E' ormai appurato che le nuove leve del jazz italiano si dividono in due scuole distinte: da un lato, i "globalizzati", coloro, cioè, che concentrano la propria attenzione su un passato geograficamente lontano ma universalmente accessibile. Dall'altro, i "ricercatori", una figura a metà strada fra l'etnomusicologo e il jazzista folk. In questa seconda categoria rientra anche il sestetto NoPop, giovanissima formazione che raccoglie alcuni fra i più validi musicisti provenienti dalla scena romagnola. Le otto tracce di questo album sono letteralmente impregnate dalle atmosfere della Romagna; i brani scritti dal bassista
Stefano Ricci, in particolare, hanno la capacità di evocare un mondo riconoscibilissimo nel suo cinematico e nostalgico danzare della memoria. Per una volta il jazz è funzionale a una riscoperta originale del proprio patrimonio culturale.
Utilizzare linguaggi e stilemi differenti per convergere verso un medesimo obiettivo: rielaborare la tradizione, mantenendone viva l'anima. Se per il jazz italiano rimane una strada da percorrere, un'àncora di originalità cui aggrapparsi, questa non può che essere rappresentata dal modo di fare musica dei NoPop.
Francesco Ughi per Jazzitalia