Intervista a Carlo Lomanto
Una voce "armonica" del jazz
Caserta, 14 novembre 2004
di Claudio Lombardi
Ha un diploma in scenografia presso l'Accademia di belle arti di Napoli, tredici anni di attività didattica nel canto moderno, una preziosa vocalità, collaborazioni invidiabili (*) e una convinzione:
per Carlo Lomanto la voce è uno strumento dalle infinite potenzialità espressive e il jazz è il modo ideale per esplorarle tutte. Ad aprile lo incontrammo a Caserta e ci sorprese con la sua musica e la sua simpatia; lo abbiamo rincontrato, sempre a Caserta, lo scorso 14 novembre, al caffé–teatro Modì, pochi minuti prima di un concerto… giusto il tempo per rivolgergli qualche domanda.
C.Lombardi:
Come e quando ti sei avvicinato al canto jazz?
C.Lomanto: Ti sembrerà strano, ma non nasco come cantante. Ho avuto un percorso artistico piuttosto tortuoso, solo al termine del quale ho cominciato a studiare lo strumento voce, iniziando un nuovo capitolo della mia ricerca musicale. Il mio primo "amore" è stata la batteria… avevo dodici anni… era la mia passione! Poi sono passato alla chitarra ed in particolare a quella jazz, folgorato da un duetto tra Joe Pass ed Ella Fitzgerald.
Ancora "stordito", misi su un gruppo
con una cantante e la sezione ritmica ed iniziammo a studiare gli standards di
Gershwin, Porter, Rogers and Hart. Pensa un po', facemmo addirittura qualche
serata nei locali e alla fine ci pagavano pure. Per quanto acerba, immatura,
grazie a quell'esperienza ho scoperto la mia voce, alla quale da allora mi sono
dedicato anima, corpo e… diaframma, cercando di approfondire il più possibile
sia l'aspetto tecnico–strumentale sia quello prettamente improvvisativo.
Un'altra folgorazione è stata ascoltare in concerto Bobby Mc Ferrin. Mc Ferrin è
uno che senza strumenti riesce a farti sentire melodia, armonia e ritmo
contemporaneamente, utilizzando il corpo in maniera percussiva.
C.Lombardi: Perché poi dal jazz sei passato al canto armonico?
C.Lomanto: Non lo definirei come un passaggio; mi piace pensare al canto armonico come ad un'ulteriore opportunità della voce. Sono influenzato da tutto ciò che mi ritorna curioso, singolare, non convenzionale. Quando sento qualcosa di nuovo le mie orecchie si drizzano… in questo credo di essere un po' più aperto rispetto a tanti jazzisti che ho incontrato. Puoi immaginare, quindi, quali sensazioni abbia avvertito nell'ascoltare Demetrio Stratos, che quando cantava emetteva suoni strani, in cui oltre alla nota fondamentale si avvertiva un altro suono ben distinto… il suo armonico. Dal disco "Cantare la voce", che conservo gelosamente in vinile e che ho ricomprato poi anche in versione digitale, sono trascorsi anni ormai.
Ho consumato decine di altri cd provenienti da Tuva (ex provincia sovietica, ndr) e da altre parti del mondo, ho seguito diversi seminari sul canto armonico ed in particolare uno a Ravenna con David Hykes che è uno specialista di questa tecnica, e ho studiato per conto mio. Il mio ultimo lavoro discografico, "Lomanto's market", è pieno di riferimenti musicali, diciamo così, "etnici", pur rimanendo un disco jazz, in cui l'improvvisazione ha un'importanza fondamentale.
C.Lombardi: Riferendoti al canto armonico di Stratos hai parlato di "suoni strani". Come mai?
C.Lomanto: Penso alla percezione che ne ha la gente, abituata, com'è, ad identificare la musica con la melodia. Se chiedi a qualcuno per strada di concentrarsi su una musica, gli verrà in mente il motivo che fischietta sotto la doccia, ed è naturale che sia così. In Occidente c'è stato uno sviluppo abnorme della melodia; nel resto del mondo, invece, si è data importanza al timbro. Oggi, che i confini geografici sono sempre più labili e le distanze si stanno accorciando, le persone dovrebbero cominciare ad avere una visione "globale" della musica ed una maggiore consapevolezza del suono, a partire da chi, come me, ha scelto di coltivare quest'arte meravigliosa. Insomma, bisognerebbe essere un po' meno "ortodossi" e un po' più "eretici".
C.Lombardi: Qual è, secondo te, il futuro della voce?
C.Lomanto: Quello della voce, a mio parere, è un futuro legato in maniera inscindibile alla tecnologia. Da tempo utilizzo delle apparecchiature elettroniche che mi permettono di registrare, trasformare ed armonizzare la voce dal vivo. Sono effetti che non danneggiano l'immediatezza della performance e l'aspetto improvvisativo a cui tengo moltissimo. Ricordo il concerto che ho tenuto con Maria Pia De Vito: abbiamo duettato utilizzando entrambi apparecchiature elettroniche e, senza l'aiuto di supporti musicali "canonici", abbiamo catturato l'attenzione del pubblico, che sembrava letteralmente rapito dai nostri intrecci vocali. L'importante è sfruttare i mezzi che la tecnologia ti offre senza barare e nel modo più creativo possibile.
C.Lombardi: E il futuro di Carlo Lomanto?
C.Lomanto: Continuare a vivere di musica.
C.L.: Che domanda...;-)
(*) il compianto Massimo
Urbani, Tony
Scott, Maria Pia De
Vito, Pietro
Condorelli, Francesco
Nastro, Aldo
Vigorito, Antonio
Onorato, Francesco D'Errico, Daniele Scannapieco,
Fausto Ferraiolo, Aldo
Farias, Angelo
Farias, Pino
Iodice, Pietro
Iodice, Vittorio Pepe, Marco Sannini, Guido Di
Leone, Paola Arnesano, Giacinto
Piracci, Luciano
Nini, Cinzia
Tedesco, Lorenzo Hengeller e tanti altri.
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Data pubblicazione: 13/02/2005
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