Jazzitalia - George Haslam: Once Upon A Time In Argentina
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George Haslam
Once Upon A Time In Argentina



Slam (2011)

CD 1:
01. Departure
02. Pianica
03. Gauchos
04. Kalimba
05. Carnivalita
06. Chacarera
07. Carnival
08. Baritone
09. Voices
10. Arrived
11. Fireworks
12. Coda

George Haslam - sax baritone, tarogato
Ruben Ferrero - pianoforte, melodica, percussioni, voce
Juan Carlos Martello - batteria
Jorge Savelon - percussioni

CD 2:
01. Walter
02. All Night Soul
03. Devociòn Sereno
04. Himno#1
05. Albert
06. Cancion Sin Melodia
07. St. James Infirmary Vidala
08. Tinto Dreams

The Walter Thiers Memorial Saxophone Quartet:

Pablo Ledesma - sax soprano
Sergio Paolucci - sax alto
Daniel Harari - sax tenore
George Haslam - sax baritono


"Once upon a time in Argentina" è un doppio cd piuttosto singolare che testimonia, come si legge nelle note di copertina, l'esperienza di viaggio in una terra ricca di stimoli musicali e non e di signori strumentisti, come quelli che fanno compagnia a George Haslam in questa impresa.

Il primo disco è sul versante etno-jazz, così lo ha classificato lo stesso sassofonista in un breve colloquio avuto con lui a Campoligure, tappa estiva della sua breve tournée italiana. E' una musica all'impronta che viene fuori spontaneamente, poiché non prevede arrangiamenti preordinati. Di fatto sono a confronto due mondi apparentemente contrapposti. Da un lato si schiera una base ritmica indubbiamente autoctona, molto vivace, lussureggiante di aromi, colori, densa di significati e con un suo spessore storico nella tradizione della terra del fuoco. Dall'altra parte c'è George Haslam, musicista settantaduenne, militante da sempre nei gruppi più avanzati del jazz inglese, ancora curioso di effettuare nuovi rendez-vous e nuove avventure, portandosi dietro, però, il peso delle esperienze maturate nella musica d'avanguardia europea e non solo. Il dialogo fra questi due universi espressivi fornisce un quadro variegato, dove dominano le calde percussioni sudamericane accanto al timbro di un sassofono più orientato verso toni spigolosi, angolati e meno disposto a esporre un tema o a "cantare" una melodia.

Il cd 1 è composto da una suite in dodici sequenze, fra cui si raccomanda particolarmente "Baritone". Il brano inizia con una selva di percussioni che procedono in modo autonomo costruendo un ritmo intenso, sovrabbondante di suoni diversi, ma teso e uniforme. Il sassofono sviluppa un solo in apparenza indipendente dal background sottostante ma, ad una lettura più attenta, si scopre che queste voci così contrastanti possono costruire un connubio insospettabilmente omogeneo, proprio perché frutto di una disomogeneità esibita. Ognuno, in effetti, suona per se stesso, mantenendo la sua specificità, ma con un "orecchio" di riguardo a quanto producono gli altri. Da questo incontro-scontro nasce un miracoloso equilibrio proveniente, però, dallo squilibrio di base.
Sulla stessa lunghezza d'onda è anche "Arrived". Partono in quarta le percussioni, quando entrano in scena il baritono e l'armonica a bocca con suoni lancinanti si ricade in un free piuttosto dirompente. Il passaggio di Ruben Ferrero al piano sposta l'asse della musica verso atmosfere coltraniane o tyneriane. Nel frattempo, alle spalle, Savelon e Martello continuano a "pestare" sui loro stumenti, facendo crescere un ritmo costante e ossessivo.

Il secondo disco ha tutta un'altra fisionomia. E' appannaggio di un quartetto che rende omaggio ad una figura centrale del jazz argentino: Walter Thiers, dinamico organizzatore di festival ed eventi cool. E' schierata l'intera gamma dei sassofoni e questo contribuisce a formare un insieme sonoro molto ricco dal punto di vista timbrico. Come scrive Haslam, poi " è' una musica essenzialmente aperta nella forma, con libere digressioni". Quasi tutti i brani hanno, infatti, un tema ben definito esposto dall'intero gruppo, in genere, a cui seguono assoli prevalentemente melodici, in un gioco di alternanza fra i vari componenti del team. I tempi sono lenti o moderati e si respira ovunque un'aria malinconica se non triste piuttosto marcata. La sola traccia finale "Tinto Dreams" è un episodio free e costituisce una sorta di enfasi liberatoria.

Fra i sassofonisti "di casa" si distingue specialmente Pablo Ledesma, efficace ed espressivo in ogni situazione con il suo soprano che sale volentieri e agevolmente verso gli acuti. Non sono in secondo piano, ma contribuiscono, invece, al sound complessivo con proprietà di linguaggio, l'altoista Sergio Paolucci e il tenorista Daniel Harari.
George Haslam da parte sua, occorre sottolinearlo, cura la regia sornione, da dietro o davanti alle quinte, ritagliando per sé interventi discreti e preziosi e determinando, però, con la sua sola presenza, il carattere della registrazione.

Il vertice del disco è rappresentato da una versione ammantata di solennità e dotata di un pathos rari di "St.James Infirmary" siglata dallo stesso ospite straniero.

Questo doppio cd conferma la grande abilità del musicista inglese di trovare sempre partners adatti in ogni circostanza per costruire progetti di valore, anche se intenzionalmente non particolarmente elaborati. Con poche indicazioni per i compagni giusti la musica fluisce libera e spontanea e sa conquistare un pubblico attento e disponibile. In più c'è da evidenziare in George Haslam, la volontà di non fermarsi mai, di intraprendere sempre nuovi percorsi, di ricercare costantemente situazioni in partenza rischiose, di affrontare sfide inedite. E' il modo di vivere affascinante e impervio scelto dai veri improvvisatori.

Gianni Montano per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 22/10/2011

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