La manifestazione
Fiemme Ski Jazz, giunta quest'anno alla sua VIII edizione, ha aperto la sua interessante programmazione ospitando il quartetto di Lewish Nash, accompagnato da Dado Moroni al piano, Steve Wilson all'alto e al soprano e Peter Washington al contrabbasso.
Il quartetto apre con una composizione in ¾ il cui tema è esposto dal soprano di
Wilson, seguito da un personalissimo solo di
Moroni e da un intervento solistico in crescendo dello stesso Wilson, che non disdegna chiari richiami coltraniani.
La sezione ritmica è una macchina che non perde un colpo.
You and the night and the music è il secondo brano, in cui ancora una volta è l'intervento solistico di
Wilson a spiccare, questa volta impegnato al contralto. Il sassofonista ha un suono tagliente,
un fraseggio estremamente moderno (forse un po' troppo accademico?) ed è sempre alla ricerca di soluzioni armoniche non banali.
La sezione che accompagna il solista ribadisce la sua eccellenza oscurata leggermente dall'amplificazione del basso, mai adeguata.
Nash trova lo spazio per un solo da virtuoso e il riattacco sul tema è da brivido.
Il concerto segue con composizioni di Kenny Barron e di Monk, in cui l'alto di
Wilson è sempre capace di sapientissime frasi, soli in gran crescendo. Spiccano anche la raffinatissima personalità musicale di Dado Moroni, eccellente pianista, e naturalmente la grande maestria di
Nash, sempre capace di una "formula" d'accompagnamento vincente: mai invadente, sempre in simbiotico ascolto del solista.
Questa ultima qualità del batterista risalta soprattutto in The mouche di Ellington, eseguita in duo con
Wilson: la grande perizia di Nash, unita all'impeccabile preparazione di Wilson, fanno quasi dimenticare che in quel duo non ci sia uno strumento armonico…l'accompagnamento di Nash è talmente fluido, naturale, che sembra che il soprano stia suonando su un tappeto di accordi.
L'approccio all'improvvisazione di
Moroni e Wilson è quanto mai simile: UMMG di B. Strayhorn suggella il loro approccio individuale all'espressione del solo, risorse melodico-armoniche sempre piuttosto originali, sempre interessanti anche dal punto di vista ritmico. È proprio lo stesso Moroni che costruisce un solo molto bello sulla ballad I never told you, come sempre magistralmente sostenuto dai compagni del resto della sezione ritmica.
Poi Nash rompe il pedale della grancassa e sempre
Moroni riempie il "tempo tecnico" con uno squisito piano solo.
Il finale, New York attitude è un up tempo su cui i musicisti si scatenano: viene finalmente fuori il basso di
Washington che si esibisce in uno spettacolare solo.
Il pubblico chiede il bis e il quartetto non si sottrae: sono ancora
Moroni e Wilson a sfoderare raffinate melodie.
Una piccola critica tuttavia me la concedo: Wilson è un sassofonista eccellente, su questo non vi sono dubbi. A volte ho avuto l'impressione però che le sue trame dei soli fossero un po' cervellotiche, un po' troppo "studiate" piuttosto che spontanee, create
hic et nunc. Di questo il concerto ha un po' risentito…è stato un fattore che non ha fatto giungere, a mio parere, dritto al cuore del pubblico il grande valore dei musicisti che aveva di fronte.