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DouBt
Mercy, Pity, Peace & Love



monjune records (2013)

1. There Is a War Going On
2. Jalal
3. No More Quarell with the Devil
4. Rising Upon Clouds
5. Purple Haze
6. The Invitation
7. Mercy, Pity, Peace and Love
8. There Is a War Going On (reprise)
9. Tears Before Bedtime
10. The Human Abstract
11. No More Quarrel with the Devil (reprise)
12. Mercury
13. Goodbye My Fellow Soldier

Alex Maguire - tastiere
Michel Delville - chitarra, synth
Tony Bianco - batteria


Tre musicisti con percorsi convergenti si ritrovano sotto la sigla "DouBt" alla seconda incisione, dopo "Never Pet a Burning Dog". I protagonisti sono l'inglese Alex Maguire e il belga Michel Delville, già soci nel "The wrong object" e con esperienze comuni con il gotha del jazz di confine britannico. Alla batteria compare, poi, l'americano Tony Bianco forte anche lui della collaborazione con tanti bei nomi dell'avanguardia d'oltremanica, in particolare con Paul Dunmall, con cui ha recentemente pubblicato un disco dedicato a John Coltrane di pregevole fattura.

Il titolo scelto è già di per sé programmatico: "Misericordia, pietà, pace e amore" e si riallaccia alle virtù fondanti il comportamento del buon cristiano, ma pure al "peace and love", la summa della filosofia di vita della generazione hippy. Insomma siamo davanti ad un concept album, giocato su principi di valore piuttosto consistenti e impegnativi. Tutti e tre i protagonisti figurano, poi, come autori dei brani, in parti più o meno uguali. L'intruso è Jimi Hendrix, a cui viene dedicato un omaggio con l'esecuzione di uno dei suoi pezzi più celebrati. E proprio "Purple haze" è uno dei momenti più emblematici dell'album. E' una versione decisamente sopra le righe, dura e eccessiva. Quando suonano rock, come anche in "No more quarred with the devil", ad esempio, "Doubt" vanno giù pesante. Non c'è volontà né di revisione, né di rivisitazione. La chitarra geme e urla, mentre l'organo passa da un timbro limpido e classicheggiante a sciabolate aspre e irsute. La batteria, da canto suo, martella dietro con una pulsione continua, regolare e invadente.

In altre tracce, come in "Rising upon clouds" o "The human abstract" prevalgono i climi informali, con passaggi convulsi e concitati sull'atonale del pianoforte, suoni calibrati e atmosferici della chitarra e le percussioni in un assolo prolungato. Non manca una ballad "The invitation" addirittura dolce e romantica con il moog che si impone limpido e melodico sul resto degli strumenti.
Si passa da un genere all'altro con forse troppa disinvoltura. Dove si tenta una sintesi fra gli stili in maniera più elaborata e convincente è nella title track, lunga ben dodici minuti in cui coabitano favorevolmente progressive, free bop e jazz in senso largo o stretto, a seconda delle prospettive di analisi impostate.

Nuoce, al disco una certa approssimazione nella messa a punto finale. Di fatto il suono delle tastiere e quello della chitarra sono miscelati spesso insieme; non sono ben distinti. Può essere pure un effetto vintage voluto, per avvicinarsi al sound analogico degli anni settanta, ma questa forzosa commistione stride all'orecchio.

"Mercy, pity, peace and love", in conclusione, è un lavoro teso verso un recupero abbastanza letterale di generi in auge negli anni Settanta, con una spruzzata di elementi free di matrice contemporanea. Si fatica a trovare una sintesi, un discorso coerente e coeso proiettato in avanti, verso nuovi orizzonti espressivi.

Gianni Montano per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 23/12/2013

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