Scrive "Titti" Castrini nelle note di copertina: "a nulla serve
viaggiare per sentirsi uno spirito libero, l'anima è veramente libera quando sta
in pace ovunque si trovi." Una dichiarazione d'intenti artistici e umani per
un volo intorno al mondo musicale all'insegna della rivisitazione del sound
del jazz creolo, ma non solo.
Le Trio Gitan sperimenta percorsi emozionali e
melodici istintivi, eseguiti con un riconoscibile tocco impressionistico e solare:
atmosfere liriche dagli itinerari ben delineati, segnati da una vitalità spesso
gioiosa, fedeli alle proprie origini culturali di "trio gitano", avendo nel
cuore tanto Django Reinhardt quanto
Richard Galliano,
Christian Escoudé o Michel Portal, espandendo la propria sensibilità
in forme cosmopolite e versatili (da "Bluesette"
di Thielemans
a "On the sunny side of the street" di Fields
e McHugh, da "Poinciana" di Bierner e Simon
a "Walts for Ruth" di
Charlie
Haden, all'ottima "After You've
Gone" di Creamer e Leyton).
Estetica e tecnica paiono coniugarsi ad una decisa personalità del suono,
ad un' intuizione del "colore strumentale" davvero interessante per ricerca armonica
e pathos. Prova ne sia "Historia de un amor"
di Carlos Eleta Almaran (ma torna alla mente, per assimilazione progressiva, "Gracias
a la vida" di Violeta Parra….), limpida oasi meditativa ove percorrere
rigenerazioni spirituali nell'atmosfera vellutata, screziata, struggente, raffinata,
d'un passato rivissuto con purezza disarmante.
Lo stile del trio non avrebbe non potuto che scegliere l'acustico, intrecciando
suggestivi ricami su un orizzonte dalle tinte vibranti, come se fosse solo una base
di partenza per un'apertura totale al mondo del jazz, del tango, della più cittadina
musique française (indicativi in tal senso i bei riferimenti evocati da "Surprises",
brano che non a caso dà titolo all'album), genere quest'ultimo difficile da confondere
con altri e che viene ricomposto nelle sue forme indelebili ovunque vibri la fisarmonica
di Vincenzo Castrini, parallela allo stimolo ritmico e cromatico della chitarra
gitana di Luciano Poli, in un contesto ben animato dall'impronta sensibile
e discreta del contrabbasso di Mauro Sereno.
Le Trio Gitan: un sodalizio controcorrente, lontano dalle convenzioni e disponibile
a nuove esperienze, incline a ricercare soluzioni armoniche autentiche non per il
semplice gusto di sembrare estrosi ma per una naturale disposizione a inarcare le
sembianze d'un' indiscutibile emotività in fusioni di elementi colti e "popolari",
moderni e antichi, senza che vi siano fratture tra scrittura e improvvisazione,
all'insegna sì della modestia ma anche della consapevolezza dei propri mezzi, qualità
che non sempre convivono fra giovani musicisti.
Ed allora il trio, a nostro parere, non può che meritare attenzione, più
di quanta non se ne dia usualmente a chi possieda il buon gusto e le capacità di
presentarsi al pubblico senza celare i propri maestri e, soprattutto, volendo unire
l'ampia gamma dei sentimenti (giusto sottolinearlo) con la finezza strumentale intesa
come un mezzo e non un fine.
Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 21/06/2008
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