeno di popolamento che ebbe luogo nel Nuovo Mondo, i cui apporti originari si svilupparono in queste
«nuove» terre sulle basi offerte dallo sviluppo economico, sociale e politico, così come esso si realizzò storicamente in America. Il sistema di colonizzazione seguito dalla Spagna, la politica adottata per le suddivisioni delle terre e degli uomini che le abitavano, l'impiego degli schiavi nel lavoro, le modalità di sviluppo economico che impose e le condizioni che implicavano gli stadi di sviluppo culturale degli abitanti del Nuovo Mondo, nonché le possibilità che offrivano o limitavano le risorse naturali, costituirono la base materiale che forgiò le condizioni oggettive da tenere presenti nella valutazione della storia della musica nel continente e, nel nostro caso, nell'isola in questione.
A Cuba, la musica più direttamente determinata dai precedenti ispanici è rimasta nel canto del contadino, il guajiro, più precisamente in ciò che si conosce come
punto, espressione musicale molto semplice, di cui è ormai impossibile stabilire le prime manifestazioni. Oggi possiamo supporre che già nel XVIII secolo esistesse un canto del contadino già differenziato e caratteristico da essere menzionato da alcuni cronisti, nel 1836, come già esistente e derivante da un altro tipo di canzone, anch'essa contadina, conosciuta come
¡Ay! o ¡Ey!, per via delle esclamazioni con cui iniziavano i canti. Comunque è proprio nel XVIII secolo che avvengono i cambiamenti nell'organizzazione economica e politica che porterà ad una stabilizzazione agricola e culturale. Tali cambiamenti produssero un aumento costante della popolazione rurale, la quale, date le limitazioni imposte dal sistema coloniale, si concentrava, nelle zone isolate, in villaggi e gruppi di case che dipendevano da altri agglomerati di popolazione che dominavano i nuovi insediamenti agricoli sviluppatisi in questo secolo.
In principio l'economia di Cuba fu un'economia di transito. Nulla veniva coltivato per dar vita a forme permanenti di guadagno. Si coltivava per rifornire le spedizioni che partivano per il Vecchio continente e per fomentare un commercio di contrabbando che in molti casi giunse ad essere molto importante per la popolazione. L'allevamento di bestiame ad esempio, consentiva di commerciare in pelli e carni salate.
Al termine del XVIII secolo lo zucchero, il tabacco e la lavorazione dei legnami, insieme all'allevamento di bestiame, avevano cominciato a consolidarsi. Nel contempo la popolazione, che aumentava lentamente, aveva visto crescere anche la percentuale dei nati sull'isola e, in quest'ambito, una popolazione meticcia, nonché gli agricoltori provenienti dalle Isole Canarie. Nel XVIII secolo, la trasformazione economica verificatasi, pose le basi necessarie alla nascita di manifestazioni contraddistinte da caratteri propri, già cubani. La presenza di strutture economiche e sociali locali determinò espressioni proprie, in cui i modi di cantare, di ballare e di recitare, rispondevano a tali circostanze.
Lo stesso sviluppo economico del secolo XVIII fu contrassegnato da un altro fatto di singolare importanza per la musica cubana, l'intensificazione della tratta degli schiavi che costituì un affare redditizio per quelle imprese che godettero delle concessioni della corona spagnola per usufruire del commercio negriero. Il rapimento degli africani al fine di venderli come schiavi aveva coinciso, in Europa, con i primi passi della produzione capitalistica e l'estensione della tratta in America coincideva con il ruolo svolto dal continente nello sviluppo della borghesia europea. A Cuba l'africano, sostituì l'indigeno (che giunse a scomparire senza lasciare traccia della sua musica) e poi seguì una fase di mescolanza sino alla fine del secolo XVII.
Durante il XVIII secolo con gli asientos (concessioni latifondistiche) distribuiti dalla corona spagnola a varie compagnie, ebbe un inizio d'intensificazione della tratta, che culminò verso il 1840, per concludersi successivamente nel 1886, con l'abolizione della schiavitù a Cuba.
Gli schiavi africani, insieme ai lavoratori a contratto provenienti dalla Cina, dallo Yucatàn e persino dalla Spagna, nonchè ai lavoratori giornalieri (africani liberati, creoli neri, bianchi, meticci, isolani delle Canarie ed altri) con una presenza e su scala variabili a seconda degli sviluppi dell'economia cubana, costituirono la produzione dominante per tre secoli. Per questo periodo lo schiavo rappresentò la classe sociale più sfruttata, che produceva l'essenziale per la propria sussistenza e vedeva la maggior parte del proprio lavoro dedicata ad un plusprodotto di cui si appropriava il padrone insieme a una parte del prodotto necessario alla sua sussistenza. Per lo schiavista lo schiavo era una cosa, senza diritti civili ne politici.
Tuttavia, poiché la Corona spagnola era più interessata alla tratta in se stessa che al lavoro dello schiavo, favorì sin dall'inizio certe forme di liberazione che contribuirono a diffondere la falsa impressione che nelle colonie spagnole la schiavitù fosse più benevola, come se si potessero distinguere gradi di benevolenza in una condizione di schiavitù! Anche alcuni africani liberati che riuscirono ad inserirsi negli strati più bassi della classe piccolo-borghese, giunsero a loro volta ad avere degli schiavi che sfruttarono per varie mansioni.
Il gruppo degli schiavisti era composto da ricchi possidenti terrieri, latifondisti che in un primo momento erano dediti all'allevamento di bestiame e successivamente alla raccolta dello zucchero. Da qui un seguito di proprietari, fittavoli, commercianti e impiegati che completavano il quadro degli sfruttatori delle risorse naturali del paese.
Tale popolazione bianca era composta in gran parte da spagnoli provenienti da diverse regioni della Penisola, giunti alla Colonia in quantità e in momenti differenti, da una popolazione proveniente dalle Canarie (isolani) che affluiva in maniera quasi continua, e da immigranti provenienti dalla Francia, dall'Inghilterra, dagli Stati Uniti, nonché da spagnoli radicati in altre parti dell'America e da nativi delle altre colonie: questi individui giunsero in momenti diversi e si inserirono nello sviluppo economico dell'Isola in circostanze diverse ed in numero variabile. All'interno di questa classe dominante il numero dei nativi cubani crebbe, fino a costituire una maggioranza già alla fine del XVIII secolo: un fatto, questo, che li portò a definire le proprie caratteristiche di classe in crescente contraddizione con gli interessi dei proprietari e dei commercianti spagnoli. Insieme ai bianchi della classe dominante cominciò a crescere anche la popolazione nativa, costituita dai discendenti degli spagnoli, degli africani e dai meticci, la quale a sua volta cominciò a definire i propri interressi di classe.Quando a Cuba crebbe la presenza africana e della propria discendenza, si avvertì la necessità di raggrupparsi, in specie di comunità, o confraternite denominate confradias, organizzate nelle chiese, dove per gli schiavisti era più facile controllare (il colonizzatore bianco paventò sempre una ribellione dello schiavo) e assicurarsi che lo sfruttato rendesse al meglio.
Agli africani fu permesso di raggrupparsi in associazioni o corporazioni chiamate cabildos, dove si adeguavano alla legislazione vigente e alle tradizioni dominanti, sia durante il periodo coloniale che nei primi anni della Repubblica.
Furono i neri a chiamare tali corporazioni cabildos, scegliendo questa parola che nel governo coloniale spagnolo aveva un grande significato: l'espressione cabildos de negros passò poi a significare qualsiasi altro tipo di incontri fra di loro, come anche le parole tango e tumba.
I cabildos raggruppavano gli africani di una stessa nazione o provenienza territoriale africana, e prestavano mutuo soccorso e protezione. Inoltre servivano a mantenere il rito e le pratiche ancestrali dei canti e delle danze implicite nelle loro credenze religiose. Ciò ebbe un grande significato sociale ogni volta che i cabildos servirono a conservare alcune tradizioni africane, molti elementi sarebbero passati ad integrare la cultura cubana, fra essi quelli della sua musica.
I cabildos contribuirono anche all'integrazione del nero creolo e alla sua presenza nel nuovo ambiente sociale che stava nascendo sull'Isola. Così, nel XVIII secolo, si riconosceva ai neri creoli e ai mulatti di essere ben dotati dal punto di vista fisico e adatti per lavori meccanici, quelli che richiedevano più
«abilità, rifinitura e genio», come la lavorazione dell'argento, la pittura, la sculture e l'intaglio del legno, senza contare altri mestieri "minori" come il calzolaio, il sarto, il manovale e il carpentiere. Fra il 1725 e il 1758,
Juan José Nùñez de Castilla del Castello, Governatore di Giustizia di Bejucal, ebbe e conservò sempre una musica completa di schiavi suoi.
Verso il 1828, il proprietario francese della piantagione di caffè Angenora, nella provincia dell'Avana, si accingeva a pagare i servizi di un musicista affinché selezionasse e istruisse
«una banda dei suoi negri affinché lo distraggano nell'occaso della vita e lo accompagnino nella tomba» - che già aveva fatto costruire nei terreni di sua proprietà -
«con melodie funebri». Di grande importanza è segnalare la presenza del nero creolo, in quanto la musica apportata dalle ondate successive di migrazioni africane cominciò ad evolversi rapidamente, e a mescolarsi con ciò che sarebbe stato l'insieme della nazione.
I cabildos permisero di ricostruire le tradizioni che gli africani portavano con se, di confrontarle e di adeguarle ad ogni nuovo gruppo. In questo modo si stabilizzarono canti e strumenti che pur modificando alcuni aspetti melodici e organologici, e ricombinandosi con nuove funzioni espressive, conservarono i loro caratteri generali.
Per questo a Cuba è possibile rinvenire aree che denotano principalmente la loro provenienza yoruba o bantù e,con minor precisione, alcuni gruppi di pratiche ararà (dahomeiane) o altri di tradizione carabalì.
Loco por Cuba
Cachimba
Los Locos
Fornicology (tema 1)
Naima