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Intervista ad Andrea Beneventano
Cala Gonone 2004
di Fabio Pibiri

F.P.: Andrea, parlaci del primo disco a tuo nome uscito lo scorso anno, Trinacria.
A.B.:
Trinacria vuole essere una dedica alla mia terra (Trinacria è l'antico nome della Sicilia), ma, come si potrebbe pensare, non ha niente della musica siciliana… se lo volessimo catalogare lo definirei un disco hard-bop. E' comunque un lavoro molto vario, i brani sono quasi tutti originali. Sono anche riuscito a fare altre dediche, come la canzone Lines for RG, dedicata a Rosario Giuliani, proprio perché mentre la componevo pensavo ai suoi temi. Ho voluto dedicare un pezzo al grande Michel Petrucciani, He was great: quale titolo poteva essere più azzeccato!

F.P.: Hai suonato spesso con grandi del circuito internazionale come Steve Grossman, Jon Faddis, Red Rodney… cosa ti hanno lasciato queste esperienze?
A.B.: Suonare con i maestri del jazz è bellissimo, ti insegnano ad essere un bravo musicista, senza parlarti, senza spiegarti niente, ma semplicemente suonandoci assieme. Poi io ho il difetto di suonare male quando mi esibisco con musicisti poco bravi… anche le cose che faccio solitamente bene mi escono da schifo. Invece quando suono con gente più brava di me mi esalto, tutto mi viene semplice. Uno dei più bei ricordi che ho, impresso nella mia mente, è quando durante un concerto, alla fine di un assolo che presi su Lover man, Steve Grossman alzò lo sguardo e mi strizzò l'occhio in segno di approvazione…mi sono sentito realizzato!

F.P.: Hai suonato in quasi tutta l'Europa ed anche in Giappone, quando arriverai in America?
A.B.: Si, ho fatto varie tournèe, ho toccato vari paesi. In Giappone riscuotemmo un successone, anche se quel genere che ho suonato in quel periodo non fa più parte del mio repertorio. Per quanto riguarda l'America è chiaro che mi piacerebbe potermi esibire lì, nella patria del jazz, ma spero di poterci arrivare con un progetto già solido.

F.P.: Hai trovato grosse differenze tra il pubblico italiano e quello del resto d'Europa?
A.B.: Il pubblico europeo è molto attento, molto educato, probabilmente è abituato a seguire concerti di musica jazz. Però è anche un pubblico freddo. In Italia magari senti brusio continuo, un cellulare ti squilla durante un assolo, ma poi alla fine del brano il pubblico ti esalta, ti fanno sentire il calore.

F.P.: Cosa ci dici dei giovani ed il jazz?
A.B.: Stanno riscoprendo la tradizione! E ti parlo sia del musicista che dell'appassionato. Stiamo sicuramente uscendo dalla zona di confine toccata durante gli anni settanta, quando qualsiasi cosa si suonasse doveva essere dissonante, la melodia non doveva esistere. Quei tempi sono solo un ricordo.

F.P.: Tu hai sempre insegnato jazz sin dagli esordi, come giudichi l'insegnamento di questa disciplina oggi?
A.B.: La situazione che si è creata in Italia non mi piace per niente. Ci sono troppi seminari, e molti purtroppo non servono molto agli studenti, sia perché vengono organizzati male ma soprattutto perché non tutti gli insegnanti sono all'altezza. Io è ormai da parecchi anni che insegno e posso dirti che essere un bravo musicista non significa essere un bravo insegnante.

F.P.: Nei Conservatori la situazione è migliore?
A.B.: No, anche peggio. Per poter insegnare nei conservatori conta molto il punteggio che acquisisci man mano che fai esperienza come musicista, ma non tutte le esperienze dovrebbero essere prese in considerazione. Un musicista che conosco, ad esempio, ha preso un sacco di punteggio per aver partecipato per un paio di puntate alla Corrida! Ti rendi conto?… per non parlare del punteggio che acquisisci con i contratti RAI! E questo è un grosso problema perché poi finiscono ad insegnare jazz dei maestri che del jazz ne sanno poco.

F.P.: Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
A.B.: Per un certo periodo vorrei dedicarmi alla scrittura di nuovi brani, ed al completamento di quelli che ho già scritto. Quello che più mi interessa nel prossimo futuro è comunque riuscire a creare un quintetto. Quando suoni con un gruppo di cinque elementi devi dare molto peso all'arrangiamento. Non puoi suonare il tema, ognuno il proprio assolo e via. Devi essere in grado di sfruttare la varietà, l'impasto timbrico e sonoro che ti possono offrire cinque strumenti differenti. Questo è quello che mi impegnerò a fare prossimamente.







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Data pubblicazione: 28/11/2004

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