Amici della Musica "SummerNight" - musica jazz
& dintorni
Franco D'Andrea
Francesco Cafiso guest star
Palermo, Palazzo Fatta 2 luglio 2003
di Antonio Terzo
Altro appuntamento unico, in quest'estate palermitana, offerto dagli Amici della Musica per "SummerNight, musica jazz e dintorni", protagonista
Franco D'Andrea, in una prima tranche in piano solo, affiancato nella seconda parte da un giovanissimo talento siciliano, il sassofonista
Francesco Cafiso, guest star
molto attesa della serata.
Ad aprire
In a sentimental mood
una introduzione ondeggiante del maestro D'Andrea, il suo stile elegante e affascinante, lirico nell'esposizione. Prosegue con
Caravan, immancabile nelle sue performances: quasi un gioco lasciarsi avvincere dal turbinio delle note e rintracciare in esse il filo che permette di riconoscere la melodia, questa volta a fare capolino tra arabeschi d'arpeggi che, insistendo sull'accordo minore di base, rendono l'interpretazione quasi onirica, perdendosi nelle involuzioni ed evoluzioni del suo pianismo fresco e personale, sempre vario. Non mancano punte di ironia, come nella successiva
Epistrophy, un divertissement ammantato di rarefatte asimmetrie che ne mantengono gioioso l'inciso be-bop accentuandone tuttavia la cifra cantilenante, a lasciare che i pensieri del pianista si trasformino in note. Altrettanto divertente il charleston anni '20 riletto con cadenza rag-time e rivestito ancora di block-chords. Il momento topico dell'esibizione di D'Andrea è certamente la bellissima versione di
Ultimo Tango a Parigi, dell'amico Gato Barbieri: sfiora le corde dei più sensibili e ferrati a ricordare i suoi trascorsi da co-protagonista nella costruzione di un pezzo di storia del jazz internazionale. Impareggiabile il modo in cui riesce a concatenare songs anche molto differenti fra loro per intensità, atmosfera, sonorità e ritmo, a modellarli secondo l'ispirazione del momento, infondendo loro il proprio inconfondibile tocco. E tra quelle già citate, due delicate composizioni originali,
Two Colors e Rag and Blues. Un lungo applauso induce il maestro a concedere il bis, ancora un saggio della sua finezza espressiva, un cammeo molto breve in attesa del prosieguo della serata.
Si giunge così alla pausa che permette al secondo set di cambiare il registro raccolto proprio del piano solo e passare a quello più colloquiale e brioso - ma non per questo meno impegnativo - del duo. E l'incontro si trasforma in evento, per vedere esibire accanto al maestro D'Andrea un rampollo del futuro jazz internazionale,
il contraltista
Francesco Cafiso: appena quattordicenne, ha già vinto, tra glia altri, il
Premio Massimo Urbani e l'"Euro Jazz", e, fisso nell'organico dell'Orchestra Jazz del Mediterraneo, ha già suonato a fianco di affermati musicisti italiani come Stefano Di Battista, Romano Mussolini, Paolino Dalla Porta, Pietro Tonolo,
Nicola Giammarinaro, Stefano D'Anna, Salvatore Bonafede e Giovanni Mazzarino, e di colossi internazionali quali Bob Mintzer,
George Gruntz, Maria Schneider, Kenny Wheeler e più di recente, in occasione dell'inaugurazione del 30° Festival Jazz di Pescara, Wynton Marsalis.
Ed anche i più scettici vengono subito conquistati già dalla lunga e fraseggiata intro del sax, dai suoi acuti sicuri e dalle frasi articolate e pertinenti, ma soprattutto dal suo spontaneo approccio, non soltanto allo strumento, ma proprio allo swing-groove della musica jazz. E così si misura con classici di tutti i tempi, da
How High the Moon, integrata da
Ornithology, a
Have you met Miss Jones?, consapevole delle proprie capacità nonché dell'impatto che un prodigio come lui può suscitare su di un pubblico, quello dei jazzofili, perennemente in attesa del novello messia. Divertito dal naturale jazz sound del giovane musicista, con discrezione D'Andrea ne accompagna le idee e ne asseconda gli spunti, proponendone a sua volta. Ed infatti, anche quando segue gli assolo del maestro, Cafiso è attentissimo a cogliere tutti i suggerimenti che può carpire estemporaneamente al pianista meranese. Nessuna sbavatura ed il primo applauso copre parte dell'intervento solistico del piano. Ancora bop con
Blue Monk
in cui Cafiso sembra a tratti enfatizzare l'immagine di piccolo fenomeno: ma se non fosse esuberante un quattordicenne…! Il sapiente tocco di D'Andrea lo guida con accenti, con sguardi, ma lo segue anche compiaciuto di contribuire alla crescita di questo grande piccolo. Dopo aver costruito un'impalcatura sfuggevole rispetto alla tipica strutturazione blues, sul solo D'Andrea torna con la propria impronta a trasformare lo standardizzato blues monkiano
in una magistrale pagina di musica d'improvvisazione.
Quindi parte
Just Friends, un incipit ancora cifrato del pianista e poi la trascinante sequenza discendente con cui Cafiso esordisce nel brano, a conferma che le progressioni ascendenti, discendenti, frammentate ed alternate costituiscono l'accattivante chiave con cui i due interagiscono nell'interpretazione del pezzo. Notevole anche l'intermezzo in cui contemporaneamente si producono in mulinanti giri di vorticose scale, per poi tornare all'ossatura melodica, così come pure il momento in cui sull'esposizione melodica di D'Andrea il sassofonista sviluppa un magnifico walking-bass
di supporto, indovinato e divertente. Inizio versatile ed istintivo per
My one and only love, molto spettacolare, forse tradisce il mood
romantico dell'originale, più struggente come invece evidenzia D'Andrea, mentre Cafiso rilascia una citazione da Parker convenientemente inserita. Versione blues per
Angel Eyes, il feeling che più si addice a questo standard, un medium creato dal sofisticato universo musicale in cui D'Andrea riesce a trasportare e dal procedere marciante e quadrato di Cafiso, per un gradevolissimo e ben combinato interplay.
Spostatosi da parte per ricevere l'applauso del pubblico entusiasta, Cafiso si lascia condurre dall'illuminato maestro anche quando attende l'immancabile richiesta del bis, puntualmente esaudita con
Lester leaps in.
Un vero jazzista dal bagaglio tecnico stilistico ricco e versatile, nessun timore ad affermarlo, dal quale ci si dovrà attendere molte e grandi cose non appena si sarà riscattato dall'inevitabile riferimento – comunque sempre molto opportuno – ai patterns
ed avrà imparato a non cedere alla tentazione dello spettacolarismo: ma per adesso va benissimo così.
Che non bruci, piuttosto, le proprie potenzialità, facendo tutto troppo precocemente: vogliamo trovarlo fra altri 15 anni, ed oltre, con ancora tanto da dire.
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Data pubblicazione: 25/07/2003
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