Quick Joy Trio
Are you happy?
UltraSound – 2009
1. Last time I saw you
2. Il tre volte grandissimo
3. E Lucio fu
4. Tate
5. The grass
6. Evolution
7. With the sun in my heart
8. Bite me
9. Silver's colour
Alberto Falco - guitar
Lele Petrarca - organ
Aldo Fucile - drums
Via Cascina Sparapina, 2 27011 Belgioioso Pavia
email:
info@ultrasoundrecords.it
Il classico "organ trio" con hammond, chitarra elettrica e batteria, e magari con
l'aggiunta occasionale di un sassofonista, è stato codificato in maniera definitiva
negli anni cinquanta-sessanta dal grande
Jimmy
Smith, e dai suoi epigoni, fino a diventare uno stilema ormai classico,
quasi un capitolo a sé nella storia del jazz e dintorni.
Possiamo parlare di "uno
stile nello stile" nell'ambito del cosiddetto "soul jazz" che, partendo da regole
più o meno fisse e ricorrenti è riuscito ad evolversi nell'approccio più sperimentale
di Larry Young, o in ambito di contaminazioni con il rock, nel blues elettrico dell'inglese
Brian Auger, fino ad arrivare, tra gli anni '80 e 90' al revival dell'Acid Jazz
ben rappresentato dal James Taylor Quartet.
Avendo alle spalle questa ricca tradizione, il Quick Joy Trio cerca di smarcarsi
dagli schemi più abusati per cercare una propria strada, partendo innanzitutto da
un repertorio totalmente originale, tutto a firma del chitarrista Alberto Falco,
leader nascosto di un gruppo paritetico - evitando la scorciatoia di cover di brani
più o meno famosi. Inoltre il gruppo mantiene costantemente un cifra stilistica
rigorosa, un "undertstatement" che impedisce il ricorso a facili effetti spettacolari,
rischio sempre presente in questo tipo di formazione, spesso votata alla ricerca
del "groove" a tutti i costi.
Contrariamente a quanto ci si possa aspettare, ci troviamo di fronte ad un disco
che non colpisce al primo ascolto, ma che necessita di una fruizione rilassata e
prolungata nel tempo, così da cogliere sottigliezze ed eleganza di approccio che
possono sfuggire ad un ascolto più distratto e superficiale.
Siamo più vicini ad una "fusion" raffinata ed elegante – in odore di
Pat Metheny,
come nella rarefatta sospensione di "E Lucio fu" - che non agli afrori del
soul-jazz più sanguigno. Anche se un pizzico di "fuoco" in più, almeno nei brani
più veloci, avrebbe senz'altro contribuito a rendere più accattivante un album sicuramente
gradevole, ma che, forse per eccesso di "pulizia" e di rigore, rischia di non lasciare
il segno.
Roberto Biasco per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 27/06/2010
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