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Südtirol Jazz Festival 2015
Altoadige - 26 giugno - 5 luglio 2015
di Vincenzo Fugaldi

Julia Biel  Sudtirol Jazz FestivalKalle Kalima  Sudtirol Jazz FestivalKalle Kalima %s Long Widing Road  Sudtirol Jazz FestivalKit Downes  Sudtirol Jazz Festival
Matthias Schriefl  Sudtirol Jazz FestivalMatthias Schriefl  Sudtirol Jazz FestivalPete Wareham  Sudtirol Jazz FestivalPierre Vervloesem  Sudtirol Jazz FestivalSebastian Rochford  Sudtirol Jazz Festival
Tom Rogerson  Sudtirol Jazz FestivalTom Wouters  Sudtirol Jazz FestivalAlex Bonney  Sudtirol Jazz FestivalAlice Zawadzki  Sudtirol Jazz FestivalAndy Champion  Sudtirol Jazz FestivalBrass Mask  Sudtirol Jazz FestivalMarfk Lockheart  Sudtirol Jazz Festival
F E S  Sudtirol Jazz FestivalGreg Cohen  Sudtirol Jazz FestivalJacob Lakner  Sudtirol Jazz FestivalJohn Leafcutter  Sudtirol Jazz FestivalChris Sharkey  Sudtirol Jazz Festival
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Sotto la misteriosa denominazione di G7 Great European Jazz Conference il festival altoatesino ha celato una coraggiosa produzione originale che ha affidato a Matthias Schriefl il compito di guidare una formazione che riunisse sette musicisti di diversi paesi europei. Così si sono incontrati con il tedesco Schriefl il trio Equally Stupid (Pauli Lyytinen, sax tenore e melodica, finlandese; Sigurdur Rögnvaldsson, chitarra, islandese; David Meier, batteria, svizzero) e tre voci femminili (Tamara Lukasheva, ucraina; Lauren Kinsella, irlandese; Leila Martial, francese). Sullo sfondo a tratti solidamente rock del trio, i sette hanno proposto composizioni di vari elementi dell'inedito ensemble, tutte giocate sull'incastro tra le tre pregevoli voci, che non avevano mai collaborato tra loro in precedenza, e che hanno mostrato notevoli capacità improvvisative. Schriefl, alternandosi alla tromba, al flicorno, al bombardino e al sousafono, incrociandosi col tenore di Lyytinen, ha condotto sapientemente il gioco controllando la sua esuberante personalità (che emergeva durante le strampalate presentazioni in varie lingue e in un assolo con il flicorno nell'acqua), dando spazio a ogni componente del gruppo che ha potuto apportare il proprio contributo solistico e d'insieme. Il trio di base ha eseguito la propria Turkish Robbery, mentre Schriefl si è riservato un intenso duo al corno alpino con la Lukasheva, su un noto canto tradizionale ucraino. Durante il trascinante bis africaneggiante, Schriefl naturalmente non ha resistito alla tentazione di tuffarsi con lo strumento nella piscina dell'Hotel Laurin, su parte della quale era montato il palco, e di continuare a suonare nuotando, seguito dal batterista.



Nell'ambito del convegno internazionale "Culture meets economy", il chitarrista inglese Chris Sharkey si è ritagliato un breve spazio per proporre la sua musica, nella quale l'elettronica ha un ruolo preponderante. Suoni e rumori venivano emessi dalla sua console, mentre la chitarra assumeva un ruolo marginale, con pochi accordi sul finale della performance. Assenza di ritmo e atmosfere siderali di grande fascino, che ricordavano in parte certo rock elettronico tedesco degli anni '70, debitamente aggiornato grazie alle nuove tecnologie.
 
Al suo primo concerto italiano, il pianista Matthew Bourne ha esordito con un approccio decisamente poco ortodosso, percuotendo le corde del pianoforte con le ciabatte. Sin dal brano successivo, ha poi mostrato una tecnica classica brillante, una conoscenza delle musiche pianistiche del Novecento davvero ragguardevole e un suono di disarmante bellezza. Tra un brano e l'altro ha mostrato un britannico sense of humour, e verso il termine del concerto ha suonato una versione della chapliniana Smile astratta e sognante, da antologia.

I quattro giovanissimi bavaresi dei Frigloob, capitanati dal clarinettista Jakob Lakner, hanno mostrato una bella grinta ma un approccio ancora da sviluppare, tra atmosfere heavy e ballad più rilassate. Il trio britannico dei Three Trapped Tigers (Matt Calvert, chitarra e tastiere; Tom Rogerson, tastiere; Adam Betts, batteria), all'esordio in territorio italiano, ha invece suonato un rock puro e durissimo, dall'energia incontenibile. Betts è il batterista ideale per questo genere, un fuoriclasse, sulle cui mobilissime figurazioni il lavoro del chitarrista e tastierista e dell'altro tastierista poggiavano i loro interventi ad un volume ovviamente sostenuto.

Tricko è il duo costituito dal pianista inglese Kit Downes e dalla violoncellista Lucy Railton. Un piccolo ensemble cameristico, che ha eseguito prevalentemente musica scritta, fra toni impressionisti e cenni di minimalismo, mostrando concentrazione e affiatamento.
Il gruppo inglese più noto presente al festival era il quintetto dei Polar Bear, guidato dal batterista Sebastian Rochford, con i due sax tenori di Mark Lockheart e Pete Wareham, John Leafcutter all'elettronica e la contrabbassista altoatesina Ruth Goller in sostituzione del titolare Tom Herbert. Due lunghe composizioni, con un inizio d'atmosfera privo di ritmo, fino all'intervento dell'intera band in uno sviluppo complesso e articolato. Il ruolo chiave è affidato a Leafcutter, il cui laptop determina il clima dei brani e ne segue e ne indirizza le dinamiche. I due sassofoni, diversi nello stile, più sanguigno Lockheart e più astratto Wareham, contribuiscono ciascuno col proprio stile, insieme o alternandosi, a far salire la temperatura dei brani, mentre la batteria del leader, dallo stile discreto e compassato, segue il gioco con apparente distacco. Un insieme personale e di grande suggestione.
 
Sullo stesso palco sotto le vetrate del Museion è stata poi la volta di un trio di Leeds che pure esordiva in Italia, Shiver (Chris Sharkey, chitarra; Andy Champion, basso elettrico; Joost Hendricks, batteria). Ottima interazione, una visione musicale aperta e innovativa, per un trio che con una coinvolgente varietà di atmosfere testimonia la inesauribile vitalità della scena underground inglese, densa di energia e di idee avanzate.

La cantante inglese Julia Biel, anche pianista e chitarrista, ha proposto con il suo trio un pop fresco e delicato, mostrando una voce calda e gradevole, debitrice della lezione di Nina Simone, alla quale ha dedicato un esplicito omaggio eseguendo la celebre Feeling Good.

Il duo della cantante e violinista Alice Zawadzki e del chitarrista Moss Freed, chiamato a rimpiazzare un artista assente negli spazi candidi del Museion, ha spaziato con ottima padronanza nel folk europeo, inglese, greco, polacco, sefardita, grazie alla voce angelica della cantante, mostratasi anche valida compositrice e talentuosa strumentista.

FES è l'acronimo della band Flat Earth Society, un'orchestra belga di quattordici elementi attiva sin dal 1997 e costituita dal clarinettista Peter Vermeersch. Echi circensi, omaggi a Frank Zappa, una ecletticità forse troppo marcata ma comunque grande energia hanno caratterizzato il concerto della agguerrita big band, nella quale svettavano le personalità del chitarrista Pierre Vervloesem e del clarinettista e vibrafonista Tom Wouters.

Kalle Kalima's Long Winding Road è un trio composto dal leader alla chitarra, Max Andrzejewski alla batteria e Greg Cohen al contrabbasso. Il trio ha suonato in due posti differenti, il rifugio Feltuner Hütte al Renon e la Stazione a Monte della Funivia Merano 2000. Due siti montani che hanno fatto da cornice a un gruppo che suona "americana", un genere vicino al country and western, di gradevolissimo impatto. Repertorio popolare e fruibilissimo, che spaziava dalle colonne sonore dei western a un brano di Sibelius, ad Hallelujah di Leonard Cohen, sempre ricondotti al medesimo stile. Il finlandese Kalima mostra una tecnica chitarristica notevolissima, con l'uso del bottleneck per ottenere lo slide e una conoscenza profonda degli armonici, il tedesco Andrzejewski piega il suo strumento alle esigenze dello stile, mentre lo statunitense Cohen, uno dei più importanti contrabbassisti oggi attivi, era perfettamente a suo agio in un genere che spesso affronta a fianco di Bill Frisell.

"London Underground" è stata la denominazione della serata speciale che si è tenuta all'interno di un luogo insolito e affascinante, lo stabilimento di frantumazione e produzione di ghiaia Beton Eisack a Varna. Qui si sono alternati su quattro diversi palchi vari gruppi, sino alla conclusione affidata a un dj set. A fare da collante tra le esibizioni la registrazione dei rumori dello stabilimento, effettuata dai tecnici del festival durante la giornata. La parte iniziale, la più avvincente della serata, era affidata ai Brass Mask, diretti da Tom Challenger, band che appare come una delle proposte più interessanti della giovane scena d'oltremanica, che coniuga sapientemente la tipica gioiosità di una brass band con una qualità musicale assolutamente elevata e convincente. Ma anche alcuni degli altri gruppi susseguitisi, come gli energici e sperimentali Troyka (Chris Montague, chitarra; Joshua Blackmore, batteria; Kit Downes, tastiere) e i più fruibili e variegati Strobes (Dan Nicholls, tastiere; Matt Calvert, chitarra; J. Blackmore, batteria) con le loro trame sottilmente progressive e il suggestivo set elettronico di Alex Bonney hanno conferito qualità alla serata.







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Data pubblicazione: 26/07/2015

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