Vincent Herring ha un passato eccellente che va dalla big band di
Lionel Hampton
ai Jazz Messengers di Art Blakey, passando per
Cedar Walton,
Freddie Hubbard, Dizzy Gillespie, Horace Silver, Roy Hargrove big band, giusto per
citarne alcuni. Earth Jazz è uno dei suoi progetti che per cinque anni ha
suonato dal vivo un po' ovunque. L'esperienza maturata con questo combo è stigmatizzata
in Morning Star. Esperienza dal gusto tutto americano, quel sapore più vicino
allo smooth jazz, carezzevole oltremodo, che all'improvvisazione ben marcata. L'unica
traccia non originale è Naima di Coltrane, arrangiamento ed esecuzione ben
poco convincente, rinchiusa in un funky dal groove distratto. In verità, anche le
altre composizioni - autografate in sequenza da tutti i componenti del piccolo ensemble
– non fanno certo saltare giù dalla sedia.
Il sound è lezioso e poco convincente, più da chiacchiericcio che non da attento
ascolto e ciò nonostante alcune buone prove di virtuosismo del leader (Tom Tom,
Citizens of Zamunda). I brani si succedono seguendo la stessa metrica danzereccia,
lasciando inalterato il solco principale, "liscio come l'olio".
Herring dimostra una certa discendenza da Cannonball Adderley, con una foga sempre
tenuta sotto controllo ed appassiona sui tempi veloci che, però, in questo lavoro
sono rarità.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 02/05/2010
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