Jazzitalia - George Haslam with Bobby Carcasses: Cuban Meltdown
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Slam Productions
George Haslam with Bobby Carcasses
Cuban Meltdown


1. Villancico's Blues - Bobby Carcassés 6:28
2. Son de la Loma - Miguel Matamoros 1:33
3. A Perfect Love - George Haslam 9:49
4. Oye mi Guaguancó - Evaristo Aparicio 5:51
5. Havanabingdon - Bobby Carcassés 7:15
6. De mi Tierra Son - Isidoro Nunez 4:43
7. Here comes the King - Roberto Carcassés Jnr. 10.57
8. Sin Tema - Bobby Carcassés 4:54
9. Blues for Benny More - Bobby Carcassés 5:16

George Haslam - baritone sax
Bobby Carcasses - voice, flugelhorn, percussion
Maria Cecilia Colon - voice
Paul Rutherford - trombone
Robin Jones - congas, bongos, guiro, campagna, timbales
Richard Leigh Harris - piano
Steve Kershaw - bass
Andre Leigh-howarth - claves
Julito Padron, Yasek Manzano - trumpets
Roberto Martinez - alto sax



Come una grande nave da crociera che tocca solo i più importanti porti, così si muove "Cuban Meltdown" che dipinge un quadro rappresentativo della musica cubana. Un effetto complessivamente utile, quello reso dal disco prodotto dall'etichetta inglese "Slam Productions", che guida l'ascoltatore alla scoperta dei più famosi linguaggi e ritmi tipici della musica tradizionale cubana, pur tenendo puntato lo sguardo verso il futuro. Dalla rumba al latin Jazz, passando per gli sperimentalismi caratteristici del free jazz contemporaneo. Un disco non solo per appassionati e cultori e che regala certamente emozioni positive.



Il lavoro si divide in due anime: la prima rappresentata dalle cinque tracce iniziali, registrate durante il tour inglese di Bobby Carcasses nel 2005. La seconda composta da pezzi registrati a l'Havana. Ed è proprio nella prima metà che si 'esplora' di più. Nel primo pezzo si va alla scoperta di una tipica orchestra latin jazz, che mette in mostra anche la capacità musicale dei singoli componenti oltre che compositiva, soprattutto nella piacere con cui si incastrano le congas nei vari soli e gli altri strumenti. La seconda traccia "Son de la Loma", è invece un saggio di "scat" solo voce con una tecnica precisa, per un effetto davvero trasportante e gradevole. Con ritmo, melodia e accompagnamento montati dal solo canto.

Si passa poi a "A perfect love", una composizione free e sperimentale dalla costruzione molto complessa e per questo un po' ostica. Fino ad arrivare a un gradevolissimo pezzo di rumba tipico, suonato molto bene. Uno wawango habanero arricchito dal canto tipico e davvero di grandissimo gusto. Una costruzione bella e, soprattutto, per niente semplice da trovare negli scaffali della grande distribuzione. Notevole anche l'improvvisazione del conguero Robin Jones, se solo si pensa la struttura ritmica entro cui spaziare nella rumba è angusta e per certi versi proibitiva, per la complessità del fatto che ogni spazio è occupato. Come prevede la tradizione di un suono che, seppure arricchito e modificato nei secoli secondo il gusto creolo cubano, arriva direttamente del centroafrica con gli schiavi conservandone le caratteristiche.

La parte 'inglese' dell'album si chiude con un Son puntellato di swing che presenta il tipico colore cubano, il più noto e compreso a vari livelli. Nel brano si captano omaggi alle più famose melodie, con la tromba in primissimo piano e giri di improvvisazione avvincenti per tutta la sezione di fiati. E con il piano che viaggia su marcate concettualizzazioni. L'accompagnamento delle percussioni è sempre solido e mai fuori dal coro, a differenza della molte incisioni con i 'master' delle congas, spesso troppo in evidenza rispetto al resto degli strumenti. Negli assoli però il conguero mostra anche grande capacità e gusto nell'attenersi alla tradizione, mettendosi in luce con scomposizioni piacevoli. Le tracce registrate a l'Havana sono unite invece da un filo rosso più rilassato. Dal morbido "De mi tierra son", con un suono tradizionale più vicino a quello ben noto dei Buena Vista Social Club spinto da un linguaggio caraibico molto incalzante e allegro, a una versione più jazzata, con una grande improvvisazione del pianoforte tutto modale e molto variopinto come in "Here comes the king". Pezzo in cui la batteria è molto al limite, e con lunghe frasi in levare irrigate da una spinta funk, soprattutto negli accesi dialoghi con il sax. In tutto il disco, anche nei pezzi più free e sperimentali come "Sin tema", in cui compare anche il flauto dolce, sempre al limite della dissonanza, come conformazione dello strumento in se, si registrano gli assalti della voce, con tecnica e grinta davvero piacevoli.

In chiusura poi un son molto sentimentale "fragranze de cuba e su sabor" caldo con il solo appoggio del piano per la voce. Una spruzzata di swing per una voce molto profonda ed emozionante, a introdurre in chiusura un finale salsa. Ultimo approdo di un viaggio davvero piacevole.
Luigi Spera per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 03/02/2008

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