Südtirol Jazz Festival 2015 Altoadige - 26 giugno - 5 luglio 2015
di Vincenzo Fugaldi
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Sotto la misteriosa denominazione di G7 Great European Jazz Conference
il festival altoatesino ha celato una coraggiosa produzione originale che ha affidato
a Matthias Schriefl il compito di guidare una formazione che riunisse sette
musicisti di diversi paesi europei. Così si sono incontrati con il tedesco Schriefl
il trio Equally Stupid (Pauli Lyytinen, sax tenore e melodica, finlandese;
Sigurdur Rögnvaldsson, chitarra, islandese; David Meier, batteria,
svizzero) e tre voci femminili (Tamara Lukasheva, ucraina; Lauren Kinsella,
irlandese; Leila Martial, francese). Sullo sfondo a tratti solidamente rock
del trio, i sette hanno proposto composizioni di vari elementi dell'inedito ensemble,
tutte giocate sull'incastro tra le tre pregevoli voci, che non avevano mai collaborato
tra loro in precedenza, e che hanno mostrato notevoli capacità improvvisative. Schriefl,
alternandosi alla tromba, al flicorno, al bombardino e al sousafono, incrociandosi
col tenore di Lyytinen, ha condotto sapientemente il gioco controllando la sua esuberante
personalità (che emergeva durante le strampalate presentazioni in varie lingue e
in un assolo con il flicorno nell'acqua), dando spazio a ogni componente del gruppo
che ha potuto apportare il proprio contributo solistico e d'insieme. Il trio di
base ha eseguito la propria Turkish Robbery, mentre Schriefl si è riservato
un intenso duo al corno alpino con la Lukasheva, su un noto canto tradizionale ucraino.
Durante il trascinante bis africaneggiante, Schriefl naturalmente non ha resistito
alla tentazione di tuffarsi con lo strumento nella piscina dell'Hotel Laurin, su
parte della quale era montato il palco, e di continuare a suonare nuotando, seguito
dal batterista.
Nell'ambito del convegno internazionale "Culture meets economy",
il chitarrista inglese Chris Sharkey si è ritagliato un breve spazio per
proporre la sua musica, nella quale l'elettronica ha un ruolo preponderante. Suoni
e rumori venivano emessi dalla sua console, mentre la chitarra assumeva un ruolo
marginale, con pochi accordi sul finale della performance. Assenza di ritmo e atmosfere
siderali di grande fascino, che ricordavano in parte certo rock elettronico tedesco
degli anni '70, debitamente aggiornato grazie alle nuove tecnologie.
Al suo primo concerto italiano, il pianista Matthew Bourne ha esordito con
un approccio decisamente poco ortodosso, percuotendo le corde del pianoforte con
le ciabatte. Sin dal brano successivo, ha poi mostrato una tecnica classica brillante,
una conoscenza delle musiche pianistiche del Novecento davvero ragguardevole e un
suono di disarmante bellezza. Tra un brano e l'altro ha mostrato un britannico
sense of humour, e verso il termine del concerto ha suonato una versione
della chapliniana Smile astratta e sognante, da antologia.
I quattro giovanissimi bavaresi dei Frigloob, capitanati dal clarinettista
Jakob Lakner, hanno mostrato una bella grinta ma un approccio ancora da sviluppare,
tra atmosfere heavy e ballad più rilassate. Il trio britannico dei Three
Trapped Tigers (Matt Calvert, chitarra e tastiere; Tom Rogerson,
tastiere; Adam Betts, batteria), all'esordio in territorio italiano, ha invece
suonato un rock puro e durissimo, dall'energia incontenibile. Betts è il batterista
ideale per questo genere, un fuoriclasse, sulle cui mobilissime figurazioni il lavoro
del chitarrista e tastierista e dell'altro tastierista poggiavano i loro interventi
ad un volume ovviamente sostenuto.
Tricko è il duo costituito dal pianista inglese Kit Downes e dalla
violoncellista Lucy Railton. Un piccolo ensemble cameristico, che ha eseguito
prevalentemente musica scritta, fra toni impressionisti e cenni di minimalismo,
mostrando concentrazione e affiatamento.
Il gruppo inglese più noto presente al festival era il quintetto dei Polar Bear,
guidato dal batterista Sebastian Rochford, con i due sax tenori di Mark
Lockheart e Pete Wareham, John Leafcutter all'elettronica e la
contrabbassista altoatesina Ruth Goller in sostituzione del titolare Tom
Herbert. Due lunghe composizioni, con un inizio d'atmosfera privo di ritmo, fino
all'intervento dell'intera band in uno sviluppo complesso e articolato. Il ruolo
chiave è affidato a Leafcutter, il cui laptop determina il clima dei brani e ne
segue e ne indirizza le dinamiche. I due sassofoni, diversi nello stile, più sanguigno
Lockheart e più astratto Wareham, contribuiscono ciascuno col proprio stile, insieme
o alternandosi, a far salire la temperatura dei brani, mentre la batteria del leader,
dallo stile discreto e compassato, segue il gioco con apparente distacco. Un insieme
personale e di grande suggestione.
Sullo stesso palco sotto le vetrate del Museion è stata poi la volta di un trio
di Leeds che pure esordiva in Italia, Shiver (Chris Sharkey, chitarra;
Andy Champion, basso elettrico; Joost Hendricks, batteria). Ottima
interazione, una visione musicale aperta e innovativa, per un trio che con una coinvolgente
varietà di atmosfere testimonia la inesauribile vitalità della scena underground
inglese, densa di energia e di idee avanzate.
La cantante inglese Julia Biel, anche pianista e chitarrista, ha proposto
con il suo trio un pop fresco e delicato, mostrando una voce calda e gradevole,
debitrice della lezione di
Nina Simone,
alla quale ha dedicato un esplicito omaggio eseguendo la celebre Feeling Good.
Il duo della cantante e violinista Alice Zawadzki e del chitarrista Moss
Freed, chiamato a rimpiazzare un artista assente negli spazi candidi del Museion,
ha spaziato con ottima padronanza nel folk europeo, inglese, greco, polacco, sefardita,
grazie alla voce angelica della cantante, mostratasi anche valida compositrice e
talentuosa strumentista.
FES è l'acronimo della band Flat Earth Society, un'orchestra belga
di quattordici elementi attiva sin dal 1997 e costituita dal clarinettista Peter
Vermeersch. Echi circensi, omaggi a Frank Zappa, una ecletticità forse troppo
marcata ma comunque grande energia hanno caratterizzato il concerto della agguerrita
big band, nella quale svettavano le personalità del chitarrista Pierre Vervloesem
e del clarinettista e vibrafonista Tom Wouters.
Kalle Kalima's Long Winding Road è un trio composto dal leader alla chitarra,
Max Andrzejewski alla batteria e Greg Cohen al contrabbasso. Il trio
ha suonato in due posti differenti, il rifugio Feltuner Hütte al Renon e la Stazione
a Monte della Funivia Merano 2000. Due siti montani che hanno fatto da cornice a
un gruppo che suona "americana", un genere vicino al country and western,
di gradevolissimo impatto. Repertorio popolare e fruibilissimo, che spaziava dalle
colonne sonore dei western a un brano di Sibelius, ad Hallelujah di Leonard
Cohen, sempre ricondotti al medesimo stile. Il finlandese Kalima mostra una tecnica
chitarristica notevolissima, con l'uso del bottleneck per ottenere lo
slide e una conoscenza profonda degli armonici, il tedesco Andrzejewski piega
il suo strumento alle esigenze dello stile, mentre lo statunitense Cohen, uno dei
più importanti contrabbassisti oggi attivi, era perfettamente a suo agio in un genere
che spesso affronta a fianco di
Bill Frisell.
"London Underground" è stata la denominazione della serata speciale che si
è tenuta all'interno di un luogo insolito e affascinante, lo stabilimento di frantumazione
e produzione di ghiaia Beton Eisack a Varna. Qui si sono alternati su quattro diversi
palchi vari gruppi, sino alla conclusione affidata a un dj set. A fare da collante
tra le esibizioni la registrazione dei rumori dello stabilimento, effettuata dai
tecnici del festival durante la giornata. La parte iniziale, la più avvincente della
serata, era affidata ai Brass Mask, diretti da Tom Challenger, band
che appare come una delle proposte più interessanti della giovane scena d'oltremanica,
che coniuga sapientemente la tipica gioiosità di una brass band con una qualità
musicale assolutamente elevata e convincente. Ma anche alcuni degli altri gruppi
susseguitisi, come gli energici e sperimentali Troyka (Chris Montague,
chitarra; Joshua Blackmore, batteria; Kit Downes, tastiere) e i più
fruibili e variegati Strobes (Dan Nicholls, tastiere; Matt Calvert,
chitarra; J. Blackmore, batteria) con le loro trame sottilmente progressive
e il suggestivo set elettronico di Alex Bonney hanno conferito qualità alla
serata.