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Gerald Albright
Pushing The Envelope
Heads Up 2010 Distribuito in Italia da EGEA
1. What Would James Do?
2. Get On The Floor
3. Bobo's Groove
4. Capetown Strut
5. Close To You
6. I Found The Klugh
7. Embrace The Spirit
8. The Road To Peace
9. Highway 70
10. From The Soul
Gerald Albright - sax alto, tenore
e baritono (1-4, 6-10), basso elettrico (1-3, 6-8, 10), tastiere (1, 4, 6, 7, 8),
drum programming (1), synthesizer programming (2, 3), EWI (2-4, 6, 7, 9), sax soprano
(5, 8), flauto (5), background vocals (5), percussion programming (6, 8)
Fred Wesley - trombone (1)
Ricky Watford - chitarre (1-3, 5-10), chitarra acustica (4)
Tracy Carter - tastiere (1-5, 7-10)
Ricky Lawson - batteria (2-10)
Mark Cargill - string section (2, 5)
Selina Albright - background vocals (2, 5)
Earl Klugh - chitarra acustica (6)
Luther 'mano' Hanes - tastiere (6)
George Duke - pianoforte (8)
Gerald Albright è un versatile polistrumentista con maggiore attenzione per
i fiati. Nella sua carriera ha collaborato con musicisti del calibro di Anita Baker,
Ray Parker, Jr., Olivia Newton-John, The Temptations, Marlene Shaw, Quincy Jones,
Whitney Houston, Phil Collins, tra gli altri, oltre che aver preso parte in numerosi
show televisivi d'oltre oceano. Nove cd incisi ed il suo palma res vede anche
una Grammy nomination come Best Pop Instrumental Album. Un'estrazione più popular
che jazzistica, che echeggia in questa sua ultima fatica discografica dove suona
di tutto: dai fiati, flauto incluso, alle tastiere e varie diavolerie elettroniche.
Tre brani vedono la partecipazione di altrettanti ospiti: il trombonista, compositore
Fred Wesley (già direttore dell'orchestra di
James Brown)
in "What Would James Do?", dal groove- funk sostenuto; Earl Klugh
è guest ed al contempo anfitrione di "I Found The Klugh", mid-tempo scritto
da Albright per tributare il chitarrista di Detroit; "The Road To Peace"
trova l'apporto del pianista George Duke che, però, non sposta il tracciato
melodico ritmico, ancora su tempi medi ed easy listening.
Lo Smooth Jazz perde colpi: non trova agio nel rinnovarsi, fors'anche per il
fatto che trova ancora ampi consensi nel pubblico statunitense. Musica da filodiffusione,
d'attesa in aeroporto o di seguito nei grandi magazzini. Fatto sta che nei club
di N.Y.C., Los Angeles e dintorni, in ossequio ad un drink, trova ampio spazio e
digeribilità, così come il jazz modern mainstream. Un ulteriore segno che gli States
abbisognano di nuova linfa vitale; liquido mercuriale che non può fermarsi al fatto
che il lavoro sia ben suonato, come è il caso di Pushing The Envelope.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 12/09/2010
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