Intervista a Salvatore Maltana: Elogio
del contrabbasso
Porto Torres (SS), 1 dicembre 2006
di Luigi Coppola
Il musicista algherese si racconta nel suo percorso autodidatta. Charlie
Parker la rivelazione,
Enzo Favata
il maestro, Dino Saluzzi il talento.
Nonostante la giovane età (nasce ad Alghero nel
1972) Salvatore Maltana è una punta di diamante del recente
jazz italiano. Cresciuto artisticamente al sole di Barbagia, costola di una speciale
trinità paterna: Zanchi, Tracanna,
Fresu;
ha stretto nel contrabbasso un corpo solo, quasi inscindibile.
Ce lo racconta a Sassari di sera, in una pausa fra l'ultima sessione di
prove strumentali ed il gioco con la sua creatura più bella: la figlioletta di cinque
mesi.
L.C.: Com'è nato l'amore con la musica e con
il jazz?
S.M.: Suono da quando avevo sette anni con la chitarra classica e sono nato
in una famiglia di musicisti. Due miei zii paterni suonavano: uno ha girato il mondo.
Era batterista in tanti gruppi di cantanti americani anche noti negli anni '50 e
'60. Il mio primo maestro di chitarra fu ad Alghero Giuseppe Manca. Avevo
molto orecchio e iniziai con amici a suonare il pop italiano degli anni
'80. Tante feste di piazza e matrimoni. Nel
1987 ci fu la rivelazione. Un amico algherese
Gavino Fonnesu, mi fa ascoltare Charlie Parker e ne rimango incantato.
Nello stesso periodo il nostro gruppo aveva perso il bassista e fu deciso che fossi
io a sostituirlo. In quelle prima formazione, Melancholia, (Malinconia) iniziai
a suonare il jazz: tantissime serate nei dintorni del sassarese.
L.C.: Chi furono i maestri di riferimento in
questo percorso?
S.M.: Raimondo Dore e Marcello Peghin mi conoscevano e grazie
a loro, di ritorno dal servizio militare, ebbi la prima occasione importante da
professionista. Al Teatro Verdi di Sassari ci fu una manifestazione con vari jazzisti
internazionali. Suonai insieme a Raimondo ed a Sandro Satta un pezzo
di Dollar Brand (riconvertitosi poi all'Islam come Abdullha Ibrahim).
Ricordo le notti a casa di Marcello (Peghin) trascorse a studiare i pezzi
di Charlie Parker e Miles Davis. Nel '92
incontro Franca Masu. Con lei ricordo sempre "Sognando Suono" del
'95. In quell'occasione conobbi
Tony Scott,
clarinettista, tra gli altri, di Billie Holiday.
L.C.:
E negli studi come te la passavi?
S.M.: Ho un diploma alle scuole tecniche professionali. Nel
1995 preso dal jazz, decisi di approfondire
gli studi, iscrivendomi ai Seminari di Nuoro diretti da
Paolo Fresu.
Il mio docente nella classe di basso elettrico fu Attilio Zanchi. Suonavo
musica d'insieme con Roberto Cipelli, Tino Tracanna, Ettore Fioravanti
e Paolo Fresu.
Vinsi la borsa di studio come migliore allievo anche l'anno seguente. Il
'96 è per me un anno di grazia. Mi chiama
Enzo Favata
per completare gli ultimi due brani della colonna sonora de "Il cielo è sempre
più blu", per la regia di Antonello Grimaldi, presentato poi al Festival
di Tavolara. Con il quintetto di
Favata
giro l'Italia in tournee tra festival e rassegne jazz. Ancora Enzo mi chiama l'anno
seguente a collaborare alla registrazione di un disco con il maestro di bandoneon,
italo argentino Dino Saluzzi.
Favata
ha bisogno però di tonalità acustiche forti: vuole il contrabbasso e me lo propone.
Sono sei mesi di full immersion: notte e giorno a segnare con i gessetti gli accordi
traslati dal basso elettrico per la nuova impugnatura del grosso strumento. M'iscrivo
anche al conservatorio di Sassari al corso di contrabbasso e siccome risulto anagraficamente
fuori quota, rimango un anno in prova. Quando lo incontro, Saluzzi loda e
si complimenta per come suono lo strumento. Non concludo gli studi al conservatorio
ma giro il mondo (suono pure in Norvegia, Egitto, Brasile e Germania) spesso con
Enzo. Poi mi fermo due anni a Roma prima di frequentare i corsi invernali di
Siena Jazz
studiando la musica per trio (piano, contrabbasso e batteria) con Stefano Battaglia,
Paolino
Dalla Porta e Fabrizio Sferra e poi a Mantova una master class
tenuta da Furio
Di Castri: un'esperienza determinante. Nel
2003 rientro ad Alghero e da allora dirigo la classe di contrabbasso
e basso elettrico ai Seminari invernali di Nuoro.
L.C.: Come pensi di definire il jazz, la musica
che suoni?
S.M.: Il jazz per me è la musica di Charlie Parker,
Ornette
Coleman,
Jaco Pastorius, Gary Peacock,
Keith
Jarrett per fare qualche nome. Le radici originali sono in America e
non è tout court musica d'improvvisazione. Il jazz europeo può esserne un neologismo,
ma il linguaggio è preciso con fraseggi e strutture ritmiche ben delimitate. Le
frasi Bepop ed il feeling blues sono pane quotidiano nel jazz. Anche Bach
improvvisava con le sue arie ma la musica antica o classica non è jazz.
L.C.: Sui progetti che vedono spesso nell'isola
legare tradizione etnica e musica jazz?
S.M.: La tradizione della musicalità sarda ha le sue peculiarità. I Tenores
Di Bitti fanno il canto a tenore. Il progetto
Favata
(proposto nel concerto di fine novembre a Bologna, "The New Made in Sardinia
Project", con Maltana, il suo quartet ed i Tenores ndr) di proporre
la gran capacità poetica della Sardegna in un "patchword musicale" è encomiabile.
Non si può suonare il jazz moderno senza conoscere quello tradizionale e non si
possono mischiare cose diverse. Anche
Paolo Fresu,
nel "Sonos e Memorie", racconta le tradizioni locali con una sua visione.
Per me Paolo è il "Metheny della tromba".
L.C.: I progetti ultimi cui stai lavorando?
S.M.: Con Bachisio Ulgheri alla chitarra, Giovanni Sanna Passino
alla tromba e Massimo Russino in batteria, formiamo il Mudros Quartet
e proponiamo una nostra produzione. Abbiamo esordito al
Jazz European Expò di
Cagliari a metà novembre e la soddisfazione è stata enorme. Questo gruppo da me
voluto, è la risultante di personalità musicali molto forti tant'è che il repertorio,
tutto originale, è un jazz con una connotazione molto elettrica soprattutto per
le chitarre di Ulgheri che unite alla tromba precisa ma ancestrale di
Sanna Passino e al drumming omniculturale di Russino, creano un sound
molto attuale senza perdere però la direttiva jazz. Parallelamente ho un progetto
in trio "Heritage" dove suona con me ancora Max alla batteria e Mariano
Tedde al piano. Il trio nasce dall'esigenza dei tre di suonare un repertorio
originale e rielaborare secondo la loro poetica gli standards jazz. Il trio ha avuto
l'occasione di accompagnare
Paolo Fresu
in un concerto particolare in Sardegna. Penso a dei lavori discografici ma ne riparleremo
più avanti.
approfondimenti su Salvatore Maltana:
http://www.voyagensardaigne.it/curric_maltana.html
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Data pubblicazione: 18/03/2007
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