Amici della Musica "SummerNight - musica jazz & dintorni"
Laura Campisi Trio
Palermo, Palazzo Fatta 10 luglio 2003
di Antonio Terzo
Laura Campisi (voce)
Diego Spitaleri (piano)
Giuseppe Costa (contrabbasso)
guest star Vito Giordano (tromba)
Fa sempre piacere poter ascoltare chi muove i primi passi sulla scena jazzistica e musicale in genere. Soprattutto quando ha i numeri per farlo, mettendo in mostra sensibilità, capacità e qualità. E' questo il caso della giovane Laura Campisi, il cui concerto ha dato la possibilità di apprezzarne le caratteristiche, in un contesto diverso dal solito rumoroso e fumoso
jazz-club.
Nella sala di Palazzo Fatta, la vocalist è accompagnata da jazzisti di provata esperienza, Giuseppe Costa al contrabbasso, Diego Spitaleri al piano, e per finire con la guest star della serata, Vito Giordano, che nel secondo tempo si produce nel suo elegante virtuosismo trombettistico.
Non facile il repertorio di Lady Day messo a punto dall'interprete palermitana, nel quale figurano anche brani oggi non troppo battuti, ma pur sempre fondamentali.
Partenza misurata con
Nice work if you can get it, solo introduttivo di Costa e piano di Spitaleri molto sobrio a sorreggere la voce molto intonata, particolare nei toni gravi, piuttosto timida sugli acuti, almeno in questa fase iniziale, mentre sul tempo più fast del brano successivo si fa più disinvolta e ricca di sfumature. Segue
God bless the Child
(Holiday-Herzog), in un emozionante duo con il piano che cattura la platea. Quindi dopo la presentazione dei musicisti, il più movimentato
Ain't Misbehaving, uno swing in cui si cala perfettamente il solo di Spitaleri e dove l'interpretazione della Campisi ha il gusto per l'ironia dell'originale. Si continua con
You don't know what love is, adesso con iniziale duo voce e contrabbasso, un blues lento, inesorabile nel coinvolgere con la sua pregnante delicatezza gli astanti. Grande atmosfera creata sia dalla voce che dal recitato di Costa, il cui esteso eloquio percorre tutta la tastiera dello strumento, strappando l'applauso del pubblico attentissimo. Il dondolante mood del brano è invece snocciolato nell'assolo di piano, che torna poi languidamente slow in chiusura,
la voce scivolando appena sulle parole.
E dopo I can't give you anything but love, baby, con un ritmico e fantasioso
walkin-bass di Costa,
Don't explain (Holiday-Herzog), ultimo pezzo prima della pausa, accompagnato unicamente dal contrabbasso, le cui note conducono le modulazioni di Laura nelle profondità dei silenziosi spazi permessi da questa suggestiva versione del noto standard. Toccante il solo di
contrabbasso.
Secondo tempo con irruzione a sorpresa della guest star Vito Giordano da dietro la platea, per l'introduzione di
Do you know what it means to miss New Orleans, con uno swing molto personale, i cui picchi sugli acuti vengono accolti da un fragoroso applauso. Poi
Do nothin' 'till you hear from me, tromba di Giordano con sordina, molto spiritosa, a ripetere la melodia in ritardo di una battuta, e poi firmare uno dei suoi squillanti interventi, nitido nell'esposizione. Dedicato ai presenti ed alle persone che han reso possibile il concerto,
Embraceble you
(George & Ira Gershwing), Giordano al flicorno,
suono caldo e corposo, improvvisazione cantabile, fraseggio versatile. Pezzo
molto delicato, accorato, buona intesa fra Giordano e Spitaleri. E supportata da tale gruppo, la Campisi non deve far altro che cantare, serenamente, al meglio delle sue indubbie potenzialità: ancora un blues swingato introdotto dalla tromba, di nuovo con sordina, azzeccatissimo vibrato in assolo per poi assecondare il tempo raddoppiato con frasi articolate e punte sui sovracuti. Spitaleri tira fuori ancora uno dei suoi vivaci ed eleganti assoli con vari ed accattivanti accenti che mettono in luce l'efficace essenzialità del pianismo di questo riservato musicista. Quindi i due momenti forse più trascinanti della performance, non a caso in finale di serata. Sguardo d'intesa fra tutti, e parte infatti
Body&Soul
per l'attacco del lirico flicorno di Giordano, una esibizione nell'esibizione, la quale prosegue con una sensibile interpretazione della Campisi, visibilmente compenetrata nel pezzo. L'intensità viene poi stemperata da una divertente
What a little moonlight can do
interpretata in una personale chiave della cantante, in recupero della versione originale della Holiday, tralasciando gli ampollosi vocalizzi delle più recenti edizioni discografiche. Grande solo di tromba, ispiratissimo, cui segue quello di Spitaleri che gioca con le pause ed i controtempi sul notevole walking di Costa, il quale riesce perfino a simulare il rimshot della batteria
battendo le corde contro il manico.
Forse ancora più emozionata per la richiesta di bis, la Campisi si offre in un ultimo pezzo, in cui tutti i musicisti danno il meglio di sé, per uno splendido finale.
Convincente prova d'esordio, dunque, per Laura Campisi, ben supportata da esperti musicisti che le facilitano certamente il lavoro. Molte – forse troppe – le sfumature holidayiane nel suo singing, comprensibili in una serata dedicata all'indimenticabile voce nera del jazz: si attende adesso di poterla apprezzare in un contesto diverso, slegato da riferimenti ingombranti e quindi più spontaneo, in grado di mettere in risalto la sua genuina voce, dotata comunque di buone qualità d'espressione.
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Data pubblicazione: 21/10/2003
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