Jazzitalia - Recensioni - Moss Project: What do you see when you close your eyes
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            THE JAZZ RUSSELL (gruppo)
            VARAVALLO Luca (contrabbasso)
Moss Project
What do you see when you close your eyes



Babel label (2013)

1. Introduction
2. The Bubble
3. Anniversary
4. What Do You See When You Close Your Eyes?
5. Caravans
6. Freud And Jung Ride The Tunnel Of Love
7. The Angel
8. Postscript: Lose Ourselves

Moss Freed - chitarra, coro
Alice Zawadzki - violino, voce
Ruth Goller - basso elettrico, coro, contrabbasso
Marek Dorcik - batteria
Ospite:

Shabaka Hutchings - sax tenore, clarinetto basso


Un libro e un disco, oppure il contrario. Un libercolo di ventiquattro pagine finemente rilegate in brossura che contengono otto storie per altrettanti brani. Firme di pregio, come Naomi Alderman, vincitrice dell'Orange Prize per nuovi scrittori e del Sunday Times Young Writer Of The Year; il dublinese Colum McCann, che si fregia di un National Book Award vinto nel 2009, autore di diversi best sellers; James Miller, London's Rising Literary Star nel 2008; Joe Dunthorne, scrittore gallese, autore di Submarine che è diventato – nel 2010 – un film cult; Lawrence Norfolk, ben noto autore inglese di romanzi dal tessuto storico; la giornalista e romanziera libanese Hanan al Shaykh, tra le più importanti intellettuali della letteratura araba. Ogni storia ha la sua musica e viceversa. Il tempo di una canzone, ma anche di una short story per guardare il mondo con occhi diversi. Musica e testi sembrano andare in collisione, ed è questo il bello.

Il progetto di Moss Freed, che autografa tutto ad eccezione di "Caravan" scritta da Ruth Goller, conserva tutte le direttrici della musica fresca e di alto lignaggio. A partire dalle movenze più che agogiche di "The Bubble", dal groove sostenuto dove rimbalzano i vocalizzi puri e scintillanti di Alice Zawadzki, che tornisce le note anche con il violino su sistemi armonici funky; tutto arricchito dalla chitarra del caporchestra di Manchester, che sa mettere sulla bilancia, per pareggiare il suo ardimentoso furore rock, un fraseggio più posato e un'ottima sicurezza ritmica. "Anniversary", ballad rinfrescata da toni prima rarefatti che va in crescendo e si arricchisce del suono soffiato e vibrato di Shabaka Hutchings con il controcanto della Zawadzki a rendere ancora più sinfonico il bel riquadro.
La main-title respira della fusion più convincente, essenziale: senza tanti fronzoli elettronici, ma solo sulle corde vocali, del violino e della chitarra sorretti dal pulsante basso di Goller e dalla batteria di Dorcik, sempre presente e pronta a tutti i rapidi cambi di tempo, ma mai invasiva.
"Caravans" vive il suo piacevole caos strumentale che apre "Freud And Jung Ride The Tunnel Of Love", uscita dal cilindro degli anni Settanta, tra avant-garde, fusion, e funky, con l'assolo di Hutchings che gioca a meraviglia con tutti i registri del tenore. "The Angel" è uno slow-tempo carezzevole con le linee di basso tonde e torride di Goller in prima fila. "Lose Ourselves" evoca la tradizione folclorica anglosassone e mette, per la prima volta, le parole alla illuminante voce della Zawadzki.

Questo non è un progetto: è un'opera, e di valore quasi inestimabile ai giorni nostri, perché fondere tra loro arti diverse senza cadere in acque salmastre, è un'impresa non semplice. Moss Project ci riesce alla perfezione regalando musica e parole di bellezza e spessore.

Alceste Ayroldi per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 03/11/2013

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