Umberto Petrin
e Brera Consort
Play Brel
Villa Litta Carini – Orio Litta (Lo) 26 aprile 2009
di Marco Buttafuoco
photo by Roberto Masotti
Umberto Petrin - piano
Daniela Cammarano - violino
Michele Torresetti - violino
Feyzi Brera - viola, chitarra elettrica
Kerem Brera - violoncello
La Ecm sta per scrivere un altro capitolo della lunga e complicata storia
d'amore fra jazz e canzone "leggera". L' etichetta di Manfred Eicher ha infatti
commissionato a Umberto Petrin un cd dedicato al grande Jaques Brel
(1929-1978), chansonnier belga che furoreggiò sulla scena musicale parigina dal
1956 al 1966
per dedicarsi poi al cinema ed al teatro. Brel fu un poeta vero ed anche un grande
compositore di canzoni. Pezzi come "Ne me quitte pas",
"Le plat pays", "Amsterdam",
fanno parte della storia della sensibilità europea fra gli anni 50 e 60.
Il progetto è stato ufficialmente presentato
a Novara Jazz nel giugno di quest' anno, ma chi scrive ha avuto la fortuna di assistere
ad una pre - anteprima, tenutasi nel lodigiano il 26 aprile.
Pianoforte e quartetto d' archi, qualche inserto di chitarra elettrica
qua e là. Niente voce umana. Il materiale melodico immerso in una sonorità molto
contemporanea, "euro-colta", senza perdere niente però, della forza originaria.
In altre parole la scrittura di Petrin ha restituito, nonostante il particolare
organico strumentale, la passionalità debordante di Brel. Si ritrova Coltrane in
questo eccellente progetto, ma anche l' atmosfera dei cafes chantants parigini del
primo ‘900, insieme ad echi di musica di strada: fisarmoniche organetti, violinisti
gitani.
Quindi non l' ennesima rilettura swing di vecchie canzoni, "genere" musicale
dietro il quale si cela talvolta una seria mancanza di idee o una profonda superficialità
artistica. Petrin ha ascoltato Brel dal suo punto di vista di musicista contemporaneo
legato alla pratica dell' improvvisazione. Lo ha ascoltato e lo ha fatto cantare
di nuovo, sotto riflettori nuovi e inconsueti.
La gentilezza del pianista di Broni mi ha permesso, al termine del concerto di tracciare
una breve storia della nascita del progetto e al tempo stesso di conoscere il punto
di vista di Petrin sull' eterna questione della reinterpretazione di un repertorio
"classico". In attesa ovviamente dell' uscita del disco, prevista per il prossimo
autunno.
Perché proprio Brel?
L'idea è stata, più che mia, di Manfred Eicher. Me la propose durante
la registrazione di "Vaghissimo ritratto" Per quel disco, che registrammo in trio
con Trovesi e Maras io portai proprio una canzone di Brel, "Amsterdam".
Manfred mi disse che mi vedeva adatto ad una rilettura del grande artista belga.
Al suo solito pose poche condizioni artistiche. Fai come credi- mi disse- basta
che tu inserisca un quartetto d'archi nel progetto. Io non avevo mai scritto una
sola riga per questo tipo di ensemble. E questo mi dette subito carica. Mi piacciono
le cose difficili: mi ci butto a corpo morto.
Brel
invece non era una novità. Già una decina di anni fa il Festival di Recanati mi
aveva commissionato un lavoro su di lui del quale interpretai quattro o cinque pezzi.
Ho lavorato molto sulla scrittura di questo nuovo disco, con qualche difficoltà.
Io amo molto il quartetto e nella mia collezione di dischi c'è veramente molto della
letteratura su questo argomento:conosco bene Beethoven, Mozart, Bartok e tutti i
grandi,. Ma scrivere è altro. Ho lavorato a lungo con quattro musicisti diversi
da quelli che compaiono nel disco. Erano molto bravi ma mi lasciavano insoddisfatto.
Il fatto è che nel mio progetto ci sono molte parti improvvisate. Loro erano bravi
ma, come molti musicisti classici, facevano fatica a lavorare "senza rete". Non
erano abituati, ad esempio, ai cambi di tempo improvvisi. Mi fu segnalato l'ensemble
di Feyzy Brera. Lui fra l'altro è un musicista abituato anche ad altri linguaggi.
Suona la chitarra elettrica, oltre la viola. Ci capimmo subito.
Brel lo conoscevi e lo apprezzavi ancora prima della
proposta di Eicher. C' è in questo amore qualcosa che attiene anche al tuo essere
poeta, oltre che musicista ?
Certamente sì. Io nasco come poeta e come tale ho sempre apprezzato moltissimo
la canzone francese degli anni 50 e 60. Quella, per capirci, del grande trio Brassens-
Ferrè, Brel. Amo Ferrè in modo particolare: è quello che ha dato voce musicale ai
grandi poeti francesi. Sto studiando come inserire qualcosa di suo nei concerti
che farò con questa formazione. Cercherò di farlo "cantare" insieme a Brel,
in qualche serata. Brel invece è immerso nell'esistenzialismo. E' forte nel suo
linguaggio, debordante, spudorato. Dotato anche di una grande teatralità. Ferrè
dettava le atmosfere di un pezzo dal vivo con un semplice gesto. Brel invece cantava
e recitava nello stesso tempo. Avrei voluto, ad esempio, inserire in questo progetto
"Chez ce gens la", un pezzo basato su due soli
accordi sui quali lui scaricava una carica emozionale quasi insostenibile, raccontando
una storia di frustrazione e fallimento. Ma ci voleva il testo. Senza quello non
avrebbe reso niente. Ma quei versi solo Brel li poteva cantare e recitare. Avrei
potuto al più utilizzare una sequenza della sua voce, qualche frammento. Non è detto
che non lo farò prima o poi. In effetti solo la sua voce è adatta alle sue canzoni,
perché lui le viveva in una maniera tutta sua.
Togliendo la voce dal tuo progetto hai imboccato però
un percorso più complicato
Vero. Anche perché la semplicità musicale di certe canzoni di Brel ne rende,
paradossalmente, difficile una rilettura. Per capirci, molti suoi pezzi sono basati
su pochissime note, su una struttura di accordi molto elementare, come d'altronde
molta produzione di De Andrè. Ho quindi cercato un approccio poetico al materiale
musicale; ho cercato di capire il centro emotivo di ogni singola canzone, l' intenzione
emozionale, se così si può dire, partendo però dal testo invece che dal suono. Così
quelli del disco sono più, musicalmente parlando, brani miei che non di Brel. Ad
esempio in "Ne me quitte pas" il tema non c'è
quasi mai. Lo tiene per qualche istante la viola, ma niente di più. Il nocciolo
è sempre lì, in quella invocazione ripetuta, in quella risposta che non arriva mai.
Il quartetto racconta questa angoscia con accordi particolari, molto tesi, sospesi.
Dal testo ho cercato di arrivare al centro emotivo del tema, frantumando il tema
stesso in tante altre storie e situazioni. In realtà non ho arrangiato le canzoni
di Brel, Ho tracciato su di esse un mio cammino personale. Ho scritto tantissime
pagine e moltissime ne ho stracciate, fino a che non sono riuscito a capire il senso
del lavoro. Ma il senso definitivo l' ho trovato quando ho incontrato questo quartetto
ed ho capito come e cosa potevo scrivere per questi splendidi giovani musicisti.
E' stato un lavoro molto più impegnativo. Il più difficile della mia vita di musicista.
E per questo particolarmente esaltante. Ma sono felice del risultato e sono grato
a Manfred di avermi proposto questa sfida. E' il vero produttore. Ha idee precise
e definite, ma ha sempre un grande rispetto per gli artisti e per la loro libertà.
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Data pubblicazione: 25/08/2009
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