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Faden Piano Trio
Seducendo
Jazz Tone Records (2013)
1. Evocazione della lontananza
2. Seducendo
3. Avithai
4. Schneebett
5. I corvi di Warthestrasse
6. Piano Baby Freeze
7. Zenofania
8. Per Eris
Pier Marco Turchetti - pianoforte e tastiere Adriano Rugiadi - basso fretless Stefano Calvano - batteria e percussioni
Gli psicologi della comunicazione consigliano di non iniziare discorsi scritti o
parlati con l'avverbio negativo (per non apparire troppo spoetizzanti). E' qui il
caso di disattendere il consiglio, perché per meglio comprendere Faden Piano Trio
è da dire cosa non sono: non sono scontati, non fanno un disco ogni due mesi, non
si preoccupano di mettere in mostra i muscoli e darsi ad attività ginnico-musicali,
non fanno pubblicità massiva, non si svendono al miglior offerente. In pratica,
fanno quello che i musicisti seri di ogni parte del mondo fanno (o dovrebbero fare):
studiano, ricercano, si confrontano e, quindi, i risultati non possono che essere
illuminanti.
Purtroppo, tra i vari "non" c'è da dire che non suonano molto in giro, non primeggiano
nei cartelloni italiani come qualche musicista nostrano che suona in ogni dove e
ogni situazione. Ma questa non è una loro scelta, è un effetto collaterale di non
essere pronti al commercio-mercimonio e, soprattutto, della miopia di molti organizzatori.
"Seducendo" arriva dopo tre anni dalla precedente opera prima "Mehr Als Leben" e ne segue la scia, liberando aria fresca e rugiadosa.
Le composizioni sono tutte della triade, non c'è spazio per un leader. Si parte
da una cellula melodica di matrice classica costruita dal pianoforte di Turchetti
che, come in un labirinto, trova una forma e percorso diversi: si dilata, si restringe
e si arricchisce delle tornite onde sonore del basso senza tasti e delle pennellate
di Calvano. "Evocazione della lontananza" cita "My Favorite Things" con
delicatezza, la destruttura, Turchetti la istoria con il suo tocco solo apparentemente
delicato, forbito senza ostentare. Il pianista di Faenza non mette mai in cantina
il suo alter ego alla musica: è un filosofo e germanista di vaglia e, manco a farlo
apposta, l'evocazione arriva dal filosofo e scrittore berlinese Walter Benjamin.
L'ostinato ripetersi degli accordi impressi dal pianoforte in "Avitahi" apre
a un susseguirsi di cromatismi sullo stesso pattern che, d'emblée, cambia passo.
In verità ogni brano è una mini-suite e l'incedere, il cambio ritmico è dettato
dalle avvolgenti corde di Rugiadi in combine con la creativa puntualità di Calvano.
E anche l'onirico può diventare nerboruto, così nel loop naturale (senza macchinari
elettronici!) di "Schneebett". Turchetti padroneggia l'irruenza e il suo tempestoso
pianismo, sembra sollevare i momenti di pausa, di stasi e metterli su di un piedistallo
in movimento ("I corvi di Warthestrasse", "Piano Baby Freeze"). E tutto
è naturale, senza artifizi e con grande divertimento dei tre. E anche di chi ascolta,
o dovrebbe ascoltare: perché da questo disco le sferzate arrivano e sono belle,
rinvigorenti.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 31/08/2014
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