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 Festival Oltremare  
Gil Evans Orchestra con Hiram Bullock 
Portoferraio, Isola d&Elba - 16 luglio 2008 
di Marco Buttafuoco 
foto di Alex Rinesch e Andrea Rosemarie Picariello 
video di Andrea Rosemarie Picariello di Tele Tirreno Elba 
  
 
  16 luglio 2008. A Portoferraio, 
Isola d'Elba, fa tappa la Gil Evans Orchestra, guidata dal figlio Miles, 
per la sua terzultima data del tour italiano. C'è Hiram Bullock alla chitarra. 
In tutta sincerità non ho mai straveduto per il suo modo di suonare, ho sempre avuto 
problemi a familiarizzare con la musica fusion, o jazz rock che dir si voglia. Ma 
sono anche molto curioso di sentire la sua celebre chitarra dal vivo. Per tanti 
appassionati, in fin dei conti, è un mito. 
 Nel 
pomeriggio, in attesa di riuscire a scambiare due parole con Miles Evans 
mi gusto il sound check. 
Bullock arriva fra gli ultimi sulla scena del concerto, che è un luogo 
strano e un po' inedito: un'antica piazza d'armi, dentro le vecchie fortezze che 
cingono il centro storico del capoluogo elbano. Una piazza strana, pensile, quasi 
fluttuante, sospesa a 5 -6 metri sulle strade lastricate che portano al mare, raggiungibile 
solo attraverso una larga scalinata di pietra rosa, levigata dai secoli. 
Hiram è affaticato, visibilmente. L'ultimo tratto di strada è una salita 
ripidissima. Lui è piuttosto grasso. Il ventre deborda e i fianchi paiono più larghi 
delle spalle. E' una corpulenza che probabilmente rivela qualche problema di salute. 
Ma il viso è, anche se stanco, sorridente. La capigliatura rasta inquadra una faccia 
in qualche modo allegra, un viso un po' infantile, su un corpo adulto appesantito.
 
Ma la sensazione di sofferenza sparisce presto quando Hiram è sul 
palco e comincia a cantare "Little Wing" vecchio 
cavallo di battaglia di Hendrix: con voce scura, da predicatore, non indimenticabile 
ma suggestiva. Scherza con i tecnici, prova qualche assolo di chitarra. Penso che 
era nel giusto quel critico francese che scrisse come Hiram ricordasse in qualche 
modo "un certain Jimi Hendrix". Arriva l'ora del concerto. Il grande 
piazzale si riempie.  
Nel chiacchiericcio che precede l'arrivo della band l'organizzatore dell'evento,
Alfredo Mottola, amico della famiglia Evans mi racconta che Bullock 
ha appena superato un difficilissimo periodo, che sta scontando i postumi di un 
tumore e delle cure conseguenti. Miles Evans ed i suoi si erano preoccupati 
quando avevano visto la posizione della piazza. Temevano che Hiram, che cammina 
con fatica, potesse essere a disagio sulle impervie scalinate cinquecentesche e 
sulle vecchie strade del borgo mediceo.  
Ma a tavola, mi racconta Alfredo, l'hanno visto di ottimo umore: tranquillo, 
felice di essere con la sua band: un uomo che ha superato una prova difficile ed 
ha fretta di tornare a vivere normalmente.  
 Nella 
prima parte del concerto Hiram, si prende pochi spazi. Canta qualche pezzo 
e per il resto si limita al sostegno di una sezione di fiati poderosa ed ispirata. 
Spesso resta seduto, un po' stravaccato, su una poltroncina. Sembra assente. 
Poi, nella seconda parte del concerto, viene il momento del suo assolo.  
Che fosse sempre stato un musicista grintoso era risaputo, che amasse 
dare spettacolo anche. Ma questa volta sembra proprio decisamente sopra le righe. 
Non mi riferisco solo alla raffica di note che la sua chitarra spara velocissima, 
anche se sempre morbida. No, Hiram ha in mente qualcosa altro. Scende fra il pubblico. 
Esita, una volta giù dal palco. Sempre suonando si dirige verso il basso cornicione 
che delimita la piazza. Si ferma lì davanti, poi vi sale sopra. C'è un brivido nel 
pubblico. Che vede aggirarsi sul parapetto non troppo largo, questo uomo di corpulenza 
esuberante. Si ha l'impressione che sia quel torrente impetuoso di note che suona 
a tenerlo lì in fluttuante equilibrio, rapito nella sua performance.  
Ma non è poi il caso di fare poesia. Hiram è in una posizione pericolosa. 
Ad un certo punto suona con la sola sinistra, aggrappandosi ad un lampione. Sotto 
di lui a cinque - sei metri c' è la strada lastricata. L' altista Chris Hunter 
scende dal palco e corre a controllare la situazione, ma non si avvicina ad Hiram 
per farlo scendere. Forse teme un movimento inconsulto. Dal palco la band guarda 
preoccupata. Il pubblico è inquieto.  
Alla fine Hiram si convince a tornare lentamente sul palco, ci si tuffa 
sopra, si sdraia sulle tavole.  
La sua chitarra tira gli ultimi fendenti contro la luna piena. E tirano 
tutti un sospiro di sollievo, Gli applausi premiano anche la piccola performance
circense.  
I più scettici scuotono la testa e pensano che ad una certa età un po' 
di misura non guasterebbe e che il jazz non ha bisogno di queste performance da 
rockstar. 
  
Video 
di Andrea Rosemarie Picariello di Tele Tirreno Elba 
 Fine 
del concerto. I tecnici smontano le attrezzature. Sul palco resta solo Hiram. 
Si siede al piano, e improvvisa una ballad un po' triste. Matthew Garrison 
(il figlio del grande Jimmy) si unisce a lui e lo accompagna al basso. 
Hiram è morto nove giorni dopo questa serata elbana. Era appena tornato 
nella sua New York, al termine della tournee in Italia. Aveva cinquantatre anni. 
La malattia che sembrava sconfitta si è presa la sua rivincita. 
Forse lui sapeva chi avrebbe vinto la partita e forse ha voluto ugualmente 
fare la sua ultima tournee. Forse quella inconsulta passeggiata è stata il suo ultimo 
grido, l'ultima sfida. Forse voleva far vedere alla morte che lui non la temeva. 
Forse, chissà, aveva sperato di cadere nel vuoto e volare via nel corso dell'ultimo 
assolo. Molti artisti sognano una fine così. Forse più semplicemente, si sentiva 
bene, guarito, si sentiva addosso l'energia di sempre. In realtà ad Hiram questi 
show erano sempre piaciuti.  
La morte improvvisa di qualcuno, specie se giovane e famoso scatena sempre 
una tempesta di ipotesi. Viene naturale cercare significati, che forse non ci sono, 
negli ultimi momenti, negli ultimi gesti. Non ho mai amato molto la sua musica. 
Oggi che so di essere stato testimone della sua ultima, disperata, scintilla di 
vitalità lo sento vicino, come un vecchio amico. Avrei dovuto restare più a lungo 
quella sera, ad ascoltare quella session languida e malinconica, mentre la luna 
tramontava.  
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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 | COMMENTI |  Inserito il 29/12/2008  alle 16.17.51 da "iosonojd" Commento: ho appena saputo della morte di hiram...e sto piangendo...sì perchè per me era come se fosse un amico...ha sempre fatto ciò che gli piaceva fare..mi ha dato la spinta ad iniziare a suonare jazz..ogni suo concerto era un momento per me (che purtroppo tendo sempre ad analizzare la musica e a volte lo faccio a scapito del semplice godimento che un concerto può dare) per lasciari andare come faceva lui..per lasciar urlare quella voce che è dentro ognuno di noi, una voce potente, rabbiosa ma anche suadente e delicata....Grazie Hiram...nn ti dimenticherò mai |  |   |  Inserito il 15/2/2009  alle 22.24.03 da "madenise" Commento: Visto il video e letto il tuo articolo...Esperienza straordinaria e triste. Ha colpito molo anche me che nn ero li.  ricordo che all'ultimo concerto di Bob Dylan, qui a Milano, piansi quasi tutto il tempo delle sue canzoni,poche a dire il vero, non solo per un fatto nostalgico ma perchè il vecchio Bob, piuttosto malato,era irriconoscibile. Ma la sua inconfondibile e calda voce, sebbene un pò incerta,commosse tutti. Lui era li,a pochi metri da me, e negli anni settanta ascoltavo quasi esclusivamente le sue canzoni, ma non ero mai stata ad un suo concerto.   |  |   |  Inserito il 28/4/2009  alle 11.14.35 da "angelo_jabez" Commento: è sconcertante io lo accolto sulla nave e parlato per tutta la traversata fino al porto visto che sono un chitarrista ... ma proprio ora ho saputo che 9 giorni dopo e finito un mito per me.... lo ringrazio per almeno aver scambiato 2 chiacchiere e di averlo conosciuto .... spero che DIO l'ha guardato... |  |   |  
  
 
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			Data pubblicazione: 10/08/2008
	  
 
 
 
	
  
	
		
		
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